CIAK
... SI GIRA
di Franco Caparrotti
Avevamo
ancora davanti agli occhi le immagini del bellissimo film "Nell'anno
del Signore" (1969) del regista Luigi Magni che l'autore si riproponeva
al pubblico con "Tosca" (1973), altro capolavoro che ha
avuto ampi consensi sia di pubblico che di critica.
Ricordo che un giorno, durante l'intervallo di una partita di calcio
del campionato etiopico, incontrai Giulio Biasiolo il quale mi annunciò
l'imminente arrivo in Asmara di una troupe cinematografica capitanata
dallo stesso Luigi Magni e con al seguito un cast eccezionale. Il
fatto mi fece venire l'acquolina in bocca e già iniziavo a
farneticare e a programmare l'incontro con il grande regista per avere
un intervista in esclusiva. Pensavo e ripensavo a chi sarebbero stati
gli attori, a come sarebbero avvenuti gli incontri con loro. Poter
parlare con questi mostri sacri della celluloide mi faceva navigare
di fantasia e non stavo più nella pelle. Che strana sensazione,
eppure esperienze passate ne avevo avute e di queste ne parlerò
più avanti.
Giulio mi promise l'esclusiva e devo dire che mantenne la parola.
Tutto eccitato e armato di taccuino e registratore piombai all'Imperial
Hotel, dove alloggiava la troupe e il cast.L'incontro con Magni fu
breve: dopo la presentazione di rito, mi disse di essere dispiaciuto
ma non era di buon umore e che avrebbe rimandato volentieri l'intervista
a un altro giorno. Mi invitò sul set per il giorno dopo (all'aeroporto)
e si congedò. Rimasi insoddisfatto ma il mio disappunto si
diradò immediatamente perché vidi scendere le scale
il grande comico Pippo Franco. Dopo le presentazioni, Pippo, con grande
disponibilità, mi concedette l'intervista. "Prima di tutto,
confermo che Pippo Franco non è un nome d'arte ma il nome e
cognome proprio". Questa fu la sua risposta alla prima domanda.
Il colloquio continuò amichevolmente, era come se ci fossimo
conosciuti da sempre. Tempo dopo incontrai Pippo Franco al Bagaglino
di Roma ed anche allora fu molto piacevole conversare con lui. Continuando
l'intervista mi disse che il titolo del film era "La via dei
babbuini" ma che avrebbe preferito che fosse il regista a parlarne.
Terminata l'intervista con Pippo, non volevo farmi sfuggire l'occasione
di intervistare Emanuela Kustermann, l'attrice protagonista. Poco
conosciuta al pubblico cinematografico in quanto impegnata prevalentemente
in teatro, era seduta su una poltrona e sorseggiava una bevanda. Aveva
l'aria un po' perturbata e questo non presagiva niente di buono. Infatti
disse subito che voleva essere lasciata in pace. Il fatto di aver
trovato sia Luigi Magni che Emanuela Kustermann di cattivo umore mi
diede da pensare ... Infatti, da lì a qualche giorno la Kustermann
tornò a casa e venne sostituita da Catherine Spaak.
Il giorno dopo mi presentai all'aeroporto e mi ritrovai in mezzo a
macchine da presa su rotaie, luci, cavi elettrici, generatori di corrente
e una schiera di persone tra troupe e curiosi. Dopo aver salutato
Luigi Magni, intento vicino alla macchina da presa e a descrivere
la scenografia, Giulio Biasiolo mi chiese se volessi fare una comparsa.
Il fatto era interessante e mi incuriosiva. Iniziarono le scene: scendere
dall'aereo e quindi passare i controlli doganali sino all'uscita del
terminal e salire sul pullman. Le scene furono ripetute solo un paio
di volte; al termine delle riprese, mentre si smontava il set, le
comparse furono invitate al bar e furono pure pagate. Niente male!
Il pomeriggio ritornai all'Imperial per incontrare il regista. Lo
trovai ancora contrariato e quasi scontroso. Lasciai perdere e rimandai
il tutto al loro rientro dalle riprese di Massaua e Cheren.
Terminate
le lavorazioni incontrai Luigi Magni ad Asmara ad un rinfresco: fu
molto cordiale, amichevole e soddisfatto della sua trasferta africana.
Mi parlò dell'avvicendamento dell'attrice protagonista e della
trama del film, che sintetizzo qui di seguito a beneficio di coloro
che, come me, non l'hanno visto.
"Fiorenza, giovane donna borghese, vive a Roma, sposata ad Orazio.
Il matrimonio tra i due è abbastanza saturo. Fiorenza saputo
della malattia terminale del padre (vecchio colonialista da lei neppure
conosciuto) si precipita a Massaua. Lo vede morire e seppellire. Decide
di non rientrare in patria perché conosce nel frattempo lo
stravagante Getulio, che la guida alla scoperta del mistero africano.
Orazio arriva in Africa per strappare la moglie al continente che
la sta plagiando. Fiorenza dopo la tragica morte di Getulio, decide
di rimanere in Africa e seguire la via dei babbuini che, a differenza
degli uomini, risalgono sulle piante ove si trova il segreto della
loro genuina natura."
Per dovere di cronaca, alcuni dati sul film.
Soggetto, sceneggiatura e regia: Luigi Magni; attori: Pippo Franco,
Fabio Garriba, Hailè Gobrù, Gabriele Grimaldi, Lorena
Paris, Ada Pometti, Catherine Spaak, Lionel Stander.
Musiche: Armando Trovajoli.
*
Asmara,
o meglio l'Eritrea, è stata più volte palcoscenico di
vari film già a partire dagli anni '50. Parlando con Emerigo
Casi e Bruno Dalmasso vengo addirittura a conoscenza che nel 1952
Sophia Loren e Stephen Barclay, per la regia di Giovanni Roccardi,
girarono "Africa sotto i mari" a Massaua. Nel 1953 il regista
Giuliano Tomei, per la Phoenix Film girò un film di quattro
episodi, "Eva Nera". Il film fu realizzato con attori non
professionisti: Antonio Cifariello, Domenico Meccoli, Sandra Barbieri
per citarne qualcuno. Antonio Cifariello, divenne in seguito famoso
giornalista della Rai ma perì precipitando con l'aereo in Congo
assieme alla troupe Rai. Quindi fu la volta di Cousteau a girare nei
fondali di Massaua e dell'arcipelago Dalak diversi documentari raggruppati
poi nel "Sesto Continente".
Per problemi di memoria, saltiamo un decennio o poco più ed
arriviamo al 1968. Per la produzione formata dalla Metheus Film (Roma),
Lisa Film (Monaco) e l'Afro Film di Asmara , con la regia di Mario
Siciliano, si va in cantiere e si gira "Sette Baschi Rossi"
tratto dal romanzo "Rebellion" di Dean Graig.
Tra gli attori, oltre ai famosi Kirk Morris, Serge Nubret, Priscilla
Drake, Ivan Rassimov, c'era anche alcuni dei nostri: Franco dal Re,
Alfredo Menghetti, Giuseppe Caffo.
Il film viene girato tra Asmara e Cheren e coinvolge la ferrovia,
il boschetto e il laghetto del quinto chilometro dell'Asmara-Massaua.
La trama parlava di un gruppo di mercenari, detti baschi rossi, in
Congo intenti a liberare una giornalista prigioniera del gruppo rivoltoso
dei Simba. Numerosi gli agguati e gli imprevisti ma alla fine la giornalista
verrà liberata.
*
Alla fine
degli anni '60 e inizio '70, una bellissima attrice sudamericana assurge
all'apice della cinematografia mondiale: Florinda Bolkan. Siamo nel
'71 e per la gioia dei suoi ammiratori e di quanti hanno avuto il
piacere di conoscerla (incluso il sottoscritto), eccola ad Asmara
accompagnata da un cast eccezionale. Le case di produzione, la Difnei
Cinematografica di Roma e l'Anginex di Parigi, investono in un film
drammatico "Una stagione all'Inferno" per la regia di Nelo
Risi.
Il film tratta la vita, imprese e morte di Jean-Nicolas Arthur Rimbaud,
(vedere il link proposto dal "Chichingiolo" - http://www.arthurrimbaud.it/),
leggendaria meteora giovanile della poesia francese. Il film parte
dai suoi rapporti con il poeta Paul Verlaine fino al traffico d'armi
nell'Etiopia di Menelik. In Abissinia incontra Gennet, un'amorosa
donna indigena che gli sta accanto fino all'ultimo giorno della sua
permanenza in Africa. Rimbaud tenta di raggiungere la Francia per
sfuggire alla morte, preannunciata dalla cancrena a una gamba. Durante
il viaggio, manifesta un attaccamento alla vita e aspirazioni verso
il soprannaturale, fino allora insospettati in lui.
Tra gli attori, oltre a Florinda Bolkan, figurano anche Terence Stamp,
Nike Arrighi, Jean-Claude Brialy.
*
Nel 1973,
l'Istituto Luce, dopo diversi sopralluoghi, decide di girare un film
tra Asmara e Massaua. Gli attori, "udite, udite", o meglio
"leggete, leggete"(!), non fanno parte del mondo della celluloide,
sono tutti nostrani veraci e non hanno seguito nessun corso di recitazione.
Sono però diretti magistralmente da Pino Passalacqua. Il film
in oggetto è "In tre verso l'avventura" (film TV
per l'Italia) proiettato ad Asmara in prima visione al cinema di Fareri
a Godaif.
E'
la storia di Mebratù, un piccolo indigeno dal cuore grande
che decide di partire alla scoperta di un tesoro per poter comprare
al padre il tanto sospirato trattore. Mebratù lascia Asmara
con la sua scimmia e il suo cane a bordo del tipico carrettino (bellissima
la descrizione di questi mezzi fatta da Elvira Romano nel suo "Carretti
e cuscinetti a sfere"), per andare a Massaua dove, insieme
a Speedy e la sua banda, cercheranno di raggiungere l'isola del tesoro.
Molti sono gli imprevisti e le vicissitudini; alla fine, invece di
trovare il tesoro smascherano una banda di contrabbandieri. Per questo
Mebratù riceve un premio e, con quei soldi, suo padre avrà
il trattore.
Parlavo prima del cast, eccovi serviti: Ghirmai Abtenas, Giuseppe
Caffo, Bruno Dalmasso, Angel Flying, Mebratu Meconnen Araya, Domenico
Mattia, Goye Melles, Tekle Negassi e Biricti Tareche. Musiche di Gino
Peguri. (a proposito di questo film, vedi sotto l'intervista a Bruno
Dalmasso realizzata da Franco Caparrotti).
*
Non potevamo
terminare senza parlare del grande e controverso Pierpaolo Pasolini.
Siamo nel 1973 e Pierpaolo insieme con Dacia Maraini, firmano sia
il soggetto che la sceneggiatura (per la regia dello stesso Pasolini)
de "Il fiore delle mille e una notte", film tratto dalla
raccolta di novelle orientali "Alf laylah wa-laylah" che
tradotto significa "Le Mille e una Notte". La produzione
non bada a spese ed oltre a girare gli interni a Roma, filma gli esterni
tra l'Eritrea, Yemen del Nord, Yemen del Sud, Iran, Nepal ed India.
Il cast è composto da Ninetto Davoli, Franco Citti, Tessa Bouché,
Ines Pellegrini, Abadit Ghidei per citare qualche nome. Il film tratta
della vicenda di Nur-el-Din e della bella schiava Zumurrud, che egli
perde, cerca ed infine ritrova per rivivere felici e contenti.
Incontrai Pasolini in compagnia di Giulio Biasiolo all'Imperial. Erano
entrambi seduti in una poltrona assorti nei pensieri, in un silenzio
irreale. Giulio mi presentò e dopo essermi accomodato, stranamente
venni anch'io coinvolto in questa specie di meditazione. Per una decina
di minuti si rimase tutti silenziosi. Per me fu quasi imbarazzante
rompere il silenzio e domandare a Pasolini del film. Dopo un ulteriore
pausa riflessiva mi disse:
"Sono affascinato e attratto dall'Africa, dal Terzo Mondo, dalla
curiosità sociale, ho interesse e desiderio di frequentare
il mondo di chi è impedito o comunque di chi è privo
di strumenti della cultura. Vivo un periodo di serenità e sensualità
e il mio sogno è la mitizzazione del Terzo Mondo. Liberare
il sesso dagli aspetti legati al reciproco possesso, alla prevaricazione,
al predominio."
Dopo di che si richiuse in se stesso, nello stesso silenzio. Non riuscivo
a capire cosa stesse succedendo. All'improvviso Pasolini si alzò
e disse: "Oggi abbiamo sorvolato diverse volte il bassopiano,
molto interessante con incredibili scenari, di antica bellezza, di
sogni ed emozioni. Una rappresentazione dolce e fascinosa." Quindi
si accomiatò.
Giulio si accorse del mio imbarazzo a non capire tutto il senso dell'incontro
e dandomi una pacca amichevole sulla spalla giustificò il Pasolini
dicendo che lavorava troppo e che era sicuramente stanco. A ricordo
di quell'incontro mi restano queste brevi dichiarazioni, sussurrate
e uscite quasi dal nulla. Il film fu presentato al Festival di Cannes
nel 1974 e vinse il premio speciale della critica.