Le
"Merse" sono come fiordi che si susseguono lungo la
linea della costa. Forse sono il letto di antichi fiumi o forse
sono crepe della crosta terrestre dentro cui l'acqua del mare
si è potuta riversare. La loro posizione sulle carte
è segnalata male e alcune, che forse non sono mai state
esplorate, non vengono neppure riportate.
Il
viaggio fu lungo, percorrendo prevalentemente piste ed il luogo
preciso non saprei identificarlo, sicuramente a nord di Massaua,
verso il confine sudanese. Il mar Rosso, sempre splendido, apparve
finalmente in tutta la sua bellezza quando ormai eravamo veramente
stanchi dal viaggio in Land Rover. Ci eravamo dovuti portare
tutto: viveri, benzina, nafta, ed anche una piccola autobotte
di acqua dolce. A Mersa Cub Cub si abitava nelle comode capanne
in legno e paglia, le racube. Dentro cera tutto l'indispensabile,
incluso un vecchio ma efficiente frigorifero a nafta, che fu
immediatamente messo in moto per la conservazione dei viveri,
per assicurarci bibite fresche e per produrre il ghiaccio. Al
mattino si partiva con il motoscafo per pescare, a traino. Quindi
si consegnava al cuoco il pesce fresco, che veniva pulito e
cucinato, mentre noi si nuotava e si prendeva il sole. Fu proprio
in quelloccasione che imparai a nuotare.
Seguiva
laperitivo, limmancabile zibib o mastika, accompagnato
dal mezé, stuzzichini a base di tartine con salamino,
tonno, formaggio. Quindi la siesta dopo il pranzo a base del
pesce pescato, allombra dellampia veranda che circondava
la racuba. La calura pomeridiana avvolgeva totalmente cose e
persone, fiaccando ogni tentativo di vitalità. Qualche
grido di gabbiano, il ronzio dei mosconi, entrambi attratti
dai resti del pescato, ed il pigro e lento brusio del personale
che, accosciato in semicerchio, beveva il chai sul retro della
racuba, erano gli unici rumori che si confondevano con laltrettanto
lento e pigro scialacquio delle onde sul bagnasciuga. Poi la
calura lasciava il posto ad un piacevole alito di vento ed il
campo si svegliava. Allora si andava fino ad un moletto a pescare
per la cena.
La
spiaggia era abitata da numerosissimi paguri o rubacasa
come li chiamavamo noi. Sono dei crostacei con dieci zampe e
proteggono il loro addome nudo e molle entro conchiglie vuote
di molluschi gasteropodi. Curiosi e divertenti con i loro occhietti
vivaci, sono degli ottimi camminatori. Infatti la spiaggia é
tutta segnata dal loro passaggio, specie al mattino quando appare
come ricamata dal loro laborioso camminare notturno. Essi costituivano
lesca ed il guardiano del campo, un rashaida dallaspetto
nobile e remoto, ci aveva insegnato ad estrarli dalle conchiglie
posizionandoli contro vento, oppure posandoli vicino ad una
brace. Il calore li faceva uscire dalla conchiglia lasciandoli
vulnerabili, con il grosso corpo molle che costituiva, appunto,
lesca per il pesce. Dopo il moletto vi erano le dune:
collinette di sabbia con un lato - quello più riparato
dal vento, che precipitava ripido. Era divertente arrampicarci
dalla parte più tonda e collinare e scivolare giùdalla
parte ripida. Durante questi giochi la sabbia aveva il sopravvento:
i costumi, naso, occhi ed orecchie ne erano pieni e quindi ancora
un bagno, una nuotata fino al tramonto del sole. Intanto al
campo si cominciava a preparare la cena, si accendevano i lumi,
i petromax, si accendeva il fuoco.
Una
stuoia faceva quadrato attorno ad un ingegnoso recipiente dove,
tirando una cordicella, riuscivamo a fare la doccia di acqua
dolce. Razionata, ma sufficiente per togliere la salsedine.
Poi, dopo la conversazione piacevole che seguiva la cena, si
portavano sulla spiaggia gli angareb, i letti rustici fatti
con un telaio in legno incastrato in quattro paletti che costituivano
le gambe, sul quale era intrecciata una fitta rete di corda
dagave. In alcuni angareb la rete era fatta
con lintreccio di sottili strisce di cuoio. Lopera
era totalmente artigianale, per cui lirregolarità
di ciascun giaciglio lo rendeva unico. Sull angareb venivano
messi dei sottili freschi materassi di crine e le lenzuola.
Ai piedi del letto, una bacinella di acqua di mare per sciacquare
i piedi prima di coricarsi ed evitare così la spiacevole
compagnia della sabbia sulle lenzuola.
La
notte di Mersa Cub Cub era calda ed il cielo era vicinissimo,
quasi si poteva toccarlo protendendo le dita verso lalto.
Naturalmente la sveglia era determinata dal sorgere del sole.
Invano si tentava di prolungare il sonno, perché molto
presto il sole avrebbe picchiato inesorabile, facendoci desiderare
di immergerci in quellacqua incredibile del Mar Rosso,
il Key Bahr, ancor prima di fare colazione. Alcune volte, verso
il tramonto, si andava a Mersa Ibrahim, a caccia
di granchi. Vivevano numerosi tra la fitta vegetazione di mangrovie.
I granchi andavano presi seguendo un preciso principio di fasi
lunari - quali non ricordo - che ne garantiva la pienezza delle
carni. La corsa in Land Rover lungo la pista sabbiosa era resa
più eccitante dallincontro di branchi di gazzelle
color caffèlatte con il ventre candido che, al nostro
avvicinarsi, si allontanavano con uno scarto collettivo, agili
ed elegantissime.
E
poi fu la volta del rientro: sull'altopiano cominciavano le
piogge e al mare il clima cominciava a diventare troppo umido.
Durante il viaggio di ritorno ricordo i progetti per la vacanza
successiva, che però non si realizzarono mai. Ci tornerò?
Chissà.
Daniela
Toti
Settembre 2003