Arava.
I buoi, pesanti, procedevano a capo chino, scansavano i sassi e
i cespugli di quel terreno arso, giallastro e Joseph non se ne curava.
Li seguiva soltanto, non dando loro né una voce di comando
né un indirizzo. Li seguiva. I suoi buoi sapevano, era facile
lavorare con Joseph.
Quel ragazzo secco, lungo, dinoccolato che non pensava mai a quello
che faceva.
A dorso nudo, scalzo, le ginocchia troppo grosse e le braccia troppo
lunghe, uno appoggiato all'aratro primitivo e l'altro penzolante,
quasi privo di forza e di volontà.
Arava.
Ma lo sguardo di Joseph era sognante e lontano come sognanti e lontani
erano i suoi pensieri.
Fra le lunghe corna dei buoi si profilava, a qualche miglio di distanza,
la sagoma dura, rossiccia e uniforme dell'Amba.
E Joseph era sempre proteso verso quella visione, come protesa e
fremente era la penna nera del capello da alpino che Joseph portava
in capo.
Fu quel berretto sformato, logoro, non più grigioverde, ma
colore della polvere che ci indusse a fermare la macchina.
Si affondava in quel terreno appena rimosso, faceva caldo. I buoi
ci videro e volgendo la testa dissero a Joseph che noi eravamo lì.
Anche Joseph ci guardò.
- Aderkum - azzardammo noi in uno scadente tigrignà.
- Buongiorno - ci rispose lui in perfetto italiano.
Non sapremmo dire se la cosa ci smontò o ci diede conforto.
Sappiamo che il novanta per cento di quel che si dice è sempre
inutile. Infatti aggiungemmo: - Stai arando?
Joseph non rispose e seguitò ad andare dietro ai buoi.
Lo seguimmo. Il suo sguardo era sempre là sull'Amba che si
profilava all'orizzonte.
- Come ti chiami?
- Joseph
- Chi ti ha dato quel cappello?
Si fermò di colpo, ci squadrò da capo a piedi, ma
riprese subito il suo camminare dicendo: - L'ho trovato -
Mentiva. Si vedeva che mentiva.
- Ci sono stati degli alpini da queste parti?
- Sì, c'è anche un cimitero - e indicò vagamente
con un alzar di mento un punto indistinto, forse vicino, forse lontano.
- Ci puoi accompagnare?
Fermò i buoi e senza parlare ci precedette.
Una ventina di croci, i cumuli di terra non si avvertivano quasi
più: il vento li aveva dispersi, annullati. Anche i nomi,
scritti in bianco sulle croci nere erano ormai indecifrabili.
- Tutti alpini?
- Sì, tutti alpini.
Joseph ristette un attimo innanzi ad una di quelle croci. Capimmo,
ma lo lasciammo stare.
Qualche momento dopo, quando il suo colloquio con chi giaceva sotto
a quella croce ebbe fine, ci avvicinammo.
- Era suo il cappello?
- Sì
- Te lo ha regalato lui?
- Sì
E a questo punto ci sfuggì naturale un perché.
Sempre senza guardarci in faccia, ma guardando lontano, Joseph incominciò
a parlare.
- Da pochi giorni era terminato il fuoco sopra e attorno all'Amba.
Passavano lunghe file silenziose di prigionieri. Gli inglesi avevano
lasciato loro le armi perché avevano combattuto come ambesa.
Passavano senza parlare ma con la fronte alta. Poi ritornò
il silenzio nei campi e dappertutto. Una notte capitò lui,
l'alpino - e Joseph accarezzò con una mano il cappello -
Aveva una ferita qui nel fianco, aveva perduto molto sangue, ma
riusciva ugualmente a trascinarsi. Arrivò fino alla mia capanna,
lo sentii e lo tirai dentro. Disse soltanto "grazie, queste
jene maledette" e non parlò più perché
cadde come morto. Avevo del latte di capra, riuscii a fargliene
bere un poco, ma per tutta quella notte non riuscii a farlo parlare
più. La mattina dopo sì, disse qualcosa, sorrise anche,
ma la sua fronte era come di fuoco. Ricordo che mi domandò
di lasciarlo stare lì, di non chiamare nessuno che non ne
valeva la pena. Ed io feci come voleva lui. La seconda e la terza
notte furono terribili, ma fu proprio in quelle lunghe ore che incominciai
a conoscere le vostre montagne. L'alpino parlava mentre la febbre
a poco a poco lo faceva morire.
- Delirio - interrompemmo noi.
- Non so se si dice così. Sarà stato delirio come
dite voi. Parlava con gli occhi chiusi ed io stavo attento e sentivo
che parlava di cose per lui molto belle. Diceva di una piccola casa
su, su molto in alto sopra le montagne, da dove si poteva vedere
tutto il mondo, parlava del sole che la sera si nascondeva dietro
a quelle montagne e tutto diventava rosso: le case, le piante, i
buoi, il cielo. Rosso, tutto rosso. E poi parlava di una sabbia
bianca, fredda, che viene dal cielo e che copre ogni cosa. Lo sentivo
che lui amava quella sabbia bianca e che avrebbe voluto vederla
ancora e sentivo che doveva essere veramente bella se riusciva a
dimenticare il male della ferita per ricordarla, per rivederla come
in sogno coprire le sue montagne tanto tanto alte, anche più
alte dell'Amba. Diceva che a lui piaceva andare su quelle montagne,
sulla più alta di quelle montagne e rimanere lassù
solo solo e che gli sembrava di essere allora il padrone di tutte
le città di tutta la terra; diceva che gli piaceva cantare
quando era così in alto ed ascoltare la sua voce che cadeva
giù come un sasso. Poi una volta disse che voleva regalarmi
qualcosa e tolse dalla tasca della camicia dei soldi e del tabacco.
Io facevo di no con la testa e allora lui, ricordo benissimo, si
mise a ridere forte dicendo che tanto, quando sarebbe morto, avrei
potuto prendere tutto. Io, invece, non volevo che una cosa: il suo
cappello. Mi piaceva, e quando l'alpino riusciva a dormire perché
la ferita gli faceva meno male io lo prendevo e me lo provavo. Una
volta si svegliò mentre lo avevo in testa e mi disse di tenerlo
e di mettermelo quando andavo sull'Amba e di cantare lassù
come fanno gli alpini quando sono sulle loro montagne.
- Sulle Alpi
- Ecco, sì sulle Alpi, diceva proprio così, sulle
Alpi. Era un nome questo che non ricordavo. Sì, sì
le Alpi. Adesso cercherò di non dimenticarlo mai questo nome:
le Alpi. Le Alpi. Poi non parlò più ed io l'ho messo
sotto terra, nel buco dove già c'era un suo compagno, sotto
una di quelle croci. Anche noi abbiamo la croce, si dice Maskal,
non è come la vostra, ma l'abbiamo anche noi. E ho tenuto
soltanto il cappello, e quando posso vado sull'Amba e canto come
l'alpino mi ha detto di fare.
Era troppo secco e asciutto Joseph perché si potesse pensare
di cavargli una stilla di pianto. Solo per questo non piangeva.
Pian piano eravamo tornati al campicello di Joseph. I buoi cercavano
tra gli spini dei cespugli quello che l'arida stagione non voleva
concedere: un po' d'erba.
Ci salutammo.
- Buongiorno Joseph
- Aderkum Talian
E riprese a seguire i buoi che scansavano i sassi e i cespugli di
quel terreno arso e giallastro, e riprese a mirare la sagoma dell'Amba.
Ci appressammo alla macchina, stavamo per salire, quando la voce
di Joseph ci raggiunse. Il ragazzo venne a noi di corsa.
- Cosa vuoi?
- Voglio sapere se le vostre Alpi sono tanto più alte dell'Amba.
Stavamo per dire di si, ma lo sguardo implorante di Joseph ci convinse
altrimenti.
- No, non sono più alte dell'Amba.
Il ragazzo sorrise, si tolse il cappello e domandò: - Allora
posso tenerlo?
- Sicuro che puoi tenerlo, è tuo. Sei un bravo ragazzo, addio.
- Addio.
La macchina correva veloce, l'aria calda ci staffilava il viso.
Non potemmo fare a meno di voltarci un'altra volta per vedere Joseph,
l'innamorato della montagna, delle montagne di qualsiasi colore,
quel ragazzo secco, lungo, dinoccolato, che d'ora in poi, in quel
massiccio rossastro avrebbe veduto la cima nevosa delle nostre Alpi.
Ci voltammo.
Arava.