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A
queste latitudini, sotto questo cielo d'inverno, giunti in prossimità
del S. Natale, talvolta arrivano, con i voti per le festività
e l'anno nuovo, magnifici cesti augurali colmi di frutta. E
noi, che ci sentiamo un po' apparentati ai pomi, abbiamo pensato
di regalare a voi tutti un cesto "tutto nostro" di
frutta e con esso formuliamo i nostri più sinceri auguri
di Buon Natale e sereno anno nuovo.
il Chichingiolo
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Anna Maria De Nadai, "La Fruttiera di
Natale" - Acquerello (2006), in esclusiva per tutti gli amici
del Chichingiolo.
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IL
DIALOGO DELLA FRUTTIERA
Daniela (Toti)
Elvira (Romano Fenili)
Antontella (Toti)
con la partecipazione di Marisa (Toti)
il Coro
Illustrazione di Anna Maria (De Nadai)
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Il Coro
Ascoltate, uomini che avete dimora presso le fonti o che abitate
nei pressi del mare. Udite, sotto il sole e le stelle, il racconto
che le donne dell'Altopiano, al nostro comando, si apprestano
a narrare delle gesta dei nostri protagonisti. Dodici mesi è
durata l'attesa, timorosi che il cielo li avessi rapiti. Ora
invece sappiamo che essi sono vivi e li ospita tutti, affettuosamente,
la Fruttiera. Se li cura con un sorriso lievemente porcellanato.
Li conosce bene, ad uno ad uno. Le loro famiglie si frequentano
regolarmente, da anni millanta. Ora però chiediamo che
l'attesa venga placata
Daniela
Ecco lo zaitun, il più preponderante, profuma di Cheren,
Elaberet, Monrovia. Bianchi o rosa, promuovono col loro sapore
la macedonia più semplice. I filari di alberi di zaitun
a Elaberet erano teatro dei nostri giochi. L'albero che avevamo
a Monrovia - lì si chiama Guava - era il segreto delle
mie macedonie
Elvira
E' vero: basta un tocco della sua polpa rosa per dare alla macedonia
profumo e sapore esotici assolutamente unici.
Il
Coro
Ma via, presto, diteci della papaia
Daniela
La papaia è più discreta. Zio Franco aveva sperimentato
ad Agordat, nella concessione di Tuc Tuc, come il sapore del
frutto possa essere influenzato dalla vicinanza di altre colture.
La fioritura delle piante di papaia da frutto vengono impollinate
dall'albero maschio. Evidentemente il polline dell'albero maschio
raccoglie le profumazioni circostanti, tant'è che vicino
all'aiuola di tuberose acquisivano una profumazione ed un sapore
delizioso, mentre vicino all'orto delle cipolle il sapore ne
risultava corrotto, quasi sgradevole. A Monrovia avevo un'aiuola
di basilico che regalava ai frutti della papaia adiacente un
particolare sapore che non riscontravamo nei frutti colti un
po' più in là. E quei meravigliosi frullati di
papaia per colazione a Gurgussum? Adesso leggo che papaina è
sinonimo di salute... ma noi già l'avevamo intuito da
tempo, vero?
Il
Coro
E' la verità! Una leggenda narra che la sua buccia curasse
perfino ferite leggere e frollasse la carne. Ora andremo a cercare
l'incanto del mangus
Daniela
Oh, il mangus! Così speciale, il mio frutto preferito.
A Cheren da Michelazzo c'era una qualità "superior",
senza fili e grandi come meloni. E poi quelli piccoli, con tanti
fili, ma con quel sapore pieno... Eppoi il mangus ha la forma
di un cuore, a guardarlo bene. Un cuore grande, che dona generoso
tutto se stesso.
Il
Coro
Ma la generosità delle Muse è ad essi pari
Daniela
La "Musa Paradisiaca", ovvero le banane
Elvira
Quelle arrivavano quasi alla chetichella. I mini-caschetti di
banane del Bizen, mai troppi da saturare il mercato, ma abbastanza
da farsi notare. Ed era festa. Una volta assaggiate e gustate
quelle piccole meraviglie, si era pronti a bocciare qualsiasi
altro tipo il mercato offrisse. Racchiuso in quel formato ridotto,
il frutto, infatti, aveva raggiunto un punto di maturazione
perfetto, con una polpa dalla giusta consistenza che si scioglieva
in bocca in un tripudio di dolcezza.
Daniela
La concessione di Tuc Tuc era quasi interamente coltivata a
banane. E così lo era la vicina Tecraret di zio Angelo
e infine la Maesco, con i suoi 5.000 ettari nella valle dell'Awash.
Posso quindi considerarla "cosa mia", ma diciamo pure
"cosa nostra". Da piccina soffrivo di una banano-allergia
e mi riempivo di orticaria, quindi il consumo era limitato a
qualche goloso furtivo boccone. Poi fu oggetto di lavoro: esportavamo
dall'Awash "Giant Cavendish" e "Gran Naine",
quelle a siluro che conosciamo con il nome della chica formosa.
Roba commerciale. Niente, ma proprio niente e che vedere con
quel sapore giustamente "paradisiaco" delle banane
del Bizen.
Corte e cicciotte, come le manine di un monello, la pasta gialla
di un incredibile sapore avvolgente, pieno. Ma la stoltezza
giovanile bandiva la banana dalla fruttiera perché troppo
calorica. Finalmente, in età di saggezza, l'apporto di
potassio e magnesio danno oggi quel minimo di alibi alla bontà
che ne deriva dalla completa trasformazione degli amidi in zuccheri
quando matura!
Il
Coro
Come le onde di un mare in moto continuo, sentiamo giungere
altri profumi. Cos'è, cos'è questo?
Elvira
E' l'annone, frutto aristocratico
Daniela
Sì, l'annona della Regina
Elvira
che bisognava gustare da solo. Aprendo la scorza lievemente
bulbosa, dal colore verde chiaro, si scopriva la polpa bianca,
dolce, profumata e cremosa, con un leggero sentore di vaniglia,
che racchiudeva semi grandi come fagioli, neri e lucentissimi
Il
Coro
Spiega, se puoi, l'enigma della Regina
Daniela
Così la chiamavano gli anziani di Cheren perché
si diceva fosse stata presentata ed apprezzata dalla Regina
Margherita. Era grande il doppio delle altre, i semi neri, lucidi
e oblunghi, la buccia più liscia e la polpa dolcissima.
La servivano tagliata a metà, e come in una coppa si
affondava il cucchiaino portando alla bocca tutta la nobiltà
della Fruttiera.
Il
Coro
Ecco un messaggero, viene da lontano. Che sono codeste novità?
Ma sono i fichi d'india
Antonella
Quando sono arrivata in Sardegna, ho capito di aver trovato
casa mia quando ho visto le prime pale di fichi d'India! In
seguito ho saputo che in Eritrea erano state portate dagli Italiani
che piantarono, in sostegno delle pendici dell'altopiano nei
punti dove erano più ripide, agavi e fichi d'India importati
dal nostro meridione, perché con le fitte radici trattenevano
la terra e frenavano le frane rendendo più facili i lavori
di costruzione delle strade. Le scimmie del Dorfu poi hanno
fatto il resto, riempiendo tutta la regione di distese di fichi
d'India!!!
Il fascino dei "Beles" partiva dalle grida che annunciavano
l'arrivo dei "Belessai", e finiva con l'odore acre
del belessaio e l'incredibile bellezza del frutto pulito che
contrastava con le sue mani ed il resto dei frutti pieni di
spine, lo zembill che aveva quel colore che il tempo, la polvere
e la terra davano agli indumenti dei belessai.
Un centesimo: tre beles! Marisa era piccina quando
l'abbiamo trovata intenta a sputare tutti i semini dei beles!!!
Che impresa ardua!!!!
I beles sono stati il primo regalo di Sergio, mio marito: mi
portò un cesto di splendidi beles quando venne a trovarmi
la prima volta a casa nostra. Mi aveva chiesto cosa avrei voluto
lui mi portasse dalla Sardegna: non ebbi esitazioni, volevo
quei beles che ad agosto avevo visto ancora acerbi e che sarebbero
stati finalmente pronti a fine settembre!
Il
Coro
O Grande Fruttiera! Tua la potenza, tua la vittoria in ogni
battaglia dei sensi! Sappiamo che gli Dei si sono inchinati
davanti a te. Ma ora il narrare deve terminare qui
Daniela
No! Dunque tu pretendi che così io mi privi di quest'ultima
gioia? Ci sono anche quei piccolini, monelli indisciplinati,
sparsi ovunque tra i frutti più grandi, più profumati
e più saporiti. Sono tondi, e, rotolando si nascondono
facilmente, giocano a rimpiattino, sono birichini e simpatici...
i chichingioli, sissignori, sono i chichingioli!
Ma che sapore hanno i chichingioli? Un sapore particolare: è
il sapore del tempo passato ma mai dimenticato, è il
sapore dell'amicizia ritrovata, è il sapore del rivivere
insieme le stesse emozioni che, se soli, avremmo forse il pudore
di ammettere di provare. Così piccoli ma che vicini l'uno
all'altro come anelli di una catena, riescono a congiungere
tutti gli ospiti della Fruttiera, che sembra dire loro: OK,
ragazzi, a lavarsi le mani, si va a tavola!
Il
Coro
E così, con dolci parole, le donne dell'Altopiano
trattennero il nostro pensiero, la nostra memoria. Ma ecco giungere,
da una terra ancor più lontana, altri racconti...
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L'ALBERO
MAGICO NELLA PIANA DI MARIAM DARIT
di Alessandra Raffone
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Visto
che il chichingiolo è un frutto, e visto che, ormai sotto
Natale, la fantasia in un attimo ha abbracciato un bellissimo
albero di Natale decorato con i tanti fantastici frutti della
nostra amata terra.
Un albero prezioso perché sembra sorriderci per la curiosità
generata da questi insoliti frutti, per chi non avuto il privilegio
di crescere con loro, sembra essere eterno, come lo è
il nostro grande amore verso i luoghi dell'infanzia, forte e
gioioso
socchiudendo leggermente e solo per un attimo
gli occhi, si è pervasi da un profumo delizioso fatto
di manghi, zaituni, mandarini e arance che sembrano colorate
palline, banane che sembrano trombette, angurie che sembrano
babbi natale, papaie che sembrano chitarre, annone, che si aprono
come una fisarmonica, trasportando attraverso i loro mille semini,
il suono del vento che lambisce le fronde degli alberi di mango
verso Cheren, simile ad una dolcissima melodia che riempie il
cuore
E' un pomeriggio dicembrino, si aspetta il Natale, l'aria è
tersa in alto e medio piano, un po' pungente, ma con i colori
che nella giornata passano dall'azzurro intenso del mattino
al dorato della sera, e si riempie, verso l'imbrunire, dei suoni
di voci di grandi e piccolini, che radunati vicino al fuoco
domestico, si raccontano la giornata, con lo spirito di famiglia
vera, come era un tempo anche nelle civiltà occidentali
Pian piano, ecco affacciarsi Venere, lei, la prima, la più
bella stella di una notte trapuntata di luci, tanto lontane,
ma tanto vicine che ti danno la sensazione di poterle toccare
con un dito, come se fossero una cascata che scende dal cielo,
per noi, solo per noi
ed ecco, che anche una delicata
stellina si accorge di questo meraviglioso albero, non sappiamo
come si chiami, ma ha l'aspetto da birichina e infatti, si stacca
leggermente dal gruppo, per andarsi a posare con la delicatezza
di un soffio sopra la cima dell'albero, che muove leggermente
la punta per il leggero solletico, ma poi rapito da tanta delicata
bellezza e da un sorriso birichino, si sente ancora più
privilegiato perché questa piccola grande luce ha dato
il tocco che mancava
E la fa accoccolare sulla sua punta, dolcemente stringendole
intorno le sue fronde per ripararla dal vento della notte, ma
senza oscurare la sua luce brillante! Sotto l'albero arrivano,
portati dalla mano invisibile di un bimbo, tanti piccoli bigliettini
Sono parole di amore, amicizia, dolcezza e gioia!
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PAPAYENA
di Ida Pernarella
C'era
buio e pioggia e
tante pozzanghere nel Paese dei laghi
ghiacciati.
La neve era bianca solo sulle rocce, sull'alta quota.
In basso era sporca di aghi di abete e ramoscelli spezzati dal
vento.
Il vento era forte e Papayena guardava fuori dalla finestra
di casa. Che tristezza, ancora neve!
E' nel suo pigiama più caldo, rosa con tanti pallini
bianchi come la neve.
" Papayena, sei sveglia, sì? ", chiede la mamma.
" Sì, sì, sì! " - le fa eco Papayena
ma invece di andare in cucina per la sua colazione si rimette
nel lettino rosso sotto il soffice piumino d'oca a quadri rosso
e blu.
E' bella Papayena, con la sua pella scura. I riccioli cortissimi
e neri. I suoi occhi neri, neri, dolcissimi e tondi di bambina
africana.
Ha lasciato l'Africa da due anni ed ora vive con Hebora e suo
marito che si fa chiamare Lupo perché lavora nei boschi
come guardia forestale.
Con loro, nella casa del piccolo villaggio di montagna vive
anche il figlio di Hebora e Lupo, Rubino e ha i capelli rossi.
Lo chiama Lupo-Fratì perché dice sempre che da
grande sarà anche lui una guardia forestale come il suo
papà. E loro, come li chiama Papayena, Hebora-Mamì
e Lupo-Papì., sono i genitori di Rubino. La mamma africana
e il papà africano Papayena non li ha mai conosciuti.
Ma ha avuto tante donne-Mamì che fino ad ora si sono
occupate di lei in Africa.
Da due anni Papayena vive bene qui, in questa casa, con loro.
Ma
qualche volta, all'inizio, le veniva la " voglia
di Africa ".
A Rubino, Lupo-Frati veniva la febbre o il mal di gola. A lei
no.
A lei veniva proprio e solo la " voglia d'Africa "!
La voglia di Africa, quando veniva durava per ore.
Le lacrime scendevano sulle guance
Anche se Papayena restava con gli occhi aperti
aperti
per
non piangere.
Le lacrime scendevano anche se
Hebora-Mamì, dolcissima,
l'abbracciava.
Lupo-Papì, la sollevava in alto, in alto sulle sue spalle.
Lupo-Fratì, si metteva a ballare per lei sul pavimento.
Niente!
Le lacrime partono dai piedi e arrivano fino allo stomaco e
Papayena lo sa.
Le lacrime partono dalle dita dei suoi piedi.
Dalle dita che poggiano a terra.
Su quella terra dove si appoggiano:
la casa
il pavimento
il tappeto
e le sue dita.
Ma le sue dita sanno che quella non è quella terra, quella
terra polverosa e rossa d'Africa dove le sue dita correvano
nude giocando libere!
Qui deve indossare le calze di lana tutto il giorno e si tolgono
solo per andare a letto la sera.
Papayena sa che l'Africa, la terra dove vivono " libere-da-calzettoni
" le dita, è lontanissima perché si arriva
solo con l'aereo, dopo tante ore di viaggio
tra le nuvole!
Papayena sa che le lacrime arrivano allo stomaco.
Nello stomaco si fermano e fanno un freeeddo!
Come aver mangiato un ghiacciolo alla menta!
Oggi invece Papayena, ha sentito "la voglia d'Africa"
arrivare, le lacrime pronte e si è infilata sotto il
suo piumino a scacchi rosso e blu.
Si toglie le calze di lana. Le getta per terra gridando:
"Via, via, calze, via!".
I piedini liberi allora si strofinano, danno colpi al materasso
con i talloni, le punte delle dita si alzano su con le gambe
formano una vera tenda sul lettino di Papayena
le dita
libere-da-calze sono felici.
Così Papayena gioca ed i suoi piedini giocano con lei.
Liberi qui come in quella terra d'Africa.
Che bellooo!
Ma Hebora-Mamì l'aspetta ancora in cucina e la chiama.
Papayena salta giù dal letto, il pavimento è freddo!
Allora, triste, indossa le pantofole blu e va in cucina:
" Mamì, ho fame, il latte? ", chiede strofinandosi
gli occhi.
Guarda fuori un attimo, la neve ancora lì e più
di ieri, nel giardino.
Anche oggi potrà giocare con lo slittino
Ma Papayena sogna il sole, le corse ed i giochi africani con
le bamboline di argilla.
Ecco che le lacrime le stanno per partire di nuovo dai piedini.
Lei sa che tra poco piangerà
a meno che non si
levi le pantofoline blu ed inizi a ballare
a ballare
E così, balla e balla
come una trottola nella cucina
" Papayena, fermati, per la colazione, vieni! ", dice
Hebora.
" NO, non posso! ", e continua a ballare.
Balla saltando da terra sulla sedia.
Dal divanetto sulla poltrona.
A cavallo della scopa fa il giro della cucina.
Fa girare una sedia intorno al tavolo.
Come i canguri fa passi saltellati in avanti.
Come un gambero salta indietro.
Poi galoppa con un colapasta in testa.
Infine gira e torce le tende lunghe bianche della sala.
Prende la pianta con le ruote sotto e si lancia nel corridoio.
Dà calci ad un pallone.
Scivola sul tappeto dell'ingresso
Per finire a gambe all'aria contro la parete d'entrata di casa!
" Papayena!", grida Hebora e corre da lei.
" Niente lacrime
niente ghiacciolo in pancia! Oh,
che bello, bello, bello! IO ballo, ballo, ballo, ballo! Ancora,
ancora, Mamì, ancora ballo! Tanto, tanto ballo!
" Sì, hai ballato tanto Papayena! E siccome trovo
che balli bene, penso proprio che ti iscriverò ad un
corso di danza dove potrai andare anche due volte alla settimana,
che ne dici? "
Si abbracciano Papayena e Mamì Hebora.
" Lo sai, Papayena che c'è una sorpresa a tavola
oggi per te? "
Papayena corre al tavolo della cucina e vede che nel suo piatto
è tagliata a metà una bellissima PAPAYA!
" E' il mio frutto, il mio frutto d'Africa!, esclama felice.
E' così tutta felice, dalla testa ai piedi. I suoi occhioni
aperti sul piatto! La bocca aperta!
Felice dai piedi alla testa nel vedere la papaya dal quale lei
proprio porta il nome!
I piedini saltano felici! Ora non ci sono più lacrime
che vogliono salire su da terra dai suoi piedini
Le dita
si aprono e si stringono felici. E lo stomaco è caldo
caldo.
Papayena è felice, felice e guarda, tocca, mangia la
sua papaya.
Non si sente tanto più lontana dalla sua terra africana
perché l'Africa ed il sole e l'argilla rossa, tutto è
lì
nei colori giallo, oro arancione della papaya
con il suo profumo intenso un po' amaro che Mamì Hebora
aggiusta con un po' di zucchero e con un poco di limone!
Si mangia come un melone, con il cucchiaio dopo che si sono
gettati via i semini tondi e neri
I semini neri che Papayena conosce bene, sono fatti come le
cacatine delle caprette!!!
GNAM! E' la sua PAPAYA!
Papayena si sente in AFRICA con lei!
Alza il cucchiaio felice:
" Viva la PAPAYA! ", grida felice a Mamì Hebora.
" Viva PAPAYENA! ", risponde lei.
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17 Dicembre 2006
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LA
BEFANA VIEN DI NOTTE...
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di
Daniela Toti
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Asmara,
1963 o giù di lì.
Stavo superando l'età in cui si crede nel mondo delle
favole, ma vivevo quella fase in cui ci si vuole ancora tenacemente
credere. (Incidentalmemente: ho mai veramente superato quella
fase? Me lo chiedo ogni volta che mi lascio affascinare dalla
magia di Harry Potter, dal magnifico leone sovrano di Narnia
e, appena l'altro ieri, dal dolcissimo sguardo che Saphira
riserva solo per Eragon).
Era il tempo in cui ogni tanto mi svegliavo alla mattina e,
con gli occhi chiusi, stretti stretti, annusavo l'aria, sperando
sapesse di... Natale! E, se proprio non eravamo alla fine
di Dicembre, non succedeva mai che sapesse di Natale, e nessuno
aveva nottetempo costruito e addobbato un pino odoroso...
Nella notte di cui vi sto raccontando l'aria sa proprio di
Natale. Vado a dormire come al solito: buonanotte a tutti,
doccia, pigiama e piccola sosta davanti al caminetto per riscaldarmi
e portare con me un po' di quel calore sotto le lenzuola che
a Gennaio sono sempre piuttosto fredde.
Sul comodino, vicino al mio nuovissimo registratore Philips,
quello verticale con le bobine in cima, appena ricevuto in
regalo per Natale e dal quale ascolto i baronetti di Liverpool
(che forse non sono ancora baronetti), al posto del romanzo
rosa di Liala o del giallo di Agatha Christie, qualche libro
scolastico. Forse Storia, oppure Matematica o anche tutti
e due.
Le vacanze sono agli sgoccioli, perchè dopo l'Epifania,
sebbene il Natale Copto ci regali un giorno di vacanza in
più, la scuola riapre, inesorabile, quindi sarà
meglio studiare o ripassare qualcosa.
Sono sicura di essermi addormentata prima del solito, visto
l'effetto soporifero che possono avere le date storiche o
le formule di geometria.
Qualcosa mi sveglia durante la notte, ma deve essere più
una sensazione, tanto è famoso il mio sonno pesante
"che non la svegliano nemmeno le cannonate", come
dice la nonna. Mi alzo e, al solo chiarore dei lampioni di
strada che traspare dal vetro della porta di ingresso, senza
accendere altra luce mi dirigo in cucina. Lì una figura
ricurva va verso il lavello. "Ghidei!" chiamo, credendo
si tratti di una delle due domestiche che abitano il quartierino
appena fuori la porta della cucina. La figura si ferma, girandosi
appena per guardarmi e quindi, lentamente, esce fuori dalla
porta che, mi accorgo solo allora, è inspiegabilmente
aperta. Non riuscendo a capire perché "Ghidei"
non mi risponda e, anzi, se ne stia andando via, la seguo.
Ma appena fuori, svegliata completamente dall'asprezza dell'aria
notturna che sul nostro altopiano è particolarmente
pungente, mi rendo conto che il quartierino è buio
e che le porte sono tutte giustamente chiuse. Ma allora...
"ehi!" grido, ma non troppo forte. La sagoma è
sparita dietro l'angolo. In un attimo di lucidità e
con un brivido ghiacciato, penso: "Un ladro?..."
"Ma forse no" mi dico. "Perché proprio
un ladro? Era ricurvo, quasi fosse un vecchino... o magari
una vecchina? Ma certo, una vecchina!"
Rientro e in punta di piedi vado verso la camera dei miei:
"Mamma!", sussurro, "è successa una
cosa strana. C'era qualcuno in cucina. Credo che fosse la
Befana."
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6 Gennaio 2007
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IL
CASIMIRO
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In
data 26 dicembre 2006 avevamo ricevuto questa mail:
Caro
Chichingiolo,
ho apprezzato molto l'articolo riguardante il cesto di frutta,
ma con mia somma sorpresa non è stato citato un frutto
a me molto gradito: il casimiro.
Ho soggiornato in vari paesi ed, ogni volta che chiedevo del
casimiro, ricevevo solo........sorrisi. A questo punto ho
una domanda: esiste veramente o è frutto della mia
fantasia e dei miei ricordi??
Nadia Palmieri
La
nostra risposta era stata più o meno questa:
Cara
Nadia,
Il casimiro esiste, anche se parliamo della concorrenza: lo
posso giurare perché nel mio giardino cresceva una
pianta che era generosissima di questi frutti che coglievo
quando la stagione delle grandi piogge stava per o era già
cominciata. Facevo la guerra ai pipistrelli che apprezzavano
quanto me questo frutto satinato...
No, non ci siamo dimenticati dell'umile ma favoloso casimiro.
Stiamo facendo le nostre ricerche e aggiorneremo presto la
pagina per rendergli il giusto tributo.
il Chichingiolo
La
verità è che le nostre ricerche, soprattutto
su Internet, erano state deludenti. Digitavamo "casimiro"
sui motori di ricerca e ricevevamo in risposta solo liste
di nomi di santi, sovrani, poeti, professionisti, sportivi,
alpinisti, città con questo nome, meditazioni su garantismo
e mobbing, gestione di impianti industriali, filmati su YouTube
ma frutta niente. Poi Franco Caparrotti ha trovato la chiave
giusta, sciolto l'arcano e ci ha inviato quanto segue. E Patrizia
Reffo da Asmara ha corredato con le foto. Insomma, i casimiri
esistono!
FRUTTI
DELL'ERITREA: CASIMIROA
Nel
bellissimo cestino di frutta "nostrana", ben imbandito
dal nostro Chichingiolo, non c'era questo frutto un po' particolare,
forse perché non nobile come gli altri ma che comunque
ogni tanto faceva capolino sulle nostre tavole. Gustoso, dolce,
quando lo nominavi ti veniva in mente subito il nostro buon
Padre Casimiro. Ve lo ricordate, per tanti anni alla Chiesa
di Gaggiret? Oppure ci ricordava il Re di Polonia o qualcosa
di tondeggiante.
Il frutto non è di origine africana. Aborigeno del
Centro-Sud America, il suo nome corretto è casimiroa
edulis, genere delle Rutaceae, conosciuto pure come "sapote
o matasano". Frutto tondo e grosso come un'arancia, con
una polpa dolce color crema e con un gusto ibrido di pesca,
banana e pera con all'interno dai tre a cinque semi.
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Tutte le foto:
Patrizia Reffo
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Il
"casimiro" mi riporta alla mente un bel ricordo.
I miei vicini di casa, quando abitavo a Ghezabanda (anni '60)
erano i Pagano. Nel loro giardino disseminato di alberi da
frutta vi era pure una pianta maestosa di casimiro. Sotto
la sua ombra Angelo ed io passavamo le domeniche pomeriggio
a giocare a pallone. Attendevamo la trasmissione di "Tutto
il calcio, minuto per minuto" e si emulavano le partite
in schedina. Ogni tanto si raccoglieva un frutto per ricaricarci.
Era dolce, tanto dolce che puntualmente una metà veniva
gettata via. Che peccato!!!
Franco Caparrotti
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17 Marzo 2007
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Caro
Chichingiolo,
siete stati molto carini ed efficienti nel trovare notizie sul
frutto dei miei ricordi. La lettura e la foto, mi hanno riportato
all'età della mia giovinezza ed a tanti ricordi bellissimi.
Grazie ancora ed auguri per l'anniversario del sito che trovo
molto interessante e che ha una valenza sociale permettendo
ai tanti asmarini in giro per il mondo di avere un punto di
riferimento.
Dopo le parole della "divina penna" di Elvira ho poco
da aggiungere.
Tantissimi saluti
Nadia Palmieri
(22/03/2007)
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L'ANNONA
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Riceviamo
e volentieri pubblichiamo:
Pensando
di fare cosa gradita a tutti gli Asmarini, segnalo questa pagina
web con informazioni sul frutto di nostra profonda conoscenza.
L'ho sempre cercato e adesso so dove anche trovarlo:
http://www.foodinitaly.com/news/
Saluti a tutti gli Amici chichingiolini.
Angelo Colaizzo da Pescara
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14 Agosto 2016
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E LA GRAVIOLA
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Salve,
vedo che finalmente qualcuno comincia di nuovo a pubblicare
su questo magnifico sito dove abbiamo iniziato a ritrovarci.
Così, col proposito di contribuire a completare la segnalazione
del sito che parla del frutto dell'annona da parte di Angelo
Colaizzo, invio a mia volta un sito dove si illustra un'altra
varietà di tale frutto che sembra avere delle incredibili
proprietà terapeutiche nella cura dei tumori...
Saluti a tutti
S.M.
http://www.ecplanet.com/node/3860
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16 Agosto 2016
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