Gli
odori sono i veicoli più efficaci per mettere in moto
la memoria e accendere emozioni, e su ciò siamo quasi
tutti daccordo.
Ma che poi un sentore non propriamente gradevole venga nobilitato
dalla memoria in quasi-profumo, ne possiamo parlare.
La terra di Sardegna è quanto di più simile allEritrea
io abbia trovato nel mio modesto ma non limitato girovagare.
E non sono i famosi imponenti sassi sardi, e non è la
macchia mediterranea e nemmeno lincantevole colore smeraldino
del mare.
E laria asciutta del Maestrale che mi secca le labbra
e mi riporta al ventoso altipiano. E la terra brulla,
sassosa, polverosa, dove la prima goccia di pioggia riesce a
creare un anello e a sollevare uno sbuffo di polvere quasi cadesse
sullacqua rilasciando un fragrante odore di bagnato; è
il muretto a secco che limita le proprietà terriere che
racchiude un vago sentore di muschio, è lalbero
di eucaliptus che riscaldato dal sole di agosto emana il suo
aroma balsamico, è il profumo dei beles in rigogliosa
maturazione di cui ho già parlato la scorsa stagione,
è lodore della salsedine quando lalito caldo
dello Scirocco te lo soffia in viso. E infine lodore
aspro che sosta nellaria al passaggio delle caprette,
un misto tra il selvatico della loro pelle e quello dei loro
tondi escrementi.
Approfittando della disponibilità di Luca, ho voluto
ripetere lesperienza fatta lanno scorso alla Tomba
di Giganti di Li Mizzani, visitata al chiaro della
luna piena, in unatmosfera da esoterismo celtico.
Niente luna piena nella mia settimana di ferie questanno,
per cui la scelta dellora canicolare nel pomeriggio di
fine agosto faceva sembrare più lungo il breve tragitto
a piedi per raggiungere la Tomba di Giganti Coddu Vecchju
di Arzachena. Queste tombe pare abbiano benefici campi magnetici
quindi, appoggiata alla stele e i piedi nudi sul terreno come
si consiglia, godevo la sensazione di benessere generale che
ne deriva, disquisendo sullargomento nuragico. E è
stato allora che ho percepito lodore caprino.
... senti che buon odore... Non è puzza
di capra? ...no, è un effluvio che arriva
dal passato... Sei sicura che gli omini dei nuraghi
sapessero di capra? ...ma non da quel passato remoto!
Da un passato meno lontano...
*
* * * *
Era
stato organizzato un picnic sul fiume, dopo Elaberet, dove lAnseba
si unisce al Barca. Tutti insieme stipati nella Land Rover guidata
da Giancarlo, con Francesco, Danilo, Pina, Anna Maria, Pia Giulietta
Acquisto, forse anche Angelo Chirizzi, Antonella ed io. Il cesto
dei panini era stato preparato da Askalù, la brava e
bisbetica domestica di casa De Nadai. Con la magnifica prospettiva
di una giornata spensierata e quellentusiasmo assoluto
che ritrovo in tutti i miei ricordi, siamo partiti dopo la consueta
serie dei mi raccomando e fate attenzione
e
e voi che siete i più grandi
.
Lasciata alle spalle lordinata distesa di agrumeti, peperoni
e pomodori, il paesaggio che ci corre a fianco è ora
composto da bassi cespugli spinosi, piante di sicomori e alcuni
isolati baobab, punteggiato dai cumuli di sassi di quarzo bianco
di qualche tomba bilena che si alternano a termitai di ogni
dimensione. Alcuni potrebbero essere delle bellissime cattedrali
gotiche in scala ridotta, con le guglie che si lanciano verso
il cielo.
Un passaggio laterale ed ecco la strada sterrata che ci porta
dentro il greto asciutto.
Con un fuori strada, un fiume in secca è agevole da percorrere.
Il suo carattere torrentizio potrebbe farci sorprendere da una
piena, come già ci capitò quella volta quando
traversammo lAnseba per andare alla presa sul Giaogiao.
Guidava Francesco, e anche quella Land Rover era stipata di
adolescenti: Pina, Anna, Danila Boattini (chiamata affettuosamente
Gris - grissino - da Francesco), Yonne Bristot, Antonella ed
io. Avevamo fatto un giro nella zona dei bacini artificiali
e dovevamo rientrare prima del tramonto. Quando allandata
avevamo attraversato lAnseba, cera solo un rigagnolo.
Al ritorno, anticipata da un rumore cupo, abbiamo trovato la
piena. Dopo qualche valutazione sulla forza e sulla profondità
dellacqua, si è deciso di tentare il guado, uno
scivolo in pietre e cemento. A metà percorso la parte
anteriore del Land Rover, la più leggera? (?), ha cominciato
ad essere spinta dalla corrente mettendo la macchina di sbieco.
Intanto lacqua si alzava contro la fiancata aumentando
la presa, per cui ormai la Land Rover era senza controllo e
veniva spinta lateralmente dalla forza della piena. Il panico.
Francesco, alla guida, mordendosi le labbra tentava invano di
controllare il veicolo. Noi mute di terrore, Yonne per la paura
quasi stritolava una gamba a Pina stringendola con forza e solo
Danila è riuscita a sillabare: Sono troppo giovane
per morire!
Poi, inspiegabilmente, la marcia indietro e la ridotta hanno
vinto il braccio di ferro con la pressione dellacqua e
sono riuscite a far riguadagnare il controllo a Francesco. Dapprima
impercettibilmente poi sempre più decisamente, la macchina
è riuscita a tornare sulla sponda da dove eravamo partiti.
Aspettando che la furia della piena riducesse la sua potenza,
abbiamo allora esplorato per più di due ore quella riva
del fiume dove non andavamo mai e nel nostro girovagare abbiamo
scoperto un "boschetto sacro" con pezzi di pelle e
strisce di tessuto (forse feticci?) attaccati sui rami di alberi
spinosi, probabilmente acacie.
Eravamo forse capitati in un degegna, il boschetto sacro"
dei Qemant, gli ebrei pagani che pare siano arrivati in Etiopia
molto prima di Cristo e che professano un ebraismo arcaico con
rituali non più accettati dagli ebrei come i sacrifici
animali, dei quali ce ne parla anche Graham Hankock nel suo
libro "Il mistero del sacro Graal"? Noi allora non
ne avevamo proprio la più remota conoscenza!
Al guado la piena finalmente scemava in potenza e volume e (recitando
più di qualche Ave Maria) siamo riusciti a attraversare
che era già buio. A casa ci aspettavano i volti preoccupati
dei nostri genitori.
Ma tornando al nostro picnic, lasciata la strada asfaltata cerchiamo
ora un posto comodo e ombroso e lo troviamo sotto degli alberi
dalla larga chioma ad ombrello che poi scopriamo essere tamarindi
proprio dai frutti che cogliamo arrampicandoci come scimmie.
E la prima volta che colgo il frutto del tamarindo, che
ho sempre visto in vendita solo al mercato scoperto di Cheren,
e direttamente dalla pianta pare molto più buono delle
altre volte. Tra una corsa, un gioco, una risata, arriva lora
di pranzo e quindi quella di una improbabile siesta, quando
si avvicinano dei pastori con le loro caprette. Ne sentiamo
prima lodore, acre e penetrante, e quindi eccole, numerose.
A chi è venuta lidea di chiedere ai pastori se
possiamo mungere le caprette? E quasi una gara la nostra
nel metterci alla prova. Le caprette non sono esattamente daccordo
e non gradiscono; noi siamo molto maldestri e riusciremo a riempire
mezzo bicchiere di latte, troppo sporco per essere poi usato.
Ma lodore che ci circonda ci è rimasto addosso
anche dopo quando, sdraiati sopra il tetto del Land Rover, viviamo
la più eccitante delle escursioni sul greto del fiume!
Mitico Giancarlo che, incosciente, ci ha permesso la splendida
esperienza!
Anna, ricordandola, mi dirà: sdraiate sopra il
tetto...aggrappate come ragni ai bordi della ricopertura antitermica
del tetto stesso... andar in giro... quasi volando!!! Io mi
sentivo acrobaticamente EROICA!!! Che matti eravamo Daniela!!!
Vero, incoscientemente e splendidamente matti!
*
* * * *
Sono
queste le memorie che quellodore, lezzo se si vuole, ha
riportato a galla mentre, appoggiata alla stele di Coddu
Vecchju, vorrei quasi convincere uno scettico ed ironico
Luca, che potrebbe anche essere un buon odore, da un certo punto
di vista... sbaglio?
D.