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Le mani nel cassetto del Chichingiolo
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CIAK ... SI GIRA
di Franco Caparrotti

Avevamo ancora davanti agli occhi le immagini del bellissimo film "Nell'anno del Signore" (1969) del regista Luigi Magni che l'autore si riproponeva al pubblico con "Tosca" (1973), altro capolavoro che ha avuto ampi consensi sia di pubblico che di critica.
Ricordo che un giorno, durante l'intervallo di una partita di calcio del campionato etiopico, incontrai Giulio Biasiolo il quale mi annunciò l'imminente arrivo in Asmara di una troupe cinematografica capitanata dallo stesso Luigi Magni e con al seguito un cast eccezionale. Il fatto mi fece venire l'acquolina in bocca e già iniziavo a farneticare e a programmare l'incontro con il grande regista per avere un intervista in esclusiva. Pensavo e ripensavo a chi sarebbero stati gli attori, a come sarebbero avvenuti gli incontri con loro. Poter parlare con questi mostri sacri della celluloide mi faceva navigare di fantasia e non stavo più nella pelle. Che strana sensazione, eppure esperienze passate ne avevo avute e di queste ne parlerò più avanti.
Giulio mi promise l'esclusiva e devo dire che mantenne la parola. Tutto eccitato e armato di taccuino e registratore piombai all'Imperial Hotel, dove alloggiava la troupe e il cast.L'incontro con Magni fu breve: dopo la presentazione di rito, mi disse di essere dispiaciuto ma non era di buon umore e che avrebbe rimandato volentieri l'intervista a un altro giorno. Mi invitò sul set per il giorno dopo (all'aeroporto) e si congedò. Rimasi insoddisfatto ma il mio disappunto si diradò immediatamente perché vidi scendere le scale il grande comico Pippo Franco. Dopo le presentazioni, Pippo, con grande disponibilità, mi concedette l'intervista. "Prima di tutto, confermo che Pippo Franco non è un nome d'arte ma il nome e cognome proprio". Questa fu la sua risposta alla prima domanda. Il colloquio continuò amichevolmente, era come se ci fossimo conosciuti da sempre. Tempo dopo incontrai Pippo Franco al Bagaglino di Roma ed anche allora fu molto piacevole conversare con lui. Continuando l'intervista mi disse che il titolo del film era "La via dei babbuini" ma che avrebbe preferito che fosse il regista a parlarne.
Terminata l'intervista con Pippo, non volevo farmi sfuggire l'occasione di intervistare Emanuela Kustermann, l'attrice protagonista. Poco conosciuta al pubblico cinematografico in quanto impegnata prevalentemente in teatro, era seduta su una poltrona e sorseggiava una bevanda. Aveva l'aria un po' perturbata e questo non presagiva niente di buono. Infatti disse subito che voleva essere lasciata in pace. Il fatto di aver trovato sia Luigi Magni che Emanuela Kustermann di cattivo umore mi diede da pensare ... Infatti, da lì a qualche giorno la Kustermann tornò a casa e venne sostituita da Catherine Spaak.
Il giorno dopo mi presentai all'aeroporto e mi ritrovai in mezzo a macchine da presa su rotaie, luci, cavi elettrici, generatori di corrente e una schiera di persone tra troupe e curiosi. Dopo aver salutato Luigi Magni, intento vicino alla macchina da presa e a descrivere la scenografia, Giulio Biasiolo mi chiese se volessi fare una comparsa. Il fatto era interessante e mi incuriosiva. Iniziarono le scene: scendere dall'aereo e quindi passare i controlli doganali sino all'uscita del terminal e salire sul pullman. Le scene furono ripetute solo un paio di volte; al termine delle riprese, mentre si smontava il set, le comparse furono invitate al bar e furono pure pagate. Niente male! Il pomeriggio ritornai all'Imperial per incontrare il regista. Lo trovai ancora contrariato e quasi scontroso. Lasciai perdere e rimandai il tutto al loro rientro dalle riprese di Massaua e Cheren.
Terminate le lavorazioni incontrai Luigi Magni ad Asmara ad un rinfresco: fu molto cordiale, amichevole e soddisfatto della sua trasferta africana. Mi parlò dell'avvicendamento dell'attrice protagonista e della trama del film, che sintetizzo qui di seguito a beneficio di coloro che, come me, non l'hanno visto.
"Fiorenza, giovane donna borghese, vive a Roma, sposata ad Orazio. Il matrimonio tra i due è abbastanza saturo. Fiorenza saputo della malattia terminale del padre (vecchio colonialista da lei neppure conosciuto) si precipita a Massaua. Lo vede morire e seppellire. Decide di non rientrare in patria perché conosce nel frattempo lo stravagante Getulio, che la guida alla scoperta del mistero africano. Orazio arriva in Africa per strappare la moglie al continente che la sta plagiando. Fiorenza dopo la tragica morte di Getulio, decide di rimanere in Africa e seguire la via dei babbuini che, a differenza degli uomini, risalgono sulle piante ove si trova il segreto della loro genuina natura."
Per dovere di cronaca, alcuni dati sul film.
Soggetto, sceneggiatura e regia: Luigi Magni; attori: Pippo Franco, Fabio Garriba, Hailè Gobrù, Gabriele Grimaldi, Lorena Paris, Ada Pometti, Catherine Spaak, Lionel Stander.
Musiche: Armando Trovajoli.

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Asmara, o meglio l'Eritrea, è stata più volte palcoscenico di vari film già a partire dagli anni '50. Parlando con Emerigo Casi e Bruno Dalmasso vengo addirittura a conoscenza che nel 1952 Sophia Loren e Stephen Barclay, per la regia di Giovanni Roccardi, girarono "Africa sotto i mari" a Massaua. Nel 1953 il regista Giuliano Tomei, per la Phoenix Film girò un film di quattro episodi, "Eva Nera". Il film fu realizzato con attori non professionisti: Antonio Cifariello, Domenico Meccoli, Sandra Barbieri per citarne qualcuno. Antonio Cifariello, divenne in seguito famoso giornalista della Rai ma perì precipitando con l'aereo in Congo assieme alla troupe Rai. Quindi fu la volta di Cousteau a girare nei fondali di Massaua e dell'arcipelago Dalak diversi documentari raggruppati poi nel "Sesto Continente".
Per problemi di memoria, saltiamo un decennio o poco più ed arriviamo al 1968. Per la produzione formata dalla Metheus Film (Roma), Lisa Film (Monaco) e l'Afro Film di Asmara , con la regia di Mario Siciliano, si va in cantiere e si gira "Sette Baschi Rossi" tratto dal romanzo "Rebellion" di Dean Graig.
Tra gli attori, oltre ai famosi Kirk Morris, Serge Nubret, Priscilla Drake, Ivan Rassimov, c'era anche alcuni dei nostri: Franco dal Re, Alfredo Menghetti, Giuseppe Caffo.
Il film viene girato tra Asmara e Cheren e coinvolge la ferrovia, il boschetto e il laghetto del quinto chilometro dell'Asmara-Massaua. La trama parlava di un gruppo di mercenari, detti baschi rossi, in Congo intenti a liberare una giornalista prigioniera del gruppo rivoltoso dei Simba. Numerosi gli agguati e gli imprevisti ma alla fine la giornalista verrà liberata.

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Alla fine degli anni '60 e inizio '70, una bellissima attrice sudamericana assurge all'apice della cinematografia mondiale: Florinda Bolkan. Siamo nel '71 e per la gioia dei suoi ammiratori e di quanti hanno avuto il piacere di conoscerla (incluso il sottoscritto), eccola ad Asmara accompagnata da un cast eccezionale. Le case di produzione, la Difnei Cinematografica di Roma e l'Anginex di Parigi, investono in un film drammatico "Una stagione all'Inferno" per la regia di Nelo Risi.
Il film tratta la vita, imprese e morte di Jean-Nicolas Arthur Rimbaud, (vedere il link proposto dal "Chichingiolo" - http://www.arthurrimbaud.it/), leggendaria meteora giovanile della poesia francese. Il film parte dai suoi rapporti con il poeta Paul Verlaine fino al traffico d'armi nell'Etiopia di Menelik. In Abissinia incontra Gennet, un'amorosa donna indigena che gli sta accanto fino all'ultimo giorno della sua permanenza in Africa. Rimbaud tenta di raggiungere la Francia per sfuggire alla morte, preannunciata dalla cancrena a una gamba. Durante il viaggio, manifesta un attaccamento alla vita e aspirazioni verso il soprannaturale, fino allora insospettati in lui.
Tra gli attori, oltre a Florinda Bolkan, figurano anche Terence Stamp, Nike Arrighi, Jean-Claude Brialy.

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Nel 1973, l'Istituto Luce, dopo diversi sopralluoghi, decide di girare un film tra Asmara e Massaua. Gli attori, "udite, udite", o meglio "leggete, leggete"(!), non fanno parte del mondo della celluloide, sono tutti nostrani veraci e non hanno seguito nessun corso di recitazione. Sono però diretti magistralmente da Pino Passalacqua. Il film in oggetto è "In tre verso l'avventura" (film TV per l'Italia) proiettato ad Asmara in prima visione al cinema di Fareri a Godaif.
E' la storia di Mebratù, un piccolo indigeno dal cuore grande che decide di partire alla scoperta di un tesoro per poter comprare al padre il tanto sospirato trattore. Mebratù lascia Asmara con la sua scimmia e il suo cane a bordo del tipico carrettino (bellissima la descrizione di questi mezzi fatta da Elvira Romano nel suo "Carretti e cuscinetti a sfere"), per andare a Massaua dove, insieme a Speedy e la sua banda, cercheranno di raggiungere l'isola del tesoro. Molti sono gli imprevisti e le vicissitudini; alla fine, invece di trovare il tesoro smascherano una banda di contrabbandieri. Per questo Mebratù riceve un premio e, con quei soldi, suo padre avrà il trattore.
Parlavo prima del cast, eccovi serviti: Ghirmai Abtenas, Giuseppe Caffo, Bruno Dalmasso, Angel Flying, Mebratu Meconnen Araya, Domenico Mattia, Goye Melles, Tekle Negassi e Biricti Tareche. Musiche di Gino Peguri. (a proposito di questo film, vedi sotto l'intervista a Bruno Dalmasso realizzata da Franco Caparrotti).

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Non potevamo terminare senza parlare del grande e controverso Pierpaolo Pasolini.
Siamo nel 1973 e Pierpaolo insieme con Dacia Maraini, firmano sia il soggetto che la sceneggiatura (per la regia dello stesso Pasolini) de "Il fiore delle mille e una notte", film tratto dalla raccolta di novelle orientali "Alf laylah wa-laylah" che tradotto significa "Le Mille e una Notte". La produzione non bada a spese ed oltre a girare gli interni a Roma, filma gli esterni tra l'Eritrea, Yemen del Nord, Yemen del Sud, Iran, Nepal ed India.
Il cast è composto da Ninetto Davoli, Franco Citti, Tessa Bouché, Ines Pellegrini, Abadit Ghidei per citare qualche nome. Il film tratta della vicenda di Nur-el-Din e della bella schiava Zumurrud, che egli perde, cerca ed infine ritrova per rivivere felici e contenti.
Incontrai Pasolini in compagnia di Giulio Biasiolo all'Imperial. Erano entrambi seduti in una poltrona assorti nei pensieri, in un silenzio irreale. Giulio mi presentò e dopo essermi accomodato, stranamente venni anch'io coinvolto in questa specie di meditazione. Per una decina di minuti si rimase tutti silenziosi. Per me fu quasi imbarazzante rompere il silenzio e domandare a Pasolini del film. Dopo un ulteriore pausa riflessiva mi disse:
"Sono affascinato e attratto dall'Africa, dal Terzo Mondo, dalla curiosità sociale, ho interesse e desiderio di frequentare il mondo di chi è impedito o comunque di chi è privo di strumenti della cultura. Vivo un periodo di serenità e sensualità e il mio sogno è la mitizzazione del Terzo Mondo. Liberare il sesso dagli aspetti legati al reciproco possesso, alla prevaricazione, al predominio."
Dopo di che si richiuse in se stesso, nello stesso silenzio. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. All'improvviso Pasolini si alzò e disse: "Oggi abbiamo sorvolato diverse volte il bassopiano, molto interessante con incredibili scenari, di antica bellezza, di sogni ed emozioni. Una rappresentazione dolce e fascinosa." Quindi si accomiatò.
Giulio si accorse del mio imbarazzo a non capire tutto il senso dell'incontro e dandomi una pacca amichevole sulla spalla giustificò il Pasolini dicendo che lavorava troppo e che era sicuramente stanco. A ricordo di quell'incontro mi restano queste brevi dichiarazioni, sussurrate e uscite quasi dal nulla. Il film fu presentato al Festival di Cannes nel 1974 e vinse il premio speciale della critica.

 

14 Novembre 2004
 

In tre verso l'avventura
di Franco Caparrotti

Con l'avvento di Internet, è praticamente tutto possibile, basta un po' di dimestichezza, sapere quello che si vuole, cercare ed eccoci serviti. Questa premessa mi serve per introdurre una nuova un'intervista a Bruno Dalmasso. Tornando ad Internet, su uno qualsiasi dei motore di ricerca se si digita il nome dell'Asmarino Bruno Dalmasso, appare un sito che ci informa che egli è… un attore. Un attimo di sconcerto, una rapida lettura e l'arcano è risolto. Nell'articolo qui sopra si fa riferimento, tra gli altri, al film "In tre verso l'avventura" e parlando del cast ho scritto che gli attori del film altri non erano che asmarini veraci e che uno dei protagonisti era proprio Bruno Dalmasso. A questo punto non potevo non incontrare di nuovo il nostro Bruno, o meglio l'attore Bruno Andrea Dalmasso, e intervistarlo. Come al solito, Bruno con la sua buona memoria ripercorre e ci fa rivivere l'avvenimento dall'interno, "dal vivo" usando un termine sportivo.

Caro Bruno, forse non ci crederai ma per Internet sei un attore.
Come sarebbe a dire un attore?!? Cosa si inventano?
Eppure è così. Non ci credevo neppure io ma ho concluso che c'è una ragione. Ti ricordano qualcosa i nomi Mebratù, Speedy, cacciatore? O l'Istituto Luce?
No!!! Andiamo indietro di 40 anni, ora ricordo. Come posso essermi dimenticato quella esperienza? Comunque precisiamo, non sono un attore (l'ho fatto solo in quella occasione). Vennero in Eritrea per girare un film a colori (Eastmancolor) per la televisione con una pellicola speciale ad altissima definizione.
Bruno, visto che ti ricordi, raccontaci un po' questa avventura, gli aneddoti e tutto quello che sai. Come mai dici 40 anni? Il film non è stato girato nel 1973?
No, la troupe venne ad Asmara nel 1969, una parte alloggiava all'Hotel CIAAO dove lavoravo io. Così ho conosciuto il regista Pino Passalacqua e il resto del gruppo. Avevano affittato una villa vicino all'INAIL, la casa Tolli (campione di tiro a volo), e un altro ufficio-studio-magazzino in Piazza della Moschea, lo scantinato del Palazzo Ballerio, vicino al forno di Arreghini. Lo staff faceva sopralluoghi a Bet Gherghis, lungo la strada per Massaua, Massaua stessa e addirittura andarono pure in Kenia.
Quando iniziarono le riprese del film e come mai sei stato coinvolto?
Nel frattempo si era aggiunto alla troupe un certo Spinelli (il marito della sorella di Silvano Mangano), con una roulotte. All'interno custodiva un cane e uno scimpanzé. Spinelli era il proprietario di uno zoo privato vicino Roma e forniva animali addestrati ai produttori cinematografici. Spinelli era inoltre parente del Dott. Spinelli di Asmara, il proprietario della villa vicino al S. Anna, usata come Ambasciata Americana. Vedevo che il regista mi guardava, mi osservava, lo faceva con discrezione per non mettermi in imbarazzo. Nel frattempo feci amicizia con Luciano Spinelli e da lui venni a sapere che avevano problemi con l'attore principale che doveva venire dall'Italia. Era ammalato ed i tempi si stavano oltremodo allungando.
Chi era l'attore principale italiano?

Renato Salvadori e doveva fare la parte del cacciatore bianco. Un giorno il regista mi si avvicinò e mi disse che ero stato osservato nei movimenti e che, a dirla con loro, ero un tipo fotogenico. Mi disse che avrebbero gradito fare un provino con me per vedere se le loro impressioni erano soltanto casuali oppure avevano trovato la persona adatta per un ruolo specifico. Mi chiese inoltre se avevo in passato già fatto l'attore. No, dissi ovviamente, non so neppure da che parte cominciare. Bene, c'è sempre una prima volta, disse Passalacqua. Il giorno seguente andammo a Bet Gherghis dove si erano attrezzati per girare il provino. In pratica, avevano messo una Land Rover decappottata sopra un rimorchio e sul rimorchio erano state fissate le cineprese. Il rimorchio era agganciato con una corda ad un'altra Land Rover. Mi diedero un fucile, mi dissero di vestirmi con la classica "sahariana" e di mettermi al volante della Land Rover sopra il rimorchio. Al loro ciak avrei dovuto fingere di guidare. Partito il ciak, il rimorchio venne trainato e dietro il fuoristrada dove ero seduto io, alcuni manovali facevano traballare la mia vettura per dare un senso di strada scoscesa. Fecero un solo ciak e non duro molto, qualche minuto. Alla fine mi fecero i complimenti e mi dissero che ero andato benissimo ed era bastato un solo ciak, mentre con attori professionisti ne avrebbero fatti più di uno prima di scegliere il migliore.
Questa era la premessa alla tua candidatura di cacciatore bianco.
Alla sera spedirono il provino in Italia per farlo sviluppare per poi riceverlo il giorno dopo. Sai allora i voli da e per l'Italia erano giornalieri.
Quale fu il responso?
La loro intuizione fu condivisa anche in Italia e così dopo i complimenti di rito mi chiesero ufficialmente di girare alcune scene con loro. All'inizio tergiversai anche perché dovevo lavorare, poi su insistenza e previo permesso della direzione del CIAAO iniziai quest'avventura. Il primo ciak vero fu girato sulla strada per Massaua all'altezza del Dorfu. Un ragazzino, Mebratù, correva giù con il suo "carrettino" insieme con un cane e una scimmia. In una curva, incrociava un grosso camion e il Mebratù, per evitarlo, sbandava e finiva oltre il parapetto. A quel punto, passava di lì un cacciatore bianco che molto intrepidamente salvava il ragazzino.
Altri complimenti per come avevo recitato. La sera Spinelli mi disse di firmare il contratto e farmi pagare. Oltre ad avergli risolto il problema dell'attore gli facevo risparmiare sulla pellicola molto costosa. Con me, a differenza degli altri attori professionisti, bastava un solo ciak. "A dire il vero, li avrei pagati io a questo punto." Non chiesi nulla, mi diedero un copione con la mia parte. Oltre alle scene, dovevo anche recitare. In una scena girata a Massaua, m'imbarazzai parecchio. Ero in una tenda sotto le coperte con la mia amante e dovevo pretendere di fare all'amore, sotto lo sguardo curioso di Mebratù che di tanto in tanto faceva capolino.
Chi e cosa ti ha imbarazzato di più?
Sicuramente il fatto che ci fosse Mebratù…
Altre scene interessanti?
Un giorno andammo per la strada di Cheren a girare una scena di caccia. C'era Giulio Montanti che aveva imprestato il suo fucile, un Express, molto potente. Giulio era uno che faceva caccia grossa. C'era anche il proprietario della Torinese di Ghezzabanda, penso si chiamasse Uria. Lui aveva un ghepardo addomesticato in giardino e a volte lo vedevi a passeggio con il felino al guinzaglio. In questa scena dovevo cacciare appunto un ghepardo appostato dietro un albero. Logicamente sparai ma non contro il ghepardo ma contro un albero. Avevo mancato il colpo. Però un grosso colpo me lo presi io alla spalla: non avevo impugnato bene l'arma e il rinculo, scusate il termine, mi buttò a terra. Non avevo mai pensato avesse tanta potenza. Mi venne un livido che mi durò un mese.
Interessante…
A proposito di caccia, ti racconto quella al leone. Con tutta la troupe partimmo per il Kenia (logicamente ci andai spese loro).
Ci mancava pure che ti facessero pagare…
La scena della caccia al leone venne molto bene. Mi è dispiaciuto solo per il povero leone.
Come sarebbe a dire?
Ahimè, il leone è stato ammazzato per davvero da un cacciatore professionista che era piazzato dietro le mie spalle. La produzione, conscia del fatto che era un peccato ammazzare un leone per un film, comprò dalle autorità competenti una licenza e ottenne un leone ormai vecchio e prossimo a tirare le cuoia, come si soul dire. Al povero leone, ormai innocuo e moribondo, furono applicati due cavetti elettrici ai testicoli collegati a un magnete. Quando la scena fu pronta, io ero in prima fila a venti metri dalla bestia con un fucile caricato a salve, il cacciatore dietro di me pronto a far fuoco. Si raccomandarono di non sbagliare perché di leoni ce ne era uno solo. E fu data corrente. A questo punto il felino balzò in piedi ruggendo per il dolore che buon per lui non durò a lungo perché partì il colpo mortale.
Avreste potuto portarlo ad Asmara. La brava Daniela ci ha parlato del famoso tassidermista nel Cassetto 50. Potevate farne un bel trofeo imbalsamato.
Beh, non credo fosse possibile. I kenioti se lo tennero per poi venderne la pelle.
Tornando a Spinelli, lui essendo un amante e addestratore dell'animale, cosa disse?

Lui non venne in Kenia, doveva badare al suo scimpanzé di nome Tanu. Dovevi vedere com'era bravo e come obbediva agli ordini. Spinelli gli diceva di montare sul trattore e lui saliva al posto di guida. All'ordine di mettere in moto, girava prontamente la chiave. E così via.
E degli altri attori non professionisti (lo eravate poi tutti)?
C'era il vecchio Caffo che faceva il venditore ambulante (di sigarette), poi le altre ragazze e ragazzi Eritrei. Come hai detto tu, nessun professionista.
Come furono reclutati gli altri?
Questa va proprio raccontata. Ho detto prima che la produzione aveva affittato lo scantinato del palazzo Ballerio. Qui fecero un club, il "Cine Club 69", utilizzato come ritrovo per fare feste, giochi, passatempo ed inoltre per reclutare ragazzi e ragazze per il film. Una volta selezionati gli attori in erba e le comparse, continuarono a far venire principalmente le ragazze, dicendo loro che dovevano fare i provini. Puoi immaginarti quante belle fanciulle si presentavano. Era in sostanza una maniera per socializzare.
Meglio dire adescare…
Facevano credere alle ragazze che giravano un provino, ma la cinepresa era scarica (senza film). Scattavano una foto che era consegnata all'ignara "futura attrice" che frequentava il club in attesa di conoscere l'esito del provino. Esito che non arrivava mai.
Hai capito? Pensa a tutte le nostre care ragazze che leggeranno questa intervista: finalmente scopriranno l'arcano di come mai non sono diventate attrici.
Era il classico specchietto per le allodole. Anch'io mi sono divertito ed ho conquistato cuori che prima erano… difficili. Sai, sapevano che facevo l'attore e speravano di ricevere una buona raccomandazione da parte mia. Comunque, il Club fu utilizzato anche per girare gli interni. Gli esterni furono girati a Bet Ghergis, undicesimo chilometro sulla strada di Cheren, nei pressi del ristorante Baggio, al Dorfu, Massaua e in Kenia. Veramente una bella esperienza. Ti ringrazio per avermela riportata alla mente.
Non hai mai più avuto altre parti?
No, non ci ho pensato nemmeno. Ho rivisto il film due volte quando l'hanno proiettato ad Asmara nel 1973 e mi sono complimentato con me stesso. Il film ha avuto un grande successo, vinse pure un ambìto premio, il "Golden Gryphon"
.
Siamo noi che ci complimentiamo con te e a nome di tutti "i Chichingioli" ti ringrazio per la disponibilità e gli aneddoti che ci hai regalato.

 

22 Giugno 2009
 

ASMARA FILM SCHOOL
(ovvero anni sessanta o giù di lì)


Avevamo preso spunto da qualche film musicarello, quelli con Al Bano e Romina, Gianni Morandi e Laura Efrikian, Little Tony & Co., per capirci. Film che rispecchiavano una gioventù italiana a noi abbastanza lontana ma che ci sarebbe piaciuto avvicinare e magari prendere un po' a modello.
Il sabato sera al Cinema Impero i filoni del periodo erano soprattutto tre: Spaghetti Western, Musicarelli, Agenti Segreti.
La domenica invece era il turno del Cinema Odeon e quindi, in ritardo di qualche anno sull'uscita, il cinema americano, fosse commedia o kolossal, fantascienza o musical.
Il cinema Roma era per il recupero dei film persi, la seconda visione.

Decidemmo quindi di avere un nostro Club. Il posto lo fornì Francesco Irtinni, Checco per noi, che mise a disposizione il semi-interrato di casa sua, di fronte al Liceo Martini, a fianco al negozio di fiori della sua mamma.
La parte più bella fu proprio quella preparatoria. Ogni sabato pomeriggio e quando avevamo il rientro pomeridiano a scuola, si andava a svuotare e pulire le stanze che avrebbero ospitato il Club.
Ci impolveravamo al suono di musica beat e facevamo merenda con torte o ciambelle fatte in casa, dal profumo di vanillina (ricordate Mariarosa, quella di "…ed infine ben dosato Bertolini vanigliato!"?)

Quando finalmente lo spazio fu disponibile e pulito, si decise per il nome che, in quanto semi-interrato, fu Catacomba Club.
Livia ne decorò anche una parete disegnando un improbabile scheletro a grandezza naturale, in posizione di relax, con le gambe incrociate e la sigaretta accesa in bocca.

Forse fu proprio quando, finiti i lavori e godevamo allegramente dei locali del nostro Club, che cominciò a nascere l'idea: perché non girare un film? Che progetto!

Avevamo solo gli attori, tutti volonterosi, ma mancava la trama, la location, il regista.
L'attrezzatura? I costi? Il know-how? Il divertimento fu totale, coinvolgente.

Registra/operatore: Zizzo Pizzimento, che forse mise anche l'attrezzatura. Aiuto regista: Riccardo Carbognin.

Interpreti in rigoroso ordine alfabetico:
Giamberardini Italo
Irtinni Francesco
Margotti Livia
Plutino Luciano
Plutino Sandro
Sgobbi Lia Mara
Sgobbi Virgilio
Tarantino Ivana
Tarantino Nadia
Tarantino Vivien
Toti Antonella
Toti Daniela

Si raccontava di freschi amori sbocciati, ingannati e riconciliati, vissuti dal bello e dall'amico del bello, dall'invidioso, dalla bella ma buona, dalla bella ma infame, dalle amiche e dagli amici…
Si riportava un po' la trama del nostro quotidiano attingendo anche ai musicarelli. (Ho chiesto aiuto per ricostruirne la trama, ma nessuno degli interpellati, pur ricordando il periodo con grande emozione, è riuscita a ricomporla).
Le location erano tante: il Parco della Vittoria, la pista di pattinaggio della Bocciofila, il Collegio La Salle, le nostre stesse case.
Il costo era sostanzialmente quello della pellicola che all'acquisto veniva ripartito equamente tra il cast. Una volta girata la scena, la pellicola veniva inviata in Europa per lo sviluppo e l'attesa poteva essere anche di una decina di giorni.
Quando finalmente tornava sviluppata, ci si riuniva curiosi per verificarne l'esito e quei tempi dilatati ne valorizzavano il prodotto.
E poi il montaggio, le didascalie, i titoli (creavamo le scritte fotogrammandole in modo che costruissero la parola sullo schermo: lavoro davvero laborioso e divertente).

Purtroppo finì che il filmino montato fu rubato dal cruscotto dell'Opel Kadett Coupè rossa che avevamo ad Asmara. Invano consultammo l'intera rete di amici masticai e diaulet per averne notizia…

Credo tuttavia che il fatto di non avere più visto la pellicola ne mantenga l'aura mitica nella perfezione del ricordo.


E a Lia e Livia che erano con noi condividendo quella bella stagione tra risa e lazzi, offro queste righe prese a prestito da William Penn:
" La morte non è che attraversare il mondo, come gli amici attraversano i mari; continuano a vivere l'uno nell'altro.
Poiché devono essere presenti, amare e vivere ciò che è onnipresente.
In questo divino specchio si vedono faccia a faccia; e il loro riflesso è libero e puro.
Questo è il confronto degli amici: che, pur se si possono dir morti, la loro amicizia e compagnia sono, nel miglior senso, sempre presenti, poiché immortali."

Un @bbraccio
D.

 

7 Agosto 2011

 

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