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Le mani nel cassetto del Chichingiolo
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ALCE
Dove viene invece riproposta una storia (che poi è una novella in più...) che Cesare Alfieri raccolse in un volume che l'Autore stesso certificò così: "Non si restringe, non si deteriora, sfida il detersivo moderno e accetta la critica di tutti i tempi. Non soffre sbalzi di temperatura e di pressione, acidifica quel tanto consentito dalle norme internazionali di igiene." Conteneva anche un segnalibro riportante foto dell'autore che pensa e guarda lontano. E da lontano oggi Cesare ci guarda e pensa...

LA PENNA NERA DI JOSEPH
 

Arava.
I buoi, pesanti, procedevano a capo chino, scansavano i sassi e i cespugli di quel terreno arso, giallastro e Joseph non se ne curava. Li seguiva soltanto, non dando loro né una voce di comando né un indirizzo. Li seguiva. I suoi buoi sapevano, era facile lavorare con Joseph.
Quel ragazzo secco, lungo, dinoccolato che non pensava mai a quello che faceva.
A dorso nudo, scalzo, le ginocchia troppo grosse e le braccia troppo lunghe, uno appoggiato all'aratro primitivo e l'altro penzolante, quasi privo di forza e di volontà.
Arava.
Ma lo sguardo di Joseph era sognante e lontano come sognanti e lontani erano i suoi pensieri.
Fra le lunghe corna dei buoi si profilava, a qualche miglio di distanza, la sagoma dura, rossiccia e uniforme dell'Amba.
E Joseph era sempre proteso verso quella visione, come protesa e fremente era la penna nera del capello da alpino che Joseph portava in capo.
Fu quel berretto sformato, logoro, non più grigioverde, ma colore della polvere che ci indusse a fermare la macchina.
Si affondava in quel terreno appena rimosso, faceva caldo. I buoi ci videro e volgendo la testa dissero a Joseph che noi eravamo lì. Anche Joseph ci guardò.
- Aderkum - azzardammo noi in uno scadente tigrignà.
- Buongiorno - ci rispose lui in perfetto italiano.
Non sapremmo dire se la cosa ci smontò o ci diede conforto. Sappiamo che il novanta per cento di quel che si dice è sempre inutile. Infatti aggiungemmo: - Stai arando?
Joseph non rispose e seguitò ad andare dietro ai buoi.
Lo seguimmo. Il suo sguardo era sempre là sull'Amba che si profilava all'orizzonte.
- Come ti chiami?
- Joseph
- Chi ti ha dato quel cappello?
Si fermò di colpo, ci squadrò da capo a piedi, ma riprese subito il suo camminare dicendo: - L'ho trovato -
Mentiva. Si vedeva che mentiva.
- Ci sono stati degli alpini da queste parti?
- Sì, c'è anche un cimitero - e indicò vagamente con un alzar di mento un punto indistinto, forse vicino, forse lontano.
- Ci puoi accompagnare?
Fermò i buoi e senza parlare ci precedette.
Una ventina di croci, i cumuli di terra non si avvertivano quasi più: il vento li aveva dispersi, annullati. Anche i nomi, scritti in bianco sulle croci nere erano ormai indecifrabili.
- Tutti alpini?
- Sì, tutti alpini.
Joseph ristette un attimo innanzi ad una di quelle croci. Capimmo, ma lo lasciammo stare.
Qualche momento dopo, quando il suo colloquio con chi giaceva sotto a quella croce ebbe fine, ci avvicinammo.
- Era suo il cappello?
- Sì
- Te lo ha regalato lui?
- Sì
E a questo punto ci sfuggì naturale un perché.
Sempre senza guardarci in faccia, ma guardando lontano, Joseph incominciò a parlare.
- Da pochi giorni era terminato il fuoco sopra e attorno all'Amba. Passavano lunghe file silenziose di prigionieri. Gli inglesi avevano lasciato loro le armi perché avevano combattuto come ambesa.
Passavano senza parlare ma con la fronte alta. Poi ritornò il silenzio nei campi e dappertutto. Una notte capitò lui, l'alpino - e Joseph accarezzò con una mano il cappello - Aveva una ferita qui nel fianco, aveva perduto molto sangue, ma riusciva ugualmente a trascinarsi. Arrivò fino alla mia capanna, lo sentii e lo tirai dentro. Disse soltanto "grazie, queste jene maledette" e non parlò più perché cadde come morto. Avevo del latte di capra, riuscii a fargliene bere un poco, ma per tutta quella notte non riuscii a farlo parlare più. La mattina dopo sì, disse qualcosa, sorrise anche, ma la sua fronte era come di fuoco. Ricordo che mi domandò di lasciarlo stare lì, di non chiamare nessuno che non ne valeva la pena. Ed io feci come voleva lui. La seconda e la terza notte furono terribili, ma fu proprio in quelle lunghe ore che incominciai a conoscere le vostre montagne. L'alpino parlava mentre la febbre a poco a poco lo faceva morire.
- Delirio - interrompemmo noi.
- Non so se si dice così. Sarà stato delirio come dite voi. Parlava con gli occhi chiusi ed io stavo attento e sentivo che parlava di cose per lui molto belle. Diceva di una piccola casa su, su molto in alto sopra le montagne, da dove si poteva vedere tutto il mondo, parlava del sole che la sera si nascondeva dietro a quelle montagne e tutto diventava rosso: le case, le piante, i buoi, il cielo. Rosso, tutto rosso. E poi parlava di una sabbia bianca, fredda, che viene dal cielo e che copre ogni cosa. Lo sentivo che lui amava quella sabbia bianca e che avrebbe voluto vederla ancora e sentivo che doveva essere veramente bella se riusciva a dimenticare il male della ferita per ricordarla, per rivederla come in sogno coprire le sue montagne tanto tanto alte, anche più alte dell'Amba. Diceva che a lui piaceva andare su quelle montagne, sulla più alta di quelle montagne e rimanere lassù solo solo e che gli sembrava di essere allora il padrone di tutte le città di tutta la terra; diceva che gli piaceva cantare quando era così in alto ed ascoltare la sua voce che cadeva giù come un sasso. Poi una volta disse che voleva regalarmi qualcosa e tolse dalla tasca della camicia dei soldi e del tabacco. Io facevo di no con la testa e allora lui, ricordo benissimo, si mise a ridere forte dicendo che tanto, quando sarebbe morto, avrei potuto prendere tutto. Io, invece, non volevo che una cosa: il suo cappello. Mi piaceva, e quando l'alpino riusciva a dormire perché la ferita gli faceva meno male io lo prendevo e me lo provavo. Una volta si svegliò mentre lo avevo in testa e mi disse di tenerlo e di mettermelo quando andavo sull'Amba e di cantare lassù come fanno gli alpini quando sono sulle loro montagne.
- Sulle Alpi
- Ecco, sì sulle Alpi, diceva proprio così, sulle Alpi. Era un nome questo che non ricordavo. Sì, sì le Alpi. Adesso cercherò di non dimenticarlo mai questo nome: le Alpi. Le Alpi. Poi non parlò più ed io l'ho messo sotto terra, nel buco dove già c'era un suo compagno, sotto una di quelle croci. Anche noi abbiamo la croce, si dice Maskal, non è come la vostra, ma l'abbiamo anche noi. E ho tenuto soltanto il cappello, e quando posso vado sull'Amba e canto come l'alpino mi ha detto di fare.
Era troppo secco e asciutto Joseph perché si potesse pensare di cavargli una stilla di pianto. Solo per questo non piangeva.
Pian piano eravamo tornati al campicello di Joseph. I buoi cercavano tra gli spini dei cespugli quello che l'arida stagione non voleva concedere: un po' d'erba.
Ci salutammo.
- Buongiorno Joseph
- Aderkum Talian
E riprese a seguire i buoi che scansavano i sassi e i cespugli di quel terreno arso e giallastro, e riprese a mirare la sagoma dell'Amba.
Ci appressammo alla macchina, stavamo per salire, quando la voce di Joseph ci raggiunse. Il ragazzo venne a noi di corsa.
- Cosa vuoi?
- Voglio sapere se le vostre Alpi sono tanto più alte dell'Amba.
Stavamo per dire di si, ma lo sguardo implorante di Joseph ci convinse altrimenti.
- No, non sono più alte dell'Amba.
Il ragazzo sorrise, si tolse il cappello e domandò: - Allora posso tenerlo?
- Sicuro che puoi tenerlo, è tuo. Sei un bravo ragazzo, addio.
- Addio.
La macchina correva veloce, l'aria calda ci staffilava il viso.
Non potemmo fare a meno di voltarci un'altra volta per vedere Joseph, l'innamorato della montagna, delle montagne di qualsiasi colore, quel ragazzo secco, lungo, dinoccolato, che d'ora in poi, in quel massiccio rossastro avrebbe veduto la cima nevosa delle nostre Alpi.
Ci voltammo.
Arava.

 
10 Ottobre 2008

INVITO A RICORDARE
 

Per i tipi della Nuova Editoriale Bios, è uscito questo volumetto che raccoglie 20 racconti di Alce apparsi nel corso degli anni sul Mai Taclì. Pubblichiamo qui la prefazione di Angra. Per l'acquisto gli interessati possono rivolgersi direttamente alla Nuova Editoriale Bios, Via A. Rendano 25 - 87040 Castrolibero CS tel. 0984854149 fax 0984854038 - e-mail info@edibios.it
Costo del libro 15 euro più spese di spedizione. Per espresso volere dei familiari, il ricavato della vendita sarà devoluto in beneficenza in Eritrea.

 

Prefazione

" Invito a ricordare" di Alce è un prezioso volumetto da conservare tra i libri che ci sono più cari. Anzi, io lo definirei un piccolo forziere colmo di tutte le cose che abbiamo amate.
Tutti quei momenti di semplice vita quotidiana che, quasi inavvertitamente, ci riempivano il cuore e la mente e arricchivano il nostro essere.
Un padre che mostra le cicogne al figlioletto e intanto dipinge uno scorcio di Asmara; lo zembil, quella sporta di paglia intrecciata compagna inseparabile delle nostre letè, diventa lo spunto per ricordare il Dorfu e fare uno "sberleffo" al consumismo; la scala degli zoppi quale punto di osservazione del comportamento dei viandanti; la piazza con le sue attività così familiari che diventa anche punto di incontro, di rapporti e di calore umani....
E gli affascinanti quadretti continuano con la foto sul Corso, con la città in Agosto, con la ricorrenza del Mascal, con i diaulet ed i primi approcci con il biliardo.... Vicende che intrecciano la nostra vita con quelle di amici e conoscenti dipinte con una profusione di delicate tinte pastello che si adattano a perfezione a quella vita semplice e modesta che ci ha accompagnato in quegli anni ormai così lontani.
"Invito a ricordare" ci rivela un Alce nuovo; un Alce che ha deposto le sue predilette aguzze armi dell'umorismo e dell'ironia per lasciare il posto alla poesia del vivere.
Leggendo Alce non ho saputo trattenere la commozione: ho rivissuto i giorni della mia vita eritrea così intensamente come se avessi viaggiato con la macchina del tempo.
Grazie Alce, per averci regalato questi ineffabili momenti.

Angra

12 Maggio 2009

Asmara Children's Home Orphanage


"Invito a ricordare" di Alce è arrivato all'orfanotrofio di Asmara…
Lo scorso 20 agosto assieme a Gian Luca, Vittoria ed all'amico Meretab di Asmara abbiamo completato la missione che era stata affidata al libro di Alce, offrendo all'orfanotrofio prodotti alimentari acquistati con i proventi della vendita dello stesso.
La spesa, fatta dopo aver consultato ato Ermias Tsegai, direttore dell'istituto, in modo da acquistare i prodotti di maggior necessità, ha occupato l'intera mattinata, con la visita dei vari negozi del mercato alla ricerca del latte in polvere per neonati che è risultato pressoché introvabile.
Ci siamo accaparrati così le uniche 12 scatole di latte reperite ed abbiamo poi optato per l'acquisto di pasta, riso ed olio.
Per il trasporto dei numerosi sacchi unitamente alle latte di olio, non sufficiente l'auto di Meretab, si è ricorsi ad uno speciale "cur - cur" con pianale di carico che dopo la sistemazione a bordo di tutta la merce ci ha scortato fino a Godahif, all'orfanotrofio.
L'istituto di nuova costruzione sorge nell'area adiacente al vecchio edificio ora abbandonato dove ricordo erano ospitati gli orfani negli anni 70. Qualche volta avevo accompagnato lì la mamma che portava loro abiti dismessi o altro.

Ci ha accolto il direttore che ci ha poi guidato nella visita dei locali che ospitano una cinquantina di bambini in età da zero a 5 anni. L'istituto impiega altrettanti dipendenti che si occupano oltre che della sorveglianza ed assistenza degli ospiti, anche di tutti i servizi connessi, le pulizie, la gestione della cucina, la conduzione della lavanderia. E' anche presente un laboratorio che occupa alcuni invalidi di guerra che costruiscono giocattoli artigianali in legno da vendere ai visitatori.
I locali sono arredati in modo modesto, ma appaiono puliti e certamente decorosi. I bambini, divisi per fasce di età, erano occupati in diverse attività ed i più grandi giocavano nel giardino all'esterno. Tutti ci hanno accolto festosamente e anche al momento del nostro commiato, attraverso la vetrata del refettorio dove erano stati portati per il pranzo, hanno continuato a chiamarci: naha, naha…
Ato Ermias ci ha spiegato che raggiunta l'età di 5 anni i bimbi sono trasferiti nel paese di provenienza e dati in affido alle famiglie che accettano di accoglierli, sovvenzionate da fondi raccolti dall'organizzazione attraverso adozioni a distanza. Mi farà avere le modalità per l'adesione a questa iniziativa che già molti amici mi hanno richiesto.
La visita si è conclusa con un caloroso saluto di ato Ermias che ci ha ringraziato per i nostri doni. Abbiamo promesso che torneremo e assicurato che avremmo trasmesso i ringraziamenti a tutti voi, amici del Chichingiolo e del Mai Taclì che avete appoggiato l'iniziativa con l'acquisto di "Invito a Ricordare" ed altre generose offerte.
Ancora un grazie a tutti anche da parte nostra.
Ninni


5 Settembre 2009

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