I gialli
sono sempre stati la mia passione. Li compravo usati, dal "Vecchietto".
Tutti i sabato pomeriggio, con mia madre, percorrevo a piedi Avenue
Hailè Sellassiè, dove alla fine del viale, sulla strada
che porta a Massaua, l'anziano Cavaliere aveva aperto la sua piccola
rivendita di libri.
Era solo un bugigattolo, la vetrina polverosa che si vedeva appena,
ma una volta dentro era come viaggiare in prima classe su una nave
da crociera che ti portava intorno al mondo. Salgari non mi appassionava
più di tanto. Noi ragazzi, che eravamo nati lì, avevamo
già a portata di mano la nostra Mompracem, nella natura maestosa
e primordiale lungo le irte discese dell'Acrocoro o nelle terre
desolate e puntellate di acacie del bassopiano. Era fin troppo facile,
per noi, immaginare di essere Janez o Sandokan sul ponte di uno
di quei sambuchi di pescatori di perle che si spingevano al largo,
oltre Sheik Said, verso le grandi isole madreporiche dell'arcipelago.
Invece, fin da bambina, ero riuscita a mettere insieme tutti i libri
della Biblioteca dei Miei Ragazzi [*]. Erano i miei
preferiti perché erano quasi tutti ambientati in Italia,
il nostro paese così lontano e davvero esotico per me, perché
lo scoprivo, attraverso di essi, così diverso.
Ne conservo ancora qualcuno, di quei libri, avendoli infilati di
soppiatto nel baule il giorno che partimmo per trasferirci in Italia
all'inizio degli anni '70. Hanno la copertina di cartone rigido,
illustrata con bellissimi disegni stile anni '20 e, all'interno,
piccole figure con brevi didascalie. Accattivanti com' erano, avevo
altra scelta se non appassionarmi al mistero de "La lettera
rossa", o alle angosciose tribolazioni de "L'erede di
Ferralba"? Li avevo letti e riletti tutti, infinite volte,
nel corso dei lunghi pomeriggi assolati, passati a sognare ad occhi
aperti. Mentre addentavo, molto più prosaicamente, una succulenta
papaia o maturi beles accuratamente sbucciati dall'adorata Letè
Luul.
Più tardi, ormai ragazza, allargavo i miei orizzonti da Pratolini
a Stendhal, ai grandi romanzieri russi che narravano di guerra e
di morte, ma anche di amore e molto altro ancora.
C'era però un angolo in fondo al bugigattolo, dove non avevo
mai sostato più di tanto, ma che incominciava a incuriosirmi.
Dietro i libri ben rilegati e più costosi, occhieggiavano
in grandi mucchi sparsi i Gialli Mondadori. Il primo che presi in
mano e che lessi, lo ricordo ancora, era del grande Cornell Woolrich.
Quanta letteratura, gialla e non, riesce ad appassionare il lettore
come il suo "Ho sposato un'ombra" o "Vertigine senza
fine"? Come non appassionarsi ad una storia nera e disperata,
dove fin dall'inizio, si sa che tutto è già perduto?
I Gialli. Li ammucchiavo ai piedi della scrivania, leggendone a
decine. Di tutti i generi. Ambientati nel passato, negli anni quaranta
o nel presente, non dovevo più immaginare lontani mondi sconosciuti,
perché il mondo vero scorreva proprio lì, sotto i
miei occhi, nelle pagine che leggevo avidamente. Già, perché
il romanzo poliziesco, più di ogni altro genere letterario
riflette la realtà disperata, feroce e cruda dei tempi passati
e di questo presente altrettanto difficile e affatto diverso. Si
dice che la realtà supera ogni immaginazione. Beh, è
un dato di fatto che l'immaginazione dello scrittore di gialli rimanga
ben aderente al vissuto quotidiano, tragico o normale che sia. Basta
aprire un giornale, per rendersene conto.
Per questo, credo che la letteratura "gialla" abbia incontrato
e incontri, adesso più che mai, un grande successo. A partire
dagli anni '90, molti autori italiani hanno scritto romanzi polizieschi.
I precedenti erano illustri, basti pensare a Gadda con il suo "Quer
pasticciaccio brutto de via Merulana" o Scerbanenco che ambientava
i suoi romanzi nella Milano fine anni '60. Nello scenario attuale
spiccano autori "classici" come Macchiavelli, con il suo
Ispettore Sarti, Camilleri con l'arcinoto Montalbano, ma anche scrittori
più giovani che si sono imposti all'attenzione dei lettori
mediante il loro impegno "civile" e di denuncia come Carlo
Lucarelli che ha condotto varie trasmissioni sui "Misteri d'Italia"
e che sta per pubblicare per la Casa Editrice Einaudi un romanzo
ambientato nell'Eritrea di fine '800. Alla realizzazione di questo
sogno ho contribuito anch'io svolgendo buona parte della ricerca
storica e archivistica. Non posso negare che questa sia stata la
parte che più mi ha coinvolto e nel contempo affascinata.
Poi, ho provato anch'io a scrivere un racconto. Partecipando ad
un concorso nazionale. Sono arrivata in finale, ma non ho vinto.
Magari, se ci sarà una prossima volta, lo ambienterò
in Eritrea, in quei nostri indimenticabili anni, chissà
Intanto, il Chichingiolo, generoso come sempre, mi ha proposto di
pubblicarlo. Non me ne vogliate
ho deciso di accettare.
Patrizia
Pastore
[*]
Invitiamo i nostri cortesi lettori a visitare il sito www.bibliotecadeimieiragazzi.it,
amorevolmente curato da una Asmarina e dedicato con altrettanto
amore alla famosa Collana di libri per ragazzi della Salani che
ha ammaliato Patrizia e Lilly nonché innumerevoli altri lettrici
e lettori.
il C.
* * *
[Nota
al testo - L'incipit del racconto, in corsivo, è stato scritto
da Marco Vichi, giallista e autore di numerose pubblicazioni.]
Il diarista
Penso di avere un dito spezzato, il mignolo
della sinistra. E' gonfio e nero. Le altre dita sono indolenzite,
ma stanno bene. Siamo arrivati durante la notte, io e mio cugino.
Abbiamo viaggiato per quasi due ore, e non so quanto tempo dovrò
stare chiuso qua dentro. Di certo non più di tre o quattro
giorni. Ho un bel po' di pane, salame affumicato, formaggio e cinque
bottiglie d'acqua. Per qualche giorno dovrebbero bastarmi. Ho anche
una coperta di lana spessa. Mio cugino ha pensato proprio a tutto.
Poteva permettersi di essere più lucido di me, questo è
sicuro. Quando è andato via da qui ha voluto chiudere la
porta dall'esterno, serrature, sbarre, lucchetti, ha rimesso tutto
come prima, perché i contadini che lavorano qua intorno non
s'insospettiscano vedendo qualcosa di diverso. Non ha lasciato nulla
al caso, come sempre. Questo torrino è suo. E' sempre chiuso,
non lo usa più nessuno, è ridotto male ed è
anche troppo lontano dalla fattoria, ma i contadini ogni tanto ci
passano accanto e se ci fosse qualcosa di diverso se ne potrebbero
accorgere. Finalmente sta uscendo il sole, vedo filtrare un po'
di luce dalle feritoie e dalle fessure della porta. Questa notte
è stata lunghissima, non finiva mai. Meno male che mio cugino
ha pensato di portare anche delle candele. Senza luce qua dentro
è come essere ciechi. Di notte una candela sola serve a poco,
ma non posso accenderne troppe, rischio di consumarle tutte in poco
tempo. Camminando in questo buio ho rischiato diverse volte di farmi
male. Non conosco questo posto, è pieno di rottami dappertutto,
è umido e si scivola. Per fortuna dentro un barattolo ho
trovato dei fogli ingialliti e un mozzicone di matita. Ho anche
un coltello per appuntare la mina. Scrivere mi farà bene,
mi terrà calmo. Devo stare calmo. Mio cugino tornava subito
in città e andava ad avvertire i miei. Andrà a parlare
anche con S., ma non dirà a nessuno dove sono. Meglio non
correre rischi, a qualcuno potrebbe sfuggire qualcosa, magari parlando
al telefono, che forse sarà già controllato. Meno
persone sanno dove sono e meglio è. Ora devo solo stare calmo.
Non daranno retta al delirio di una povera pazza. La verità
verrà fuori. Troveranno quel maniaco.
Altrimenti
metterò in pratica quello che mio padre mi va ripetendo da
una vita: "Se un giorno, tu dovessi mai comparire davanti ad
un giudice, spiegagli prima di tutto da che famiglia provieni
da
parte di tua madre, naturalmente
"
Sta di fatto che i Capita, (niente male come cognome, vero?) sono
speciali per ficcarsi in mezzo ai guai. Ma chi l'avrebbe mai detto
che le cose sarebbero arrivate a questo punto? Come se non bastasse
poi, oggi mi è venuto un gran mal di pancia. Proprio un bel
diversivo contare i minuti di tregua tra una fitta e l'altra. O
passare il pomeriggio a braghe calate a rimirare le travi decrepite
del soffitto. Speriamo che il caro cugino Claudio torni in fretta.
Certo che non ha preso proprio nulla dalla famiglia di mamma. Sempre
calmo e pacato, di un precisino che mi dà sui nervi, ma stavolta
devo proprio ringraziarlo. Se non fosse stato per lui, mi avrebbero
arrestato ancora inebetito sul posto del fattaccio. E dire che la
canna che mi ero fatto non era per niente forte. Ma andare ad inciampare
nel corpo di una donna, senza sapere che è un cadavere non
è cosa di tutti i giorni. E soprattutto una sfiga pesissima.
Lo so, avrei dovuto darmela subito a gambe, ma ero talmente stonato
da non riuscire a rendermi conto se fosse giorno o notte fonda.
Perciò mi sono chinato per chiederle se stava male, ma proprio
in quel momento una pazza cretina si è affacciata alla finestra
ed ha incominciato a gridare come un'ossessa. Sblaterava assurdità
come: -
"L'hai uccisa, porco maledetto. Ti ho beccato! Sei tu l'assassino
delle ragazze. Maledetto, dovrebbero impiccarti e poi lasciarti
penzolare a testa in giù. Guarda stronzo, sto parlando con
la Polizia!". Un delirio. Da quando qualcuno passa il tempo
a scannare le ragazze, in città sono tutti giù di
testa. Ad ogni modo ho buttato l'occhio e ho visto che la pazza
era proprio in diretta perchè stringeva il cellulare in mano.
Poi si è aperto il portone accanto ed è scattato il
flash di una Polaroid. Il lampo mi ha dato uno scossone. Mi sono
scapicollato dall'altra parte del marciapiede nel tentativo di afferrare
la macchina in mano al tizio, ma lui ha girato i tacchi e mi ha
sbattuto il portone sulla faccia. O meglio sulla mano. E' stato
proprio allora che devo essermi fratturato il dito. Un dolore lancinante.
E sempre lo stesso dito che avevo fratturato di proposito anni fa
per rimediare un congedo dal militare. Ho capito che mi avevano
fottuto, almeno temporaneamente. Spero che la foto non sia venuta
bene. Magari ero un po' troppo lontano, o forse mezzo voltato, chi
lo sa
. Comunque, ho fatto giusto in tempo a tirare su il bavero
della giacchetta e poi, per fortuna è arrivato Claudio che
mi ha trascinato via di gran carriera. Abbiamo raggiunto la macchina
in due secondi. Sembrava incazzato nero, tanto che non mi ha neanche
chiesto cosa fosse successo.
"Prima di tutto tagliamo la corda" -
mi ha detto mentre mi allungava un fazzoletto per fasciarmi il dito.
"Cristo. Dovevamo solo prendere le tue stupide sigarette e
poi cenare a casa mia. Ti lascio giusto il tempo per trovare parcheggio
e tu ti ficchi in un ennesimo casino..."
Per un pezzo ha guidato senza parlare. Poi ha accostato la macchina
sul ciglio della strada e mi ha fatto un sacco di domande. Siamo
stati in silenzio per un bel po', tanto che stavo per tirare fuori
una canna già bella e pronta che mi tirasse un po' su, ma
poi l'ho guardato in faccia ed ho pensato che non era proprio il
caso. Claudio non sopporta nessun tipo di fumo, sigaretta o altro
che sia e dice che prima o poi queste sostanze dannose finiranno
con lo svaporarmi quel po' di cervello che mi è rimasto.
Che volete farci, ognuno ha le sue paranoie. Per fortuna sono uno
che non si abbatte facilmente. E poi ormai non mi faccio impressionare
più di tanto dal tono grave che usa ogni volta che sulla
famiglia si abbatte una delle solite catastrofi. Così in
quel suo solito tono lugubre di circostanza mi ha detto - "Ci
ho pensato bene. Passiamo prima da me a prendere due o tre cose,
poi ti porto nel torrino di campagna. Mi rivolgerò all'avvocato
di famiglia. Lui ci consiglierà sul da farsi. Potremmo andare
spontaneamente dalla Polizia, ma non mi fido. Non si sa mai. E poi
si accorgerebbero subito che sei fatto duro. Datti una calmata,
sistemo le cose con l'avvocato e i tuoi e torno a prenderti".
Naturalmente anche a me è sembrata la cosa migliore da fare.
Sono sicuro che Claudio sistemerà ogni cosa. E' ovvio che
non l'ho uccisa io. E' ridicolo solo pensarlo. Non sono proprio
in grado di fare certe cose. Ci vuole talento anche per fare il
serial killer, ed io come tutti sanno, di talento non ne ho. E'
che mi capitano le cose più assurde. Sarà la maledizione
del cognome che metà della famiglia si porta dietro.
Basta. Non ho più sigarette né altro da cui si possa
fare un tiro.
Fuori c'è di nuovo buio pesto e ho finito anche quasi tutto
il formaggio. Lo so, quando sono nervoso mangio tutto quello che
mi capita sottomano, ma in questo caso devo controllarmi. Non devo
fare come con le sigarette. Non posso mangiare tutto ora e rimanere
a pancia vuota per non so ancora quanto tempo. Certo mi resta sempre
l'acqua, ma sai che allegria, c'è di che farsi crescere le
rane nello stomaco. Mi sono rotto le palle pure di scrivere. Un
sorso e poi ci dormo sopra.
Stanotte
dovevo proprio essere stravolto perché non ricordo neanche
di essermi sdraiato. Ho fatto fuori una candela intera, la cera
si è attaccata al pavimento e a momenti prendeva fuoco pure
la coperta. Ma mi è andata bene, ed è di nuovo mattina,
adesso. Poco fa mi è sembrato di sentire un miagolio tra
i rottami in fondo alla scala. E' un gatto grigio, magro e spelacchiato
che non fa certo paura ai topi che ci sono qui, che sono grandi
quasi quanto lui. Mi farà compagnia, ma dovrò dividere
con lui un po' di roba da mangiare. Se non voglio che sparisca in
due e due quattro.
Devo dire che contrariamente a ieri oggi sono calmo e tranquillo.
Se non suonasse così assurdo, direi che sono quasi rilassato.
Ho le palpebre pesantissime e credo di avere un alito che ammazzerebbe
chiunque mi si avvicinasse nel giro di due metri. Purtroppo, nella
fretta di raccattare armi e bagagli, non ho pensato ad arraffare
anche dentifricio e spazzolino. E sì, nell'albergo a cinque
stelle in cui soggiorno, i servizi sono piuttosto scadenti. Pazienza,
prima o poi smaltirò i postumi del fattaccio e la tensione
degli ultimi fottuti giorni. Visto che c'è un po' luce, ho
esaminato altri rottami nella speranza di raccattare qualcosa di
interessante, ma niente da fare. Mio cugino dice che nessuno viene
più qui da tanto tempo, ma io dico che si sbaglia. Certo
che chiunque sia, è uno che se ne infischia della raccolta
differenziata. Ci sono mucchi di scatolette di tonno vuote, cartacce
unte e bottiglie di birra. Quanto ai rifiuti organici, ci sono quintali
di bucce di frutta ammuffite che emanano un certo odorino ... Beh,
basta starci alla larga.
Ho notato che nonostante il poco movimento e la preoccupazione,
il mio appetito non è affatto in calo. Devo riuscire a non
pensarci. Ora sì che mi tornerebbe utile il corso di yoga
a cui "S" mi ha iscritto con ben poco successo. Per ora
non mi rimane altra scelta che coccolare il gatto o continuare a
scrivere. Vabbè, sarò il Silvio Pellico della situazione.
Per fortuna il dito rotto è nella mano sinistra e soprattutto
fortuna che non sono il Maroncelli a cui hanno dovuto amputare la
gamba senza anestesia. Ma è una gara persa in partenza. Se
mi annoio mangio, se non fumo, mangio e così, nonostante
i buoni propositi, sono sicuro che finirò per intaccare presto
anche il salame. Il pane però, no. Il cuginetto perfettino
non l'ha ficcato in una busta di plastica perché aveva troppa
fretta. Ho provato ad addentarlo, ma è proprio vero, non
lo fanno più come una volta. E' già secco e duro come
marmo, ma tant'è.
E poi non voglio incominciare la giornata con le solite banalità
tipo "il senno di poi" o "se avessi fatto questo
invece che quello". O "se non fossi passato di lì
".
Oppure, "ma perché cazzo siamo andati in quel posto
proprio a quell'ora" ecc. ecc.
Intanto è già pomeriggio e di mio cugino neanche l'ombra.
Il furbastro non ha voluto lasciarmi neanche il cellulare perché
ha detto che con quello mi possono rintracciare in un momento. I
contadini saranno tutti in sciopero perché non si sente anima
viva. Ergo, posso solo badare al gatto, oppure ascoltare lo squittio
dei topi ed il fruscio del vento tra gli alberi. E dire che non
ho mai potuto soffrire la campagna
Non avendo niente di più urgente da fare, ho deciso di pensare,
finalmente con un po' di calma alla storia che ho con "S".
Che poi si chiama Sandra. E' una gran romanticona. Ci siamo conosciuti
in libreria mentre io sfogliavo "Q", di un certo autore
dal nome incasinato. Figuriamoci se mi metto a leggere una pizza
da intellettuali come quella, ma lei ha creduto che fossi interessato.
Così, quando le ho chiesto come si chiamava, lei mi ha detto
"S". Lì per lì non ho capito, ma poi ripensandoci,
mentre lei mi bombardava di chiacchiere, ci sono arrivato. Mi scappava
da ridere, ma lei mi ha guardato seria ed io ho capito di aver fatto
centro. Dopo due ore eravamo a letto da me, a brindare per l'incontro.
Certo è proprio una gran bella gnocca, anche se fa tanti
discorsi che mi annoiano un bel po'.
Meno male che ogni tanto tiro il fiato facendomi una canna. Allora
mi sembra perfino che parli un po' di meno.
"Non puoi certo lamentarti" - mi ha ribadito subito lei.
"Per te, ho smollato su due piedi il mio nuovo fidanzato".
Come se glielo avessi chiesto io!
Certo che sa fare l'amore benissimo.
"Come un angelo" - dice lei.
"Da quando in qua gli angeli fanno l'amore?"- dico io.
Comunque Claudio sistemerà le cose anche con lei. Chissà
cosa le passa per la testa, se la notizia è stata data in
televisione. Si, perché ormai dovrebbero essere già
arrivati al mio nome, ma soprattutto al mio cognome. Capita-Perotti.
Già. Un cognome sfigato per una famiglia sfigata. Tutto è
cominciato quando lo zio bancario (il padre di Claudio) è
scappato in Libano con la cassa. Se ne è strafregato ed ha
piantato moglie e figlio in compagnia di una montagna di debiti.
L'aveva detto, quando ha avuto il coccolone, che prima di schiattare
voleva sollazzarsi con le più belle ballerine nei nightclub
di Beirut. Mio padre non l'ha mai potuto soffrire e, come dice lui,
sarà anche un gran stronzo. Però non si può
certo dire che non sappia cosa vuole dalla vita. Mamma dice sempre
che assomiglio tanto al suo fratello "disgraziato". Poi
sospira con gli occhi rivolti al cielo. Per fortuna, a consolare
tutti c'è Claudio che incarna la discendenza "sana"
della famiglia. Poveretto, ha dovuto piantare lì Medicina,
e si è ridotto a fare il tecnico di laboratorio perché
deve pagare i debiti del padre. Un vero smacco per lui che sognava
di diventare un grande chirurgo. Ma la vita è quello che
è, non vale la pena di fare tanti sforzi. A questa convinzione
io sono arrivato tanto tempo fa. E' meglio arraffare tutto quello
che ti capita finchè sei in tempo, perché di quello
ce n'è proprio poco.
Appunto. Perdere tempo in questo schifo di buco con tutto quello
che c'è da fare in giro, mi fa incazzare. Ho deciso che se
il cugino non sarà qui entro domani mattina incomincerò
a fare un po' di casino nella speranza che qualcuno possa sentirmi.
Meglio rischiare la galera che rimanere qui solo a morire. Oppure
potrei dare fuoco alla porta del torrino e scappare una volta che
sarà ridotta in cenere
Ma per ora resto buono e tranquillo
e aspetto e prego che a Claudio non sia successo nulla. Chissà,
con la sfiga che mi contraddistingue potrebbe aver avuto un incidente
mentre tornava in città. Essere morto, oppure in coma. E
nessuno che sa dove sono. Nel frattempo, potrei morire di fame,
perciò è meglio che di salame ne rimanga. Gliene darò
solo un morsettino più tardi, tanto per cambiare sapore in
bocca.
Anche il gatto è assatanato e non sposta l'occhio dal cartoccio,
ma non mi farò commuovere più di tanto. Ci manca solo
che debba litigarmi le cibarie con la bestiaccia!
Gli darò il pane, e se ha veramente fame mangerà pure
quello. Io invece lo mangerò solo se costretto, ho paura
di lasciarci i denti. Le ragazze dicono che ho un sorriso bellissimo.
E che con una bocca così posso chiedere tutto quello che
voglio. Per forza. I miei hanno speso un patrimonio dal dentista,
e ultimamente ho fatto anche un trattamento per schiarirli. E poi
devo proprio essere fuori di testa per ridurmi a scrivere stronzate
come questa su 'sta specie di diario. Ma scrivere non mi fa pensare
a cose strane. Perché incomincio ad avere dei pensieri non
troppo belli, anzi.
Mi viene anche il sospetto che mio cugino potrebbe volersi divertire
a farmi spaventare un po' in qualche suo modo contorto. Certo, di
ragioni ne avrebbe a bizzeffe. Gliene ho combinate proprio delle
belle, ultimamente. L'ultima poi supera di gran lunga tutte le altre.
Già, perché ho scoperto troppo tardi che "S"
era la sua nuova fiamma, ma io giuro che io non lo sapevo e non
l'ho fatto con cattiveria. E poi, alla fin fine sono sicuro che
io e Claudio ci vogliamo lo stesso molto bene. Siamo cresciuti praticamente
insieme
Perciò basta!
Ho deciso di pensare positivo. Proverò a salire al piano
superiore. Nel caso che qualcuno si avvicini potrò vederlo
dalla finestra. Certo che ricorderò sempre questi giorni.
Maledetto 20 luglio, del maledettissimo 2001, su per la scala diroccata.
Giuro che poco poco che la scampo, metterò la testa a posto
Il
Corriere dell'Emilia
Giovedì 25 luglio 2002
Nuova svolta nelle indagini sulla scomparsa del giovane Fabrizio
Capita-Perotti.
Torna alla ribalta della cronaca la vicenda
della famiglia Capita-Perotti che non sa più nulla del figlio
Fabrizio dal luglio del 2001, quando è scomparso all'improvviso,
dopo essersi casualmente imbattuto nel cadavere di una delle vittime
dell'assassino seriale che ha sconvolto la città per lungo
tempo.
Il ragazzo era stato sorpreso, mentre era chino sul cadavere di
una delle vittime del serial killer arrestato recentemente, dall'
inquilina di un appartamento vicino ed era fuggito precipitosamente
in compagnia di un altro giovane la cui identità è
ancora sconosciuta, perchè forse temeva di rimanere coinvolto
negli omicidi.
Nessun membro della famiglia è stato in grado di fornire
una spiegazione logica alla fuga del giovane, che aveva un passato
piuttosto movimentato, ma che non si differenzia molto da quello
di tanti altri coetanei. Qualche guaio per droga, limitata però
a possesso di hashish e marijuana. I familiari hanno tassativamente
escluso che facesse uso di sostanze stupefacenti più pesanti,
ma gli inquirenti non escludono tuttavia che il giovane possa essere
passato a sostanze più pericolose all'insaputa della famiglia.
Il cugino, Claudio Capita, che aveva appuntamento con il ragazzo
la sera stessa della scomparsa, ha dichiarato che non esistevano
i presupposti per una fuga così misteriosa e soprattutto
così protratta, soprattutto dopo che il vero serial killer
è stato arrestato.
Giovedì 19 giugno scorso, nella torretta diroccata di proprietà
della famiglia Capita e di recente acquistata da un imprenditore
inglese, è stato ritrovato un cadavere in avanzatissimo stato
di mummificazione. L' edificio, abbandonato da tempo, era diventato
un rifugio di tossicodipendenti.
Per questo motivo l'attuale proprietario ha fatto murare porte e
finestre in attesa di effettuare restauri più consistenti.
Proprio durante questi lavori gli operai hanno scoperto in un angolo
del primo piano il corpo senza vita di un uomo che giaceva sotto
ad un cumulo di calcinacci. Accanto al cadavere dell' uomo è
stato rinvenuto anche quello di un gatto, e un giubbotto tipo "bomber",
nella cui tasca è stato rinvenuto un mazzo di chiavi risultato
essere del Perotti. Il cadavere è stato a lungo esaminato
dal dottor Mariani dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università
di Bologna. A causa delle sue pessime condizioni, non è stato
possibile effettuare l'autopsia. Dall'ispezione sommaria non sono
risultate tracce evidenti di violenza, né altri segni particolari
utili all'identificazione. Il decesso risalirebbe a diversi mesi
fa. Tra le cause possibili, oltre a quelle piuttosto improbabili
di morte naturale, un'overdose o un suicidio con farmaci. Le chiavi
non sono sufficienti a determinare il riconoscimento, dal momento
che potevano essere lì per diversi motivi plausibili. E infatti
la famiglia Capita-Perotti non è stata l' unica convocata
dagli inquirenti. Esami più approfonditi secondo le più
moderne tecniche di indagine verranno effettuati nelle prossime
settimane.
Caro
Claudio,
è molto che non mi faccio vivo e so bene di aver deluso le
tue aspettative, ma nella vita non tutto va a finire come uno desidera.
Proprio in questi giorni ho letto non so dove, una frase che ti
si adatta perfettamente. Mi ha intrigato moltissimo, e non ho potuto
resistere alla tentazione di fartene partecipe:
"Non si vive con pienezza se non si è pronti all'omicidio
o al suicidio".
Sorpreso? Temo che pur vivendo con gran pienezza, tu non abbia potuto
fare a meno di pensarmi molto spesso.
Non credi che a volte le giornate diventino interminabili? A me
è successa la stessa cosa quando ero chiuso nel torrino.
Immagino che tu mi stia ancora cercando, e io nel frattempo non
sono rimasto con le mani in mano. Grazie a Dio, anzi grazie ad Efisio,
non siedo alla destra del Padre, ma sotto un'ombrosa palma in un'
incantevole spiaggia di un paese Sudamericano. Credo sia meglio
che tu non sappia esattamente quale, non sia mai che ti venga in
mente di cercarmi. Già, perché credo di essere un
bel sos"peso" per te, che sei abituato a portare sempre
a termine le cose, ma sta' tranquillo, non ho nessuna voglia di
tornare.
Che si dice in questi casi? Confido nel tuo silenzio, soprattutto
con i miei, che si saranno rassegnati presto alla mia assenza. Tanto,
il figlio che desideravano sei sempre stato tu. In tutto questo
tempo ho pensato molto ad alcuni dettagli che mi hanno sempre incuriosito.
Non ti farò la domanda più banale. In laboratorio
non avevi che l'imbarazzo della scelta, ma:
L'idea della stricnina o quel che hai messo nel salame, ti è
venuta quella sera stessa?
Oppure l'avevi progettato da tempo e non avevi mai trovato la buona
occasione?
Ed in caso, come pensavi di sbarazzarti di me? Volevi tagliarmi
a pezzi e conservarmi in frigorifero? Certo che il pasticcio in
cui mi sono cacciato quella sera ti sarà sembrato un vero
colpo di fortuna.
Quale migliore occasione per togliermi di torno e per poterti finalmente
prendere la tua rivincita? A cominciare da Sandra che immagino sia
tornata a piangere sulla tua spalla, almeno per un po'. A proposito,
sai cosa diceva Voltaire ?
"La peggiore punizione per l'amante di tua moglie è
lasciargliela".
Ma tu naturalmente hai sempre pensato di essere più furbo
degli altri
Ora ho cambiato completamente rotta grazie alla mia nuova fidanzata
dal passato zapatista. Non ha tempo di leggere "Q" anche
se vorrebbe, ma mi ha fatto capire che non si può sprecare
il tempo a stonarsi tutto il giorno per "non vedere".
E che si può lottare per far vivere meglio te stesso e tanti
altri.
Superare le paure.
Come quella del vuoto che abbiamo sempre avuto noi due fin da ragazzi.
Beh sai, io ho superato anche quella, e proprio nelle ultime ore
che ho passato dentro al torrino! Mi sono arrampicato dove tu non
hai mai osato arrampicarti: su per la vecchia scala diroccata che
portava al primo piano. E sono inciampato su una bella valigetta
compatta. Che era tenuta stretta da una mano. E la mano era di un
corpo rinsecchito, ma io l'ho riconosciuto subito. Grazie al Rolex
che aveva al polso e che ora porto io. Era tuo padre, lo zio Tonino.
Credo che non sia riuscito ad andare via come voleva. Chissà
perché ha sempre sognato Beirut poi
Deve essersi rifugiato
lì in attesa che si calmassero le acque per poi prendere
un aereo. Invece di farsi mettere il by-pass. Naturalmente la valigetta
era piena dei soldi della banca e se tu non fossi così stronzo
avrei pure fatto a metà. L'ho seppellito sotto un cumulo
di calcinacci. A me lo zio Tonino è sempre stato simpatico
e non avrei mai potuto lasciarlo lì così.
E poi più tardi è toccato anche ad Efisio, che nel
frattempo mi aveva fregato il cartoccio.
Ormai dovresti esserci arrivato.
Ho chiamato così il gatto.
Che ha mangiato il salame prima che lo mangiassi io, povera bestia.
Gli ho tributato la mia riconoscenza, mentre la stima che provavo
per te si riduceva ai minimi termini. Non ti svelerò come
ho fatto ad uscire dal torrino, credo che anche tuo padre conoscesse
il passaggio da molto tempo. Ora tocca a te indovinare... Se solo
tu avessi guardato meglio, in tutti gli anni che è stato
tuo
A proposito, quasi dimenticavo. C'erano della carta e una
matita tra i rottami, ed io ho ne ho approfittato per scrivere un
bel diario alla Silvio Pellico, proprio come ci hanno raccontato
a scuola. Che ne dici? Preferisci pensare che me lo sia portato
dietro per poter raccontare un giorno la mia storia ai nipotini,
o che l'abbia nascosto da qualche parte nel torrino, in attesa di
un avido lettore?
Adoro le domande a cui puoi dare più di una risposta. Sono
le più stimolanti, perché puoi scegliere quella che
preferisci.
Hasta siempre.
Il tuo affezionatissimo.
F.
Natale 2004 - © Patrizia
Pastore