I
GIORNI DI ASMARA (3)
La dedizione
manifestata da Ghebrai nelle sue due lettere clandestinamente fattemi
arrivare, nella prima annunciandomi la sua decisione di unirsi ai patrioti
in lotta per la liberazione dell'Eritrea e nella seconda informandomi
di essere ormai nelle loro file, era la stessa di tanti altri giovani
accorsi sotto la bandiera dell'indipendenza, e necessariamente entra
nella spiegazione dei progressi ottenuti dal Fronte, tali da portate
al tentativo, cui si è accennato nella puntata precedente, di
occupare Asmara.
Primo tentativo che, come si è pur detto, non ebbe successo:
dovranno passare ancora tutti gli anni da quel 1975, anno in cui si
compiva il settennio del mio servizio là, al 1991, anno della
liberazione di Asmara, coronamento a quella di tutta l'Eritrea. Anni
in cui i guerriglieri eritrei dovettero prima arretrare alle basi di
partenza sui confini con il Sudan per l'aiuto fornito in esperti e materiali
agli etiopi dai sovietici, poi, ritirato l'aiuto per gli eventi interni
all'Unione Sovietica, e diventati essi ormai esercito, riguadagnare
con il confronto in campo quanto avevano perduto. Ebbero, per crescere
da guerriglia a esercito, anch'essi degli aiuti, specialmente dagli
Stati arabi interessati ad aumentare la loro influenza su quel transito
di primaria importanza che è il Mar Rosso, già contando
su una numerosa presenza di musulmani nel Fronte; ma elemento determinante
per ottenere aiuti fu quella dedizione, capace dei più gravosi
sacrifici.
Dall'inizio alla fine della mia permanenza in Eritrea, ebbi modo, quindi,
di seguire la prima fase di quel confronto tra i rappresentanti in armi
di un popolo di due milioni di abitanti contro avversari che ne rappresentavano
uno dieci volte superiore: un'attenzione della mente nel coinvolgimento
del cuore. Da una parte per gli eritrei, dall'altra per i nostri connazionali;
e anche per le altre comunità. Con i progressi del Fronte, fino
a minacciare Asmara, progredivano le preoccupazioni, per quel che poteva
succedere nella città, anche tra gli eritrei che auspicavano
il successo dei patrioti (quelli agganciati in un modo o nell'altro
alla presenza etiopica, temevano soltanto). La
rivoluzione etiopica che ebbe inizio nel 74, a cui si è accennato
nella puntata precedente, accrebbe enormemente queste preoccupazioni
già in crescendo.
*
Nel mese
di febbraio di quell'anno si era svolta, come tutti gli anni, la visita
dell'Imperatore all'Eritrea. A proposito del suo nome, Hailè
Sellassiè, con l'accento grave sulle due vocali finali e la doppia
elle è resa esattamente la pronuncia. Così non accadde
quando si trascriveva letteralmente dall'antico alfabeto che è
comune all'amarico e alle altre due lingue derivanti dal gheèz,
la lingua originaria, tutt'ora in uso nella liturgia capta, da cui deriva
anche il tigrino, lingua prevalente in Eritrea: non esiste segno a indicare
l'accento, né grave né acuto, compare una sola consonante
anche quando nella pronuncia c'è il raddoppiamento e, sempre
nella pronuncia, talvolta la vocale "e" diventa "a",
talaltra "o"; tale trascrizione letterale, tuttavia, è
comune nelle lingue adottanti l'alfabeto latino, sicché è
potuto avvenire che una nota redazionale, opportunamente inserita nel
precedente articolo ad informazione storica, utile specialmente per
le più giovani generazioni, faccia trovare a breve distanza dal
nome nella grafia esatta "Hailè Sellassiè" con
la doppia elle, quella che, in ossequio letterale con la scrittura d'origine
in discordia con la pronuncia, riporta una elle soltanto; quanto agli
accenti, in verità ci sono, ma acuti anziché gravi.
L'imperatore era solito farci attendere parecchio: anche noi delle scuole
italiane, con i nostri alunni, avevamo un posto al sole nello schieramento
lungo la strada dell'aeroporto (impensabile sottrarsi a un tale dovere),
e l'ora dell'arrivo veniva corretta, in quelle occasioni, anche diverse
volte, si diceva per misura di sicurezza. Ma quell'undici febbraio,
dopo il rinvio alle ore 11, comunicatoci mentre, già all'inizio
della mattinata, eravamo in via per raggiungere, alunni e professori,
il posto assegnatoci, un successivo avviso (me lo recò a casa
un'alunna eritrea del Liceo) ci informava che l'Imperatore arrivava
l'indomani. Naturalmente pensammo ad un aumento delle precauzioni, e
del timore di attentati da parte del Fronte. Timore ricorrente, in quegli
anni, in uno dei quali, addirittura, l'attentato era dato per sicuro
e sicura, certamente, era la paura di tanti; ma non successe nulla,
così come non successe nulla, di quanto temuto, nelle altre visite
imperiali, compresa questa del '74, cominciata con l'arrivo di Hailè
Sellassiè ad Asmara, dunque, il dodici di febbraio, e che doveva
esser l'ultima, attendendolo, il dodici settembre successivo, la sua
deposizione dal trono. Entusiastica l'accoglienza, come al solito, secondo
le cronache: ma una mia nota di diario in quella data registra una differenza
in meno, e notevole, delle persone che sfilavano per raggiungere i settori
di attesa rispetto al giorno precedente. Eravamo tornati naturalmente
anche noi delle scuole, personale insegnante e alunni, recandoci per
tempo, come al solito, ai luoghi assegnati, per attendere Sua Maestà
che arrivò nella tarda mattinata, come al solito.
L'Imperatore restò in Asmara sino alla mattina del 15, quando
partì per Massaua. Ricevette i consueti omaggi ufficiali e concesse
udienze private; si recò, nelle vicinanze, a una miniera di rame,
estratto da una società giapponese; in città, fece visita
ai ricoverati nell'ospedale militare, s'incontrò con l'Abuna
arcivescovo dell'Eritrea alla Cattedrale Cheddistì Mariàm
(Santa Maria), interessandosi anche all'annessa scuola teologica.
A Massaua, dal 15 al 17, ebbero svolgimento le annuali "Giornate
della Marina Imperiale Etiopica". L'ottantaduenne monarca visitò
in primo luogo le navi inviate da alcune marine militari estere (Stati
Uniti. Unione Sovietica, Francia, Inghilterra, Pakistan, Iran e Sudan:
tre guardacoste, quest'ultime visitate però il 17, al termine
di tutte le cerimonie; un cacciatorpediniere ciascuna le due Potenze
maggiori, una fregata ciascuna gli altri Stati, tranne la Francia che
mandò due avvisi-scorta); dopo, tra gare sportive con la partecipazione
anche dei marinai delle navi ospiti, esibizioni di addestramento, cerimonie
varie tra cui la consegna degli spadini agli allievi ufficiali, con
frequenti fanfare - marina etiopica e marine ospiti - e nel contorno
di pranzi, cene e ricevimenti offerti tanto dal Negus quanto dai rappresentanti
diplomatici e militari esteri intervenuti, in un'adeguata mondanità;
seguendo infine, il 17 mattina, esercitazioni ed evoluzioni delle navi
etiopiche nel mare aperto, alla presenza di autorità e diplomatici
insieme al Sovrano sulla nave ammiraglia e di ufficiali ed equipaggi
delle altre marine sulle loro navi - in questo denso svolgersi del programma,
dunque, ci fu anche un discorso dell'Imperatore (dopo la consegna degli
spadini, la sera del 16).
Promozione della "comprensione culturale e un'affermazione del
progresso della marina" le caratteristiche indicate dal Negus per
la manifestazione in svolgimento, "unica al mondo", un tradizionale
raduno, ormai, con la partecipazione delle rappresentanze di molti marine
ogni anno. Elencò, proseguendo, insieme ai risultati raggiunti
i progetti, riguardanti, come per gli altri Stati così anche
per l'Etiopia, le ricerche di petrolio e di altri minerali dai fondali
marini, attrezzature e facilitazioni nei porti (oltre a Massaua, Assab),
con una menzione particolare per il primo: "Massaua comincia ad
essere lo sbocco naturale per la produzione dalle nostre miniere di
rame", infine progetti per lo sviluppo della pesca, industria con
"grande potenziale di sviluppo".
In trasparenza, questo discorso, di cui ho riportato alcuni punti significativi,
conteneva un chiaro messaggio agli indipendentisti del Fronte, ad onta
dì tutti i loro successi fino a quel momento: anche l'Eritrea
è Etiopia, e abbiamo tutta l'intenzione di rimanerci.
Dopo un'altra cen, offerta questa volta nel Palazzo Imperiale la sera
del 17 (la sera precedente l'aveva offerta all'aperto, nella piazza
d'armi rapidamente trasformata, subito dopo la lettura in versione inglese
del suo discorso, in sala conviviale), la mattina del 18 Sua Maestà
Hailè Sellassiè I tornava in aereo ad Addis Abeba: il
giorno in cui, nella capitale, aveva inizio lo sciopero degli insegnanti
e, contemporaneamente, dei tassisti.
*
Una novità
assoluta, lo sciopero, per l'Etiopia; ed il motivo, per ambedue le categorie,
l'aumento dei prezzi. Richiesta di adeguamento delle retribuzioni era
già stata avanzata dall'Associazione degli insegnanti, i cui
rappresentanti erano stati ricevuti anche dall'Imperatore il giorno
11 (e questo impegno potrebbe anche essere la spiegazione del rinvio
al 12 della sua partenza per l'Eritrea); quella dei tassisti, invece,
a sciopero iniziato senza preavviso, era stata presentata insieme ad
altre richieste contro gli abusivi e per la modifica di alcune disposizioni
amministrative, quando furono convocati dall'autorità, il pomeriggio
dello stesso giorno 18, per avere spiegazioni. Una decisione entro il
mese era stata promessa agli insegnanti; entro una settimana, in quella
riunione, ai tassisti; la maggioranza, sia dell'una che dell'altra categoria,
però, scioperando - o continuando lo sciopero, nel caso dei tassisti
(chiamati anche, almeno nella capitale, "guidatori di Seicento")
- dimostrò di non avere fiducia nelle assicurazioni governative.
Il 19 e il 20 la Capitale è teatro di estesi disordini; nell'inaudita
novità, il tardare di informazioni ufficiali alimenta le voci:
le autorità, quando infine le forniscono, parlano di "millantatori
intenti a spargere bugie fantasiose". Le prime dichiarazioni governative
sono del 23: molto sommarie, hanno solo un accenno alla "sospensione"
del lavoro da parte degli insegnanti e, quanto ai disordini, sono precise
solo nell'avviso ai genitori di tenere i loro figli lontani dalle strade
e dalle piazze della città, ad evitare di essere coinvolti nelle
misure che potrebbero essere adottate dalla polizia. Si comprende meglio
questo avviso nelle successive e riassuntive informazioni diffuse dai
ministeri interessati il 25, sette giorni dopo il precedente lunedì
18, inizio delle agitazioni: "un piccolo settore della popolazione
studentesca", quello dei respinti agli esami, unitamente ad "oziosi
della città", aveva concorso al tentativo, condotto principalmente
da un gruppo di tassisti allergici ad ogni composizione dello sciopero,
di seminare l'anarchia; essendo però quell'avviso rivolto a tutti
i genitori e non soltanto a quelli degli studenti bocciati, si è
portati a pensare che, bocciati o promossi, degli studenti avevano partecipato
allo sciopero. Quanto ai tassisti, ne furono arrestati 350, che a mano
armata avevano attaccato e ferito dei poliziotti, riferisce la polizia,
dalla quale viene fornito anche l'elenco delle persone rimaste uccise
(3) e di quelle ferite (22), nella capitale e nel resto dello Scioa;
facendo quindi seguire l'elenco dei danni materiali: danneggiati 75
autobus, 36 auto private, 26 autoveicoli statali, 7 vetture del corpo
diplomatico, anche una motocicletta, in seguito ad attacchi dei dimostranti;
attaccati e danneggiati inoltre due treni; attaccate e danneggiate,
infine, 36 abitazioni. Per quanto riguarda gli "oziosi" concorrenti
agli attacchi e ai danni, non è temerario supporre, conoscendo
le condizioni della capitale come del resto dell'Etiopia, che molti
tra essi tali fossero non per lavoro rifiutato ma per lavoro mancante.
La relazione della polizia termina enumerando 24 arresti in flagrante,
per danneggiamento con sassi delle vetture e quattro invece di persone
che distribuivano "letteratura sovversiva"; e 558, sempre
in flagrante, per attacco a persone o alla proprietà privata;
con l'annotazione conclusiva che la cooperazione del pubblico è
stata essenziale.
Non passerà molto tempo che una tale cooperazione sarà
benvenuta, intanto che ripetutamente invocata, dal nuovo regime che
sta germinando (l'impressione di una regia, nel concatenarsi degli avvenimenti,
diventerà sempre più forte) contro i fautori di quello
che ora sta crollando, oltre che contro gli irriducibili indipendentisti
dell'Eritrea (ma si aggiungeranno, pur essi dissociati dal vecchio regime,
avversari anche in altre regioni, alleandosi naturalmente con quelli
dell'Eritrea).
Le informazioni sopra riportate, del 25, compaiono anche sui giornali
di Asmara il giorno successivo, ma ormai, dalla sera dello stesso 25,
il capoluogo dell'Eritrea ha novità per conto suo: gruppi di
soldati, insolitamente, presidiano il corso Hailè Sellassiè,
l'arteria principale della città; gruppi più numerosi
stanno davanti all'ufficio delle Telecomunicazioni. Soldati con l'elmetto
sul corso Hailè Sellassiè, anche il giorno dopo; le telecomunicazioni
sempre presidiate.
Voci, a scuola, di ammutinamento delle truppe, conforme a quello in
Addis Abeba: vogliono la pensione - ma l'origine del moto è proprio
ad Asmara, dalla Il Divisione, qui di stanza, estendendosi rapidamente
alle altre Divisioni e all'Aviazione.
Genitori, eritrei ed italiani, a prendere i figli. Classi in confusione.
Alle 11,30, ordine per tutti di andare a casa. Anche se non l'ho registrato
nella mia agenda, questo ordine viene dal Console, che sulle nostre
scuole all'estero ha l'autorità del Provveditore.
Passa e ripassa sul corso una camionetta con mitragliera installata.
Niente lezioni pomeridiane, naturalmente, per le classi che le hanno
in orario.
Alle 19,35 (precisazione in agenda) di questo giorno 26 fuori serie,
sfilata, sempre sul corso Haillè Sellassiè, di autocarri
esibenti ciascuno, tra le basse sponde, puntato verso l'alto nella direzione
di marcia, un corto cannone.
Sono contento che mio figlio, rientrato nel '71, e mia moglie, che l'ha
seguito nel '72, sono in Italia.
I
GIORNI DI ASMARA E LE SPERANZE DI UN POPOLO (4)
Ma il 26
di quel febbraio '74 in cui, ad Asmara, i militari fecero passare e
ripassare in centro una camionetta con installata una mitragliera, tenuta
puntata da uno di loro con l'aria molto decisa; seguendo poi, alla sera,
la sfilata degli autocarri recanti ciascuno un cannone ancor più
ammonitore; quel 26, dunque, dall'Italia cominciano a partire i telegrammi
com'è per me, penso che sia così per quanti, non solo
italiani naturalmente, abbiano altrove i parenti; telegrammi che sono
a nostre mani il 28, e chiedono notizie. Rispondiamo rassicurando, anche
se non con altri telegrammi, essendo interrotto il servizio: l'ufficio
asmarino dell'Alitalia supplisce gratis con il telex, completandosi
la cortesia, all'arrivo, con la telefonata del testo ricevuto a chi
è in attesa; ignoro se qualcuno, almeno delle nostre scuole,
abbia potuto ricorrere ad altre trasmittenti, magari all'antenna del
Consolato.
Certamente c'è tensione: il 27, 28 e 1 marzo, nel nostro LIceo
è "vacanza prudenziale", come ho scritto nell'agenda
per quei giorni; il giorno 2 è ancora vacanza, ma è l'anniversario
della battaglia di Adua, per noi infausto ma festeggiatissimo in Etiopia,
e quindi anche in Eritrea, allora sua parte: qui forse solo ufficialmente;
e il 3 è domenica. La tensione tuttavia non è eccessiva,
se dal pomeriggio del 1 fino alla mattinata del 4, mio giorno libero,
sono a Massaua, e nell'attiguo deserto spazio di Gurgussum, tra la spiaggia
e le benevole onde del Mar Rosso, se ne va anche la tensione che c'è.
Ma, due giorni dopo il mio ritorno ad Asmara, davanti all'entrata delle
banche ci sono le code, sorvegliate dai poliziotti. I negozi sono affollati.
Già negli anni precedenti, la paura alimentata da voci, rivelatesi
regolarmente infondate, in relazione all'attività dei guerriglieri,
induceva (io osservavo questo tra i residenti italiani, non posso naturalmente
escludere altri abitanti di Asmara) a periodiche scorte di viveri per
i giorni della crisi ogni volta data per certa; ora però gli
avvenimenti sembrano autorizzare più fondati timori.
Mi aveva sempre impressionato, negli anni precedenti, la cura con cui
il Negus, nei suoi discorsi e messaggi, sottolineava la saldatura tra
il bene del Paese e la sua assoluta autorità, verso la quale
richiamava un'intera devozione. Questo nonostante le riforme introdotte
per avvicinare lo Stato assolutistico, fino a lui tramandato, al mondo
moderno, e delle quali, come si vedrà, si mostrava orgoglioso;
ma, a parte la questione di quanto, nelle riforme, fosse forma e quanto
sostanza, il suo carattere restava autoritario. Certi suoi comportamenti
ne erano il segno. Ogni mattina, nel palazzo imperiale, passava in rassegna
una fila di postulanti. Qualcuno dovette attendere per tre anni l'accoglimento
della sua richiesta, e ogni mattina, intanto, ripresentarsi nella fila.
Se non c'era, l'Imperatore se ne accorgeva, e chiedeva come mai. E anche
ad Asmara, come in tutti gli altri centri, durante le sue visite, alla
proiezione cinematografica del pomeriggio lui solo stava seduto, tutti
gli altri dietro in piedi, alto che fosse il rango delle persone del
suo seguito, o degli invitati.
*
Con
questa psicologia, il vecchio Imperatore si trova ad affrontare le inaudite
novità cominciate in febbraio. Dapprincipio, con le retate che
hanno portato via i turbolenti dalle vie di Addis Abeba, tutto poteva
sembrare risolto, e giustificato il giudizio che con linguaggio colorito
un ufficiale della polizia aveva allora espresso e la stampa riportato,
che cioè quegli elementi si erano mostrati per quello che erano:
"un vigoroso niente". Ma le difficoltà economiche e
di altra natura, che travagliano l'Etiopia, e delle quali agitazioni
e scioperi sono la spia, esistono e non è possibile ignorarle.
In un discorso trasmesso dalla radio e dalla televisione la sera del
sabato 23 febbraio, il Sovrano, cominciando da quelle economiche, ne
indica le ragioni: "Durante i passati pochi mesi, la siccità
e l'ampia crisi economica mondiale hanno raddoppiato le privazioni del
nostro paese causando uno squilibrio nel costo della vita del nostro
popolo".
Il Negus, che non minimizza per il presente e nemmeno per il passato
con quel "raddoppiato le privazioni", mette per prima la siccità,
tra le ragioni dell'aggravamento. L'anno di siccità in Eritrea,
tra il '69 e il '70, alla cui inquietudine partecipai (si fece anche
l'ipotesi, continuando l'assenza di piogge, di evacuare Asmara - cfr.
il secondo articolo di questa serie, dove era stata anche pubblicata
in proposito la mia poesia "Terra eritrea
- (Asmara 1970)"; nel sottotitolo l'anno di composizione),
fu certamente per me, arrivato dall'Italia alla fine del '68, un'esperienza
di quelle che si ricordano, per i molti e rilevanti disagi, tuttavia
la popolazione vi sopravvisse; la siccità ora, invece, cominciata
prima del '74, in questo anno si estende via via a molte regioni dell'Etiopia
seminando la morte, e nel febbraio è vicina all'Eritrea: in questo
mese, e fino al suo termine, in calce alla prima pagina del "Giornale
dell'Eritrea", quotidiano italiano di informazione, c'è,
da un capo all'altro della pagina, con grande rilievo tipografico dei
caratteri e del rettangolo che li racchiude, la scritta: "Italiani:
il Comitato Assistenza Wollo attende il vostro contributo". Tra
Eritrea e Wollo, dove le conseguenze della siccità sono particolarmente
gravi, c'è il Tigrai, ma anch'esso è ormai raggiunto dal
flagello.
Davanti alle difficoltà derivanti dalla siccità, in congiunzione,
come egli ricorda, con fattori internazionali di crisi quali la carenza
energetica, l'aumento del prezzo del petrolio e quello di beni e servizi
a causa dell'instabilità monetaria, assicura di aver impartito
le direttive al governo nei vari settori. Se da una parte egli afferma,
ricorrendo al "noi" della maestà, che "siamo stati
attivamente ed a lungo occupati in un attento studio di queste situazioni
per fornire soluzioni possibili per il loro miglioramento", dall'altra
riferisce di aver ordinato, sempre al governo, ulteriori studi, imposti
dall'incalzare degli avvenimenti. Ad esempio, quello della scala dei
compensi, per venire incontro alle richieste degli insegnanti nel margine
delle possibilità; senza trascurare di far conoscere loro il
suo grande dispiacere per lo sciopero, ed esortandoli alloro dovere
verso i giovani.
Il 27 febbraio Sua Maestà convoca gli ufficiali - la notizia,
come data sulla stampa del giorno dopo, è tale, ma è più
realistico il titolo con "rappresentanti delle FF.AA.": nel
testo, può essere andato persa, dopo "ufficiali", l'aggiunta
"superiori" - dell'esercito, dell'aviazione, della marina
e anche della polizia. Come ai ministri, ha delle direttive da dare:
"Vi abbiamo riunito per darvi le seguenti direttive", dice
in apertura di discorso. Anche per loro è un richiamo, quello
che egli fa, al senso del dovere, che per il soldato vuol dire fedeltà
al giuramento, per difendere la nazione in un momento difficile: "In
Eritrea esistono piccoli gruppi di ribelli che con l'incoraggiamento
dei nemici dell'Etiopia e della sua integrità, tentano di minacciare
l'unità della nostra nazione; in altre parti" - leggi Somalia
- "vi sono preparativi per violare i confini della nostra nazione".
Quanto al trattamento economico, le parole del Negus sono analoghe a
quelle rivolte agli insegnanti in sciopero: "Se il nostro paese
è in grado di fare di più, non vi è motivo di non
farlo. Però chiedere più di quanto è possibile,
significa fare torto al paese".
*
Le rivendicazioni
di carattere economico costituiscono una parte importante tra quelle
avanzate dalla Il Divisione ammutinata ad Asmara (delle altre richieste
di quei soldati, mi è rimasta in mente quella riguardante l'invio
ai luoghi d'origine delle salme dei soldati caduti, fino ad allora privilegio
riservato alle salme degli ufficiali). Come riferito nella puntata precedente,
il moto ha una rapida estensione alle altre Divisioni e all'Aviazione.
Ad Addis Abeba si manifesta il 28: proprio il giorno in cui sui quotidiani
si legge il discorso tenuto il giorno prima ai rappresentanti delle
forze armate dal Negus, con le direttive impartite e il richiamo al
giuramento di fedeltà; nella cronaca relativa a questo discorso
si riferisce anche che, al suo termine, gli ufficiali convocati "inneggiavano
a lungo alla vita di Sua Maestà l'Imperatore"; nello stesso
giorno 28, alla radio nazionale si sente Hailè Sellassiè
dichiarare che, dopo aver accettato le dimissioni dei suoi ministri
il giorno precedente, oggi aveva nominato primo ministro Endalkacciù
Maconnen, incaricandolo della formazione del nuovo governo. Questo veniva
a sostituire quello di Aclilù Habteuòld, in carica dal
1961: verso il quale il Negus cinque giorni prima, nel suo messaggio
radio-televisivo alla nazione, testimoniava, implicitamente, la sua
piena fiducia, riferendo le direttive di cui lo faceva destinatario.
L'Imperatore, naturalmente, non fa cenno dell'ammutinamento della I
Divisione, che è di stanza nella capitale, ma il seguito del
suo discorso ha il senso, inequivocabile, di una capitolazione, e obbliga
a ritenere che le stesse dimissioni del governo, se veramente avvenute
il giorno prima, sono avvenute per la conoscenza di quanto ad Addis
Abeba si stava preparando tra le truppe per il giorno dopo.
Non è credibile, infatti, che la sollevazione di quelle truppe
sia improvvisa, e nemmeno è verosimile che esse siano rimaste
impermeabili ai servizi di informazione, così curati in un regime
autoritario, e quello del Negus appartiene alla categoria.
"S. M. l'Imperatore dichiara l'accoglimento delle richieste formulate
dalle Forze Armate" titola in prima pagina, a caratteri cubitali,
"Il Quotidiano Eritreo" di Asmara l'indomani 10 marzo, comparendo
solo tra i sottotitoli la notizia della nomina del nuovo primo ministro.
Anche questo giornale, come il "Giornale dell'Eritrea", è
scritto in italiano, e da italiani, ma a differenza di quello, che è
degli italiani e fa capo appunto alla "Casa degli italiani"
(e quindi al Consolato), è un giornale fra gli altri, in Asmara,
facenti capo al ministero dell'informazione dello Stato in cui i nostri
connazionali, un tempo (più lungo in Eritrea) padroni, ormai
sono solo ospiti, come erano soliti a ripetere; costituendo un adeguato
simbolo di un periodo di transizione che, con l'accelerazione impressa
degli avvenimenti in discorso, sta per terminare, e porta con sé
la fine di questo come dell'altro foglio in lingua italiana. Ma, per
il momento, il "Quotidiano Eritreo" supera largamente, per
diffusione, gli altri giornali tra cui si colloca. Su ambedue i giornali
in lingua italiana, sarà il caso di ritornare.
Il Negus, dopo una premessa in cui, nel consueto stile, e anzi riallacciandosi
esplicitamente al precedente discorso alle forze armate, nel difficile
momento richiama alla disciplina tutto il suo popolo, e specialmente
i militari - raccomanda ma intanto ordina: "Questo è quanto
vi ordiniamo con viva raccomandazione" -, passa alle richieste
avanzate, in merito alle quali, dice, "abbiamo preso oggi una decisione";
rammenta, in proposito, il diritto costituzionale a presentare petizioni,
riconosciuto a tutti gli etiopici; soggiungendo (di quello che è
successo in quella giornata tace, ma dovendo parlare del precedente
di Asmara ormai noto, nonostante il silenzio imposto ai mezzi dell'informazione
- io stesso ho potuto completare le notizie solo in Italia - il Monarca
fa il discorso di chi, costretto a scendere da cavallo, afferma che
lui, è voluto scendere, e anzi, per dire meglio, è sempre
in sella): "Pertanto, quello che si dice in giro, secondo cui i
membri delle Forze Armate del nord saranno puniti per aver presentato
la petizione, è assolutamente infondato, ed è diffuso
da elementi che vogliono la disintegrazione dell'unità dell'Etiopia".
Segue l'ordine di rimanere - poi, nel periodo seguente, precisa: di
ritornare - ai propri posti, per il compito a ciascuno assegnato.
Il Negus fa quindi seguire, nel suo discorso, l'elenco dei provvedimenti
presi in risposta alle molte richieste presentate: aumento dello stipendio
iniziale, del minimo della pensione, ammontare della pensione da dare
a chi lascia il servizio per invalidità per i soldati; aumento
dell'indennità speciale per i tecnici militari, soldati e graduati;
sei mesi di stipendio del soldato che muore in adempimento del suo dovere
alla famiglia, quindi pensione, e suo minimo; piena accettazione di
tutte le altre richieste riguardanti i problemi disciplinari e l'amministrazione
militare, con emanazione, già avvenuta, dell'ordine per l'applicazione;
approvazione della scala mobile allo stipendio degli ufficiali, presentata
precedentemente; e così per le altre richieste riguardanti varie
indennità.
Il
nuovo governo presta giuramento il 4 marzo; il primo ministro, nel corso
della cerimonia, prende la parola per assicurare Sua Maestà dell'impegno
suo e dei collaboratori nel delicato momento; nella risposta al breve
indirizzo rivoltogli, Hailè Sellassiè - insieme al quale
riceve il giuramento dei nuovi ministri l'Abuna Teofilòs, patriarca
della Chiesa nazionale etiopica - esorta i neo-nominati alla fedeltà,
e alla dimostrazione di efficienza e capacità, nel loro servizio
per la grandezza ed il progresso del paese.
Alle 20 del 5 marzo, l'Imperatore è di nuovo ai microfoni della
radio e in televisione (nazionale la prima, limitata all'area di Addis
Abeba la seconda; anche ad Asmara funziona un'emittente televisiva,
ma è della Kagnew Station, cfr. la prima puntata; utile essa
pure per i notiziari, naturalmente in lingua inglese). "Il Quotidiano
Eritreo", che il 1 marzo ha titolalo in prima pagina l'accoglimento,
da parte dell'Imperatore, delle richieste delle forze armate, a caratteri
cubitali, su cinque colonne, il 6, sempre in prima pagina, allarga su
tutte le sette colonne un titolo di ancora maggiore evidenza nei caratteri
per altezza e larghezza, a richiamare l'attenzione sul discorso della
sera prima, che occupa queste sette colonne, anche se non tutte fino
in fondo; e il titolo è questo: "Annunciata ieri sera da
Sua Maestà l'Imperatore una riforma globale della Costituzione
etiopica".
*
Una prima
Carta costituzionale, annunciata dall'Imperatore il giorno della sua
incoronazione, 2 novembre 1930, fu da lui promulgata nel 1931. Era il
primo documento scritto, nel millenario Impero retto fino ad allora
dalla consuetudine, tramandata dagli antenati. Il Negus stesso, nel
suo attuale discorso, ricordando quel precedente, aggiunge come, quando
aveva proposto quello che era stato il suo pensiero fin dalla giovinezza,
una Costituzione che garantisse i diritti del suo popolo, con la possibilità
di condividere la responsabilità del governo, egli avesse incontrato
delle fortissime opposizioni (e si capisce, considerando la struttura
feudale del suo Stato). Quelle, che erano state la causa di una notevole
limitazione del suo progetto, se poi dice che " dopo aver governato
il Paese con la prima Costituzione, sentimmo anche la necessità
di rivedere la Costituzione stessa", questa Costituzione riveduta
fu promulgata nel 1955: quella ancora in vigore, " preparata e
studiata da giuristi stranieri ed etiopici "; ma il giornale, nel
commento, dice, a proposito di tale Costituzione riveduta, che il Sovrano,
qualche anno addietro, l'aveva ancora emendata, stabilendo un nuovo
meccanismo nella formazione del governo.
Ma se tale Costituzione rappresentava un progresso con l'elezione diretta
dei deputati e con migliori garanzie per i diritti del popolo, "aprendo
vie più larghe per il miglioramento dell'amministrazione del
nostro governo", dice Hailè Sellassiè, il suo ufficio
fu quello di un "ponte", è il suo paragone, per arrivare
infine alla riforma odierna, "Riforma globale", così
la presenta, con cui si vuole "creare una migliore coesione tra
gli organi amministrativi, nel capitolo dei poteri del Governo imperiale;
per rendere il primo ministro responsabile di fronte al Parlamento per
le sue funzioni; per dare garanzie maggiori sui diritti del nostro popolo;
per assicurare una giustizia rapida; per il continuo sviluppo delle
risorse e delle ricchezze del nostro Paese. Pertanto abbiamo ordinato"
- Sua Maestà ordina - "al primo ministro di presentarci,
entro sei mesi, una Costituzione riformata in questo senso, attraverso
un Alto Consiglio costituzionale": come si vede, non c'è
traccia di dibattito e voto in Parlamento, come non c'è traccia
di partiti, in Etiopia. Infine la chiusa: "Chiediamo a Dio onnipotente
di benedire il nostro sforzo, sempre inteso a dare il benessere, il
progresso e la pace al nostro amato popolo".
"Annuncio storico", è il titolo del già citato
editoriale, che compare sotto il discorso: ma storico in una storia
che, ormai, vanificando ogni illusione del vecchio Imperatore di poter
resistere e vincere, lo raggiungerà quale onda impetuosa sul
suo alto trono, trascinandolo insieme con quello, essa storia dei fatti,
fino a depositarlo sulla sponda della storia dei libri, che già
lo conosce ed è l'unica che gli resta, per l'ultimo capitolo.
Né alla sua causa potrà ormai valere l'annuncio, fatto
dal primo ministro ai giornalisti la mattina dello stesso giorno 5 del
discorso serale del Negus, di una legge per la libertà di stampa,
e di direttive provvisorie in attesa della sua promulgazione, stante
la necessità di un'attenta preparazione, giusta le richieste
presentate dagli stessi giornalisti con un memorandum, con il quale
il primo ministro si dichiara d'accordo; annuncio che compare sui giornali
del 6 marzo sulla prima pagina, sotto o di fianco al testo del discorso.
Il giorno 6, come ho già detto all'inizio, è quello delle
code davanti all'entrata delle banche e dell'affollamento dei negozi,
che osservo in Asmara; il confronto tra analoghe (quanto alla formazione
di scorte di viveri) paure nel passato e quella che sembra ora più
fondata, dopo i fatti della seconda metà di febbraio, è
stato l'occasione a tutto il successivo discorso: ma perché quelle
code, e quell'affollamento, quel giorno? Per lo sciopero generale di
domani 7: generale, cioè in tutta l'Etiopia. La tensione torna
a rialzarsi: il sintomo, ora richiamato, è eloquente.
7, 8 e 9, sulla mia agenda torna l'annotazione: "Vacanza prudenziale":
tre giorni, come la prima volta; e, come la prima volta, non vale solo
per il Liceo: riguarda, per ordine del Console, in veste di Provveditore
agli Studi, tutte le scuole italiane (e anche stavolta, un opportuno,
anche se minore, prolungamento il 10 è domenica). Apprendo il
giorno 8 che sono da ieri in sciopero anche i dipendenti dell'Ethiopian
Airlines: son perciò cancellati i voli di questa Compagnia, l'unica
etiopica. Il settore dei voli interessa in modo particolare: a noi italiani,
delle scuole e non, come a tutti i non residenti. Però la torre
di controllo funziona, a vantaggio dell'Alitalia, che effettua i suoi
voli per Asmara e Addis Abeba, limitatamente al servizio passeggeri
(e al trasporto, il giovedì, della valigia diplomatica, veicolo
del Ministero Esteri anche per la corrispondenza riguardante le nostre
scuole, che da esso dipendono, ad Asmara come dovunque fuori dei confini
nazionali). Niente posta, né giornali.