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A
chi
ascolta i
Xmas Carols
e li canta a tutta
voce, A chi ha fatto
l’albero di Natale che
profuma di pino come
quelli della forestale, A chi
ha vissuto cieli azzurri anche a
Dicembre, A chi sa che la gioventú è
uno stato d’animo, è forza di fantasia,
è vigore di emozioni, A chi conosce la gioia
del meravigliarsi e del partecipare al grande
gioco della vita, A chi attinge spensieratezza leggendo
il Chichingiolo. A chi continua a adoperarsi per realizzarlo
(ancora grazie!). A chi sa che condividere è entusiasmo. A chi
conosce il valore di un sorriso, che arricchisce chi lo riceve, senza
impoverire chi lo dona. ...a chi non aspetta Natale per essere
buono. A tutti coloro che sanno pensare in positivo.

Buon Natale!
Daniela
Toti

=================


NATALE 2004

Sotto quest'albero che Daniela Toti ha addobbato e infiocchettato, oltre agli auguri formulati a tutte le Chichingiole e i Chichingioli con immutato affetto, mettiamo una piccola strenna. Un indizio letterario, scoperto non molto tempo addietro, ci aveva portato a scoprire un'insospettabile e sorprendente Signora Omicidi tutta "nostra", una asmarina con la stessa passione di Agatha Christie che, tra l'altro, ha figurato benissimo a un concorso nazionale dedicato alla narrativa poliziesca. Lasciamo che sia lei stessa a "confessare" le origini di questa predilezione per il "giallo" e a introdurci alla lettura del suo racconto.
Buon Natale e Sereno Anno nuovo a tutti voi.
il C.

I gialli sono sempre stati la mia passione. Li compravo usati, dal "Vecchietto". Tutti i sabato pomeriggio, con mia madre, percorrevo a piedi Avenue Hailè Sellassiè, dove alla fine del viale, sulla strada che porta a Massaua, l'anziano Cavaliere aveva aperto la sua piccola rivendita di libri.
Era solo un bugigattolo, la vetrina polverosa che si vedeva appena, ma una volta dentro era come viaggiare in prima classe su una nave da crociera che ti portava intorno al mondo. Salgari non mi appassionava più di tanto. Noi ragazzi, che eravamo nati lì, avevamo già a portata di mano la nostra Mompracem, nella natura maestosa e primordiale lungo le irte discese dell'Acrocoro o nelle terre desolate e puntellate di acacie del bassopiano. Era fin troppo facile, per noi, immaginare di essere Janez o Sandokan sul ponte di uno di quei sambuchi di pescatori di perle che si spingevano al largo, oltre Sheik Said, verso le grandi isole madreporiche dell'arcipelago.
Invece, fin da bambina, ero riuscita a mettere insieme tutti i libri della Biblioteca dei Miei Ragazzi [*]. Erano i miei preferiti perché erano quasi tutti ambientati in Italia, il nostro paese così lontano e davvero esotico per me, perché lo scoprivo, attraverso di essi, così diverso.
Ne conservo ancora qualcuno, di quei libri, avendoli infilati di soppiatto nel baule il giorno che partimmo per trasferirci in Italia all'inizio degli anni '70. Hanno la copertina di cartone rigido, illustrata con bellissimi disegni stile anni '20 e, all'interno, piccole figure con brevi didascalie. Accattivanti com' erano, avevo altra scelta se non appassionarmi al mistero de "La lettera rossa", o alle angosciose tribolazioni de "L'erede di Ferralba"? Li avevo letti e riletti tutti, infinite volte, nel corso dei lunghi pomeriggi assolati, passati a sognare ad occhi aperti. Mentre addentavo, molto più prosaicamente, una succulenta papaia o maturi beles accuratamente sbucciati dall'adorata Letè Luul.
Più tardi, ormai ragazza, allargavo i miei orizzonti da Pratolini a Stendhal, ai grandi romanzieri russi che narravano di guerra e di morte, ma anche di amore e molto altro ancora.
C'era però un angolo in fondo al bugigattolo, dove non avevo mai sostato più di tanto, ma che incominciava a incuriosirmi. Dietro i libri ben rilegati e più costosi, occhieggiavano in grandi mucchi sparsi i Gialli Mondadori. Il primo che presi in mano e che lessi, lo ricordo ancora, era del grande Cornell Woolrich. Quanta letteratura, gialla e non, riesce ad appassionare il lettore come il suo "Ho sposato un'ombra" o "Vertigine senza fine"? Come non appassionarsi ad una storia nera e disperata, dove fin dall'inizio, si sa che tutto è già perduto?
I Gialli. Li ammucchiavo ai piedi della scrivania, leggendone a decine. Di tutti i generi. Ambientati nel passato, negli anni quaranta o nel presente, non dovevo più immaginare lontani mondi sconosciuti, perché il mondo vero scorreva proprio lì, sotto i miei occhi, nelle pagine che leggevo avidamente. Già, perché il romanzo poliziesco, più di ogni altro genere letterario riflette la realtà disperata, feroce e cruda dei tempi passati e di questo presente altrettanto difficile e affatto diverso. Si dice che la realtà supera ogni immaginazione. Beh, è un dato di fatto che l'immaginazione dello scrittore di gialli rimanga ben aderente al vissuto quotidiano, tragico o normale che sia. Basta aprire un giornale, per rendersene conto.
Per questo, credo che la letteratura "gialla" abbia incontrato e incontri, adesso più che mai, un grande successo. A partire dagli anni '90, molti autori italiani hanno scritto romanzi polizieschi. I precedenti erano illustri, basti pensare a Gadda con il suo "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" o Scerbanenco che ambientava i suoi romanzi nella Milano fine anni '60. Nello scenario attuale spiccano autori "classici" come Macchiavelli, con il suo Ispettore Sarti, Camilleri con l'arcinoto Montalbano, ma anche scrittori più giovani che si sono imposti all'attenzione dei lettori mediante il loro impegno "civile" e di denuncia come Carlo Lucarelli che ha condotto varie trasmissioni sui "Misteri d'Italia" e che sta per pubblicare per la Casa Editrice Einaudi un romanzo ambientato nell'Eritrea di fine '800. Alla realizzazione di questo sogno ho contribuito anch'io svolgendo buona parte della ricerca storica e archivistica. Non posso negare che questa sia stata la parte che più mi ha coinvolto e nel contempo affascinata. Poi, ho provato anch'io a scrivere un racconto. Partecipando ad un concorso nazionale. Sono arrivata in finale, ma non ho vinto. Magari, se ci sarà una prossima volta, lo ambienterò in Eritrea, in quei nostri indimenticabili anni, chissà …
Intanto, il Chichingiolo, generoso come sempre, mi ha proposto di pubblicarlo. Non me ne vogliate … ho deciso di accettare.

Patrizia Pastore

[*] Invitiamo i nostri cortesi lettori a visitare il sito www.bibliotecadeimieiragazzi.it, amorevolmente curato da una Asmarina e dedicato con altrettanto amore alla famosa Collana di libri per ragazzi della Salani che ha ammaliato Patrizia e Lilly nonché innumerevoli altri lettrici e lettori.
il C.

* * *

[Nota al testo - L'incipit del racconto, in corsivo, è stato scritto da Marco Vichi, giallista e autore di numerose pubblicazioni.]
Il diarista
Penso di avere un dito spezzato, il mignolo della sinistra. E' gonfio e nero. Le altre dita sono indolenzite, ma stanno bene. Siamo arrivati durante la notte, io e mio cugino. Abbiamo viaggiato per quasi due ore, e non so quanto tempo dovrò stare chiuso qua dentro. Di certo non più di tre o quattro giorni. Ho un bel po' di pane, salame affumicato, formaggio e cinque bottiglie d'acqua. Per qualche giorno dovrebbero bastarmi. Ho anche una coperta di lana spessa. Mio cugino ha pensato proprio a tutto. Poteva permettersi di essere più lucido di me, questo è sicuro. Quando è andato via da qui ha voluto chiudere la porta dall'esterno, serrature, sbarre, lucchetti, ha rimesso tutto come prima, perché i contadini che lavorano qua intorno non s'insospettiscano vedendo qualcosa di diverso. Non ha lasciato nulla al caso, come sempre. Questo torrino è suo. E' sempre chiuso, non lo usa più nessuno, è ridotto male ed è anche troppo lontano dalla fattoria, ma i contadini ogni tanto ci passano accanto e se ci fosse qualcosa di diverso se ne potrebbero accorgere. Finalmente sta uscendo il sole, vedo filtrare un po' di luce dalle feritoie e dalle fessure della porta. Questa notte è stata lunghissima, non finiva mai. Meno male che mio cugino ha pensato di portare anche delle candele. Senza luce qua dentro è come essere ciechi. Di notte una candela sola serve a poco, ma non posso accenderne troppe, rischio di consumarle tutte in poco tempo. Camminando in questo buio ho rischiato diverse volte di farmi male. Non conosco questo posto, è pieno di rottami dappertutto, è umido e si scivola. Per fortuna dentro un barattolo ho trovato dei fogli ingialliti e un mozzicone di matita. Ho anche un coltello per appuntare la mina. Scrivere mi farà bene, mi terrà calmo. Devo stare calmo. Mio cugino tornava subito in città e andava ad avvertire i miei. Andrà a parlare anche con S., ma non dirà a nessuno dove sono. Meglio non correre rischi, a qualcuno potrebbe sfuggire qualcosa, magari parlando al telefono, che forse sarà già controllato. Meno persone sanno dove sono e meglio è. Ora devo solo stare calmo. Non daranno retta al delirio di una povera pazza. La verità verrà fuori. Troveranno quel maniaco.

Altrimenti metterò in pratica quello che mio padre mi va ripetendo da una vita: "Se un giorno, tu dovessi mai comparire davanti ad un giudice, spiegagli prima di tutto da che famiglia provieni…da parte di tua madre, naturalmente…"
Sta di fatto che i Capita, (niente male come cognome, vero?) sono speciali per ficcarsi in mezzo ai guai. Ma chi l'avrebbe mai detto che le cose sarebbero arrivate a questo punto? Come se non bastasse poi, oggi mi è venuto un gran mal di pancia. Proprio un bel diversivo contare i minuti di tregua tra una fitta e l'altra. O passare il pomeriggio a braghe calate a rimirare le travi decrepite del soffitto. Speriamo che il caro cugino Claudio torni in fretta. Certo che non ha preso proprio nulla dalla famiglia di mamma. Sempre calmo e pacato, di un precisino che mi dà sui nervi, ma stavolta devo proprio ringraziarlo. Se non fosse stato per lui, mi avrebbero arrestato ancora inebetito sul posto del fattaccio. E dire che la canna che mi ero fatto non era per niente forte. Ma andare ad inciampare nel corpo di una donna, senza sapere che è un cadavere non è cosa di tutti i giorni. E soprattutto una sfiga pesissima. Lo so, avrei dovuto darmela subito a gambe, ma ero talmente stonato da non riuscire a rendermi conto se fosse giorno o notte fonda. Perciò mi sono chinato per chiederle se stava male, ma proprio in quel momento una pazza cretina si è affacciata alla finestra ed ha incominciato a gridare come un'ossessa. Sblaterava assurdità come: -
"L'hai uccisa, porco maledetto. Ti ho beccato! Sei tu l'assassino delle ragazze. Maledetto, dovrebbero impiccarti e poi lasciarti penzolare a testa in giù. Guarda stronzo, sto parlando con la Polizia!". Un delirio. Da quando qualcuno passa il tempo a scannare le ragazze, in città sono tutti giù di testa. Ad ogni modo ho buttato l'occhio e ho visto che la pazza era proprio in diretta perchè stringeva il cellulare in mano. Poi si è aperto il portone accanto ed è scattato il flash di una Polaroid. Il lampo mi ha dato uno scossone. Mi sono scapicollato dall'altra parte del marciapiede nel tentativo di afferrare la macchina in mano al tizio, ma lui ha girato i tacchi e mi ha sbattuto il portone sulla faccia. O meglio sulla mano. E' stato proprio allora che devo essermi fratturato il dito. Un dolore lancinante. E sempre lo stesso dito che avevo fratturato di proposito anni fa per rimediare un congedo dal militare. Ho capito che mi avevano fottuto, almeno temporaneamente. Spero che la foto non sia venuta bene. Magari ero un po' troppo lontano, o forse mezzo voltato, chi lo sa…. Comunque, ho fatto giusto in tempo a tirare su il bavero della giacchetta e poi, per fortuna è arrivato Claudio che mi ha trascinato via di gran carriera. Abbiamo raggiunto la macchina in due secondi. Sembrava incazzato nero, tanto che non mi ha neanche chiesto cosa fosse successo.
"Prima di tutto tagliamo la corda" -
mi ha detto mentre mi allungava un fazzoletto per fasciarmi il dito.
"Cristo. Dovevamo solo prendere le tue stupide sigarette e poi cenare a casa mia. Ti lascio giusto il tempo per trovare parcheggio e tu ti ficchi in un ennesimo casino..."
Per un pezzo ha guidato senza parlare. Poi ha accostato la macchina sul ciglio della strada e mi ha fatto un sacco di domande. Siamo stati in silenzio per un bel po', tanto che stavo per tirare fuori una canna già bella e pronta che mi tirasse un po' su, ma poi l'ho guardato in faccia ed ho pensato che non era proprio il caso. Claudio non sopporta nessun tipo di fumo, sigaretta o altro che sia e dice che prima o poi queste sostanze dannose finiranno con lo svaporarmi quel po' di cervello che mi è rimasto. Che volete farci, ognuno ha le sue paranoie. Per fortuna sono uno che non si abbatte facilmente. E poi ormai non mi faccio impressionare più di tanto dal tono grave che usa ogni volta che sulla famiglia si abbatte una delle solite catastrofi. Così in quel suo solito tono lugubre di circostanza mi ha detto - "Ci ho pensato bene. Passiamo prima da me a prendere due o tre cose, poi ti porto nel torrino di campagna. Mi rivolgerò all'avvocato di famiglia. Lui ci consiglierà sul da farsi. Potremmo andare spontaneamente dalla Polizia, ma non mi fido. Non si sa mai. E poi si accorgerebbero subito che sei fatto duro. Datti una calmata, sistemo le cose con l'avvocato e i tuoi e torno a prenderti".
Naturalmente anche a me è sembrata la cosa migliore da fare. Sono sicuro che Claudio sistemerà ogni cosa. E' ovvio che non l'ho uccisa io. E' ridicolo solo pensarlo. Non sono proprio in grado di fare certe cose. Ci vuole talento anche per fare il serial killer, ed io come tutti sanno, di talento non ne ho. E' che mi capitano le cose più assurde. Sarà la maledizione del cognome che metà della famiglia si porta dietro.
Basta. Non ho più sigarette né altro da cui si possa fare un tiro.
Fuori c'è di nuovo buio pesto e ho finito anche quasi tutto il formaggio. Lo so, quando sono nervoso mangio tutto quello che mi capita sottomano, ma in questo caso devo controllarmi. Non devo fare come con le sigarette. Non posso mangiare tutto ora e rimanere a pancia vuota per non so ancora quanto tempo. Certo mi resta sempre l'acqua, ma sai che allegria, c'è di che farsi crescere le rane nello stomaco. Mi sono rotto le palle pure di scrivere. Un sorso e poi ci dormo sopra.

Stanotte dovevo proprio essere stravolto perché non ricordo neanche di essermi sdraiato. Ho fatto fuori una candela intera, la cera si è attaccata al pavimento e a momenti prendeva fuoco pure la coperta. Ma mi è andata bene, ed è di nuovo mattina, adesso. Poco fa mi è sembrato di sentire un miagolio tra i rottami in fondo alla scala. E' un gatto grigio, magro e spelacchiato che non fa certo paura ai topi che ci sono qui, che sono grandi quasi quanto lui. Mi farà compagnia, ma dovrò dividere con lui un po' di roba da mangiare. Se non voglio che sparisca in due e due quattro.
Devo dire che contrariamente a ieri oggi sono calmo e tranquillo. Se non suonasse così assurdo, direi che sono quasi rilassato. Ho le palpebre pesantissime e credo di avere un alito che ammazzerebbe chiunque mi si avvicinasse nel giro di due metri. Purtroppo, nella fretta di raccattare armi e bagagli, non ho pensato ad arraffare anche dentifricio e spazzolino. E sì, nell'albergo a cinque stelle in cui soggiorno, i servizi sono piuttosto scadenti. Pazienza, prima o poi smaltirò i postumi del fattaccio e la tensione degli ultimi fottuti giorni. Visto che c'è un po' luce, ho esaminato altri rottami nella speranza di raccattare qualcosa di interessante, ma niente da fare. Mio cugino dice che nessuno viene più qui da tanto tempo, ma io dico che si sbaglia. Certo che chiunque sia, è uno che se ne infischia della raccolta differenziata. Ci sono mucchi di scatolette di tonno vuote, cartacce unte e bottiglie di birra. Quanto ai rifiuti organici, ci sono quintali di bucce di frutta ammuffite che emanano un certo odorino ... Beh, basta starci alla larga.
Ho notato che nonostante il poco movimento e la preoccupazione, il mio appetito non è affatto in calo. Devo riuscire a non pensarci. Ora sì che mi tornerebbe utile il corso di yoga a cui "S" mi ha iscritto con ben poco successo. Per ora non mi rimane altra scelta che coccolare il gatto o continuare a scrivere. Vabbè, sarò il Silvio Pellico della situazione. Per fortuna il dito rotto è nella mano sinistra e soprattutto fortuna che non sono il Maroncelli a cui hanno dovuto amputare la gamba senza anestesia. Ma è una gara persa in partenza. Se mi annoio mangio, se non fumo, mangio e così, nonostante i buoni propositi, sono sicuro che finirò per intaccare presto anche il salame. Il pane però, no. Il cuginetto perfettino non l'ha ficcato in una busta di plastica perché aveva troppa fretta. Ho provato ad addentarlo, ma è proprio vero, non lo fanno più come una volta. E' già secco e duro come marmo, ma tant'è.
E poi non voglio incominciare la giornata con le solite banalità tipo "il senno di poi" o "se avessi fatto questo invece che quello". O "se non fossi passato di lì…". Oppure, "ma perché cazzo siamo andati in quel posto proprio a quell'ora" ecc. ecc.
Intanto è già pomeriggio e di mio cugino neanche l'ombra. Il furbastro non ha voluto lasciarmi neanche il cellulare perché ha detto che con quello mi possono rintracciare in un momento. I contadini saranno tutti in sciopero perché non si sente anima viva. Ergo, posso solo badare al gatto, oppure ascoltare lo squittio dei topi ed il fruscio del vento tra gli alberi. E dire che non ho mai potuto soffrire la campagna …
Non avendo niente di più urgente da fare, ho deciso di pensare, finalmente con un po' di calma alla storia che ho con "S". Che poi si chiama Sandra. E' una gran romanticona. Ci siamo conosciuti in libreria mentre io sfogliavo "Q", di un certo autore dal nome incasinato. Figuriamoci se mi metto a leggere una pizza da intellettuali come quella, ma lei ha creduto che fossi interessato. Così, quando le ho chiesto come si chiamava, lei mi ha detto "S". Lì per lì non ho capito, ma poi ripensandoci, mentre lei mi bombardava di chiacchiere, ci sono arrivato. Mi scappava da ridere, ma lei mi ha guardato seria ed io ho capito di aver fatto centro. Dopo due ore eravamo a letto da me, a brindare per l'incontro. Certo è proprio una gran bella gnocca, anche se fa tanti discorsi che mi annoiano un bel po'.
Meno male che ogni tanto tiro il fiato facendomi una canna. Allora mi sembra perfino che parli un po' di meno.
"Non puoi certo lamentarti" - mi ha ribadito subito lei. "Per te, ho smollato su due piedi il mio nuovo fidanzato". Come se glielo avessi chiesto io!
Certo che sa fare l'amore benissimo.
"Come un angelo" - dice lei.
"Da quando in qua gli angeli fanno l'amore?"- dico io.
Comunque Claudio sistemerà le cose anche con lei. Chissà cosa le passa per la testa, se la notizia è stata data in televisione. Si, perché ormai dovrebbero essere già arrivati al mio nome, ma soprattutto al mio cognome. Capita-Perotti.
Già. Un cognome sfigato per una famiglia sfigata. Tutto è cominciato quando lo zio bancario (il padre di Claudio) è scappato in Libano con la cassa. Se ne è strafregato ed ha piantato moglie e figlio in compagnia di una montagna di debiti. L'aveva detto, quando ha avuto il coccolone, che prima di schiattare voleva sollazzarsi con le più belle ballerine nei nightclub di Beirut. Mio padre non l'ha mai potuto soffrire e, come dice lui, sarà anche un gran stronzo. Però non si può certo dire che non sappia cosa vuole dalla vita. Mamma dice sempre che assomiglio tanto al suo fratello "disgraziato". Poi sospira con gli occhi rivolti al cielo. Per fortuna, a consolare tutti c'è Claudio che incarna la discendenza "sana" della famiglia. Poveretto, ha dovuto piantare lì Medicina, e si è ridotto a fare il tecnico di laboratorio perché deve pagare i debiti del padre. Un vero smacco per lui che sognava di diventare un grande chirurgo. Ma la vita è quello che è, non vale la pena di fare tanti sforzi. A questa convinzione io sono arrivato tanto tempo fa. E' meglio arraffare tutto quello che ti capita finchè sei in tempo, perché di quello ce n'è proprio poco.
Appunto. Perdere tempo in questo schifo di buco con tutto quello che c'è da fare in giro, mi fa incazzare. Ho deciso che se il cugino non sarà qui entro domani mattina incomincerò a fare un po' di casino nella speranza che qualcuno possa sentirmi. Meglio rischiare la galera che rimanere qui solo a morire. Oppure potrei dare fuoco alla porta del torrino e scappare una volta che sarà ridotta in cenere… Ma per ora resto buono e tranquillo e aspetto e prego che a Claudio non sia successo nulla. Chissà, con la sfiga che mi contraddistingue potrebbe aver avuto un incidente mentre tornava in città. Essere morto, oppure in coma. E nessuno che sa dove sono. Nel frattempo, potrei morire di fame, perciò è meglio che di salame ne rimanga. Gliene darò solo un morsettino più tardi, tanto per cambiare sapore in bocca.
Anche il gatto è assatanato e non sposta l'occhio dal cartoccio, ma non mi farò commuovere più di tanto. Ci manca solo che debba litigarmi le cibarie con la bestiaccia!
Gli darò il pane, e se ha veramente fame mangerà pure quello. Io invece lo mangerò solo se costretto, ho paura di lasciarci i denti. Le ragazze dicono che ho un sorriso bellissimo. E che con una bocca così posso chiedere tutto quello che voglio. Per forza. I miei hanno speso un patrimonio dal dentista, e ultimamente ho fatto anche un trattamento per schiarirli. E poi devo proprio essere fuori di testa per ridurmi a scrivere stronzate come questa su 'sta specie di diario. Ma scrivere non mi fa pensare a cose strane. Perché incomincio ad avere dei pensieri non troppo belli, anzi.
Mi viene anche il sospetto che mio cugino potrebbe volersi divertire a farmi spaventare un po' in qualche suo modo contorto. Certo, di ragioni ne avrebbe a bizzeffe. Gliene ho combinate proprio delle belle, ultimamente. L'ultima poi supera di gran lunga tutte le altre. Già, perché ho scoperto troppo tardi che "S" era la sua nuova fiamma, ma io giuro che io non lo sapevo e non l'ho fatto con cattiveria. E poi, alla fin fine sono sicuro che io e Claudio ci vogliamo lo stesso molto bene. Siamo cresciuti praticamente insieme… Perciò basta!
Ho deciso di pensare positivo. Proverò a salire al piano superiore. Nel caso che qualcuno si avvicini potrò vederlo dalla finestra. Certo che ricorderò sempre questi giorni. Maledetto 20 luglio, del maledettissimo 2001, su per la scala diroccata.
Giuro che poco poco che la scampo, metterò la testa a posto …

Il Corriere dell'Emilia
Giovedì 25 luglio 2002
Nuova svolta nelle indagini sulla scomparsa del giovane Fabrizio Capita-Perotti.
Torna alla ribalta della cronaca la vicenda della famiglia Capita-Perotti che non sa più nulla del figlio Fabrizio dal luglio del 2001, quando è scomparso all'improvviso, dopo essersi casualmente imbattuto nel cadavere di una delle vittime dell'assassino seriale che ha sconvolto la città per lungo tempo.
Il ragazzo era stato sorpreso, mentre era chino sul cadavere di una delle vittime del serial killer arrestato recentemente, dall' inquilina di un appartamento vicino ed era fuggito precipitosamente in compagnia di un altro giovane la cui identità è ancora sconosciuta, perchè forse temeva di rimanere coinvolto negli omicidi.
Nessun membro della famiglia è stato in grado di fornire una spiegazione logica alla fuga del giovane, che aveva un passato piuttosto movimentato, ma che non si differenzia molto da quello di tanti altri coetanei. Qualche guaio per droga, limitata però a possesso di hashish e marijuana. I familiari hanno tassativamente escluso che facesse uso di sostanze stupefacenti più pesanti, ma gli inquirenti non escludono tuttavia che il giovane possa essere passato a sostanze più pericolose all'insaputa della famiglia. Il cugino, Claudio Capita, che aveva appuntamento con il ragazzo la sera stessa della scomparsa, ha dichiarato che non esistevano i presupposti per una fuga così misteriosa e soprattutto così protratta, soprattutto dopo che il vero serial killer è stato arrestato.
Giovedì 19 giugno scorso, nella torretta diroccata di proprietà della famiglia Capita e di recente acquistata da un imprenditore inglese, è stato ritrovato un cadavere in avanzatissimo stato di mummificazione. L' edificio, abbandonato da tempo, era diventato un rifugio di tossicodipendenti.
Per questo motivo l'attuale proprietario ha fatto murare porte e finestre in attesa di effettuare restauri più consistenti. Proprio durante questi lavori gli operai hanno scoperto in un angolo del primo piano il corpo senza vita di un uomo che giaceva sotto ad un cumulo di calcinacci. Accanto al cadavere dell' uomo è stato rinvenuto anche quello di un gatto, e un giubbotto tipo "bomber", nella cui tasca è stato rinvenuto un mazzo di chiavi risultato essere del Perotti. Il cadavere è stato a lungo esaminato dal dottor Mariani dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Bologna. A causa delle sue pessime condizioni, non è stato possibile effettuare l'autopsia. Dall'ispezione sommaria non sono risultate tracce evidenti di violenza, né altri segni particolari utili all'identificazione. Il decesso risalirebbe a diversi mesi fa. Tra le cause possibili, oltre a quelle piuttosto improbabili di morte naturale, un'overdose o un suicidio con farmaci. Le chiavi non sono sufficienti a determinare il riconoscimento, dal momento che potevano essere lì per diversi motivi plausibili. E infatti la famiglia Capita-Perotti non è stata l' unica convocata dagli inquirenti. Esami più approfonditi secondo le più moderne tecniche di indagine verranno effettuati nelle prossime settimane.

Caro Claudio,
è molto che non mi faccio vivo e so bene di aver deluso le tue aspettative, ma nella vita non tutto va a finire come uno desidera. Proprio in questi giorni ho letto non so dove, una frase che ti si adatta perfettamente. Mi ha intrigato moltissimo, e non ho potuto resistere alla tentazione di fartene partecipe:
"Non si vive con pienezza se non si è pronti all'omicidio o al suicidio".
Sorpreso? Temo che pur vivendo con gran pienezza, tu non abbia potuto fare a meno di pensarmi molto spesso.
Non credi che a volte le giornate diventino interminabili? A me è successa la stessa cosa quando ero chiuso nel torrino. Immagino che tu mi stia ancora cercando, e io nel frattempo non sono rimasto con le mani in mano. Grazie a Dio, anzi grazie ad Efisio, non siedo alla destra del Padre, ma sotto un'ombrosa palma in un' incantevole spiaggia di un paese Sudamericano. Credo sia meglio che tu non sappia esattamente quale, non sia mai che ti venga in mente di cercarmi. Già, perché credo di essere un bel sos"peso" per te, che sei abituato a portare sempre a termine le cose, ma sta' tranquillo, non ho nessuna voglia di tornare.
Che si dice in questi casi? Confido nel tuo silenzio, soprattutto con i miei, che si saranno rassegnati presto alla mia assenza. Tanto, il figlio che desideravano sei sempre stato tu. In tutto questo tempo ho pensato molto ad alcuni dettagli che mi hanno sempre incuriosito.
Non ti farò la domanda più banale. In laboratorio non avevi che l'imbarazzo della scelta, ma:
L'idea della stricnina o quel che hai messo nel salame, ti è venuta quella sera stessa?
Oppure l'avevi progettato da tempo e non avevi mai trovato la buona occasione?
Ed in caso, come pensavi di sbarazzarti di me? Volevi tagliarmi a pezzi e conservarmi in frigorifero? Certo che il pasticcio in cui mi sono cacciato quella sera ti sarà sembrato un vero colpo di fortuna.
Quale migliore occasione per togliermi di torno e per poterti finalmente prendere la tua rivincita? A cominciare da Sandra che immagino sia tornata a piangere sulla tua spalla, almeno per un po'. A proposito, sai cosa diceva Voltaire ?
"La peggiore punizione per l'amante di tua moglie è…lasciargliela".
Ma tu naturalmente hai sempre pensato di essere più furbo degli altri…
Ora ho cambiato completamente rotta grazie alla mia nuova fidanzata dal passato zapatista. Non ha tempo di leggere "Q" anche se vorrebbe, ma mi ha fatto capire che non si può sprecare il tempo a stonarsi tutto il giorno per "non vedere". E che si può lottare per far vivere meglio te stesso e tanti altri.
Superare le paure.
Come quella del vuoto che abbiamo sempre avuto noi due fin da ragazzi.
Beh sai, io ho superato anche quella, e proprio nelle ultime ore che ho passato dentro al torrino! Mi sono arrampicato dove tu non hai mai osato arrampicarti: su per la vecchia scala diroccata che portava al primo piano. E sono inciampato su una bella valigetta compatta. Che era tenuta stretta da una mano. E la mano era di un corpo rinsecchito, ma io l'ho riconosciuto subito. Grazie al Rolex che aveva al polso e che ora porto io. Era tuo padre, lo zio Tonino. Credo che non sia riuscito ad andare via come voleva. Chissà perché ha sempre sognato Beirut poi… Deve essersi rifugiato lì in attesa che si calmassero le acque per poi prendere un aereo. Invece di farsi mettere il by-pass. Naturalmente la valigetta era piena dei soldi della banca e se tu non fossi così stronzo avrei pure fatto a metà. L'ho seppellito sotto un cumulo di calcinacci. A me lo zio Tonino è sempre stato simpatico e non avrei mai potuto lasciarlo lì così.
E poi più tardi è toccato anche ad Efisio, che nel frattempo mi aveva fregato il cartoccio.
Ormai dovresti esserci arrivato.
Ho chiamato così il gatto.
Che ha mangiato il salame prima che lo mangiassi io, povera bestia.
Gli ho tributato la mia riconoscenza, mentre la stima che provavo per te si riduceva ai minimi termini. Non ti svelerò come ho fatto ad uscire dal torrino, credo che anche tuo padre conoscesse il passaggio da molto tempo. Ora tocca a te indovinare... Se solo tu avessi guardato meglio, in tutti gli anni che è stato tuo…A proposito, quasi dimenticavo. C'erano della carta e una matita tra i rottami, ed io ho ne ho approfittato per scrivere un bel diario alla Silvio Pellico, proprio come ci hanno raccontato a scuola. Che ne dici? Preferisci pensare che me lo sia portato dietro per poter raccontare un giorno la mia storia ai nipotini, o che l'abbia nascosto da qualche parte nel torrino, in attesa di un avido lettore?
Adoro le domande a cui puoi dare più di una risposta. Sono le più stimolanti, perché puoi scegliere quella che preferisci.
Hasta siempre.
Il tuo affezionatissimo.
F.

Natale 2004 - © Patrizia Pastore


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