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DALLE TENEBRE ALLA LUCE

Caro C.
la mia esperienza di tanti anni fa quale spettatrice nei pressi di Nefasit del passaggio graduale dal buio alle luci dell'alba (mi stavo recando a Massaua per trascorrervi le vacanze a cavallo tra il Capodanno e l'Epifania) fu così fantastica che, nonostante sia trascorso tanto tempo, ancora oggi essa rimane scolpita nella mia memoria. E pur avendo più volte rivissuto nella mente quegli attimi, questa è la prima volta che provo a metterli per iscritto così da poter condividere con te l'intensità magica di quei momenti.

******************** ******** *********************

Dai burroni scoscesi, ancora immersi nel buio, la nebbia sale volteggiando, lieve ed evanescente.
Immobile ed affascinata, ne seguo la salita impalpabile lungo le pareti rocciose, che essa quasi cela alla vista, come un amante geloso, avvolgendole in un amplesso delicato e labile. L'oscurità è ovunque, densa e minacciosa, e avviluppa con tenacia ogni anfratto, ogni cespuglio, decisa a non cedere il suo protervo dominio.
Il silenzio è così profondo e surreale che, per un attimo, quando il vento ferma il suo fruscio, anche il tempo fugace sembra arrestare la sua corsa. Tutto sembra annullarsi: stagioni, ore, minuti, passato e presente, ogni cosa sembra cristallizzarsi in una fissità ipnotica.
Muta spettatrice, conscia della mia nullità al cospetto della grandezza e potenza di quanto sta per accadere intorno a me, assisto alla lotta titanica tra notte e giorno, all'eterno confronto fra ying e yang, tra ombra e luce.
E nel momento in cui, sempre più dense e impenetrabili, le tenebre sembrano prevalere e schiacciare una natura annichilita, all'improvviso appare in lontananza, dapprima appena accennato, poi, via via sempre più definito, un barlume, sembra quasi un'illusione ottica, e invece è proprio il chiarore della prima luce! E giunge l'alba, languida e lattescente, inconsistente come un sogno e trasforma le goccioline sospese lungo i dorsali in una baluginante trasparenza opalescente che si rifrange ovunque, preziosa come un mantello di cristalli. E su quei cristalli sospesi in aria si riflettono, luminosissimi, i primi raggi di sole.
Eccolo, infatti, levarsi in tutta la sua maestà, lui, il sole. Avvolto nel suo splendente manto dorato, avanza, ieratico, senza fretta, e la terra si apre davanti a lui come un immenso girasole, immergendosi nel suo fulgore, alimentandosi del suo calore.
Dopo i lunghi momenti di immobilità surreale tutto intorno a me incomincia a subire una metamorfosi fantastica; è come se, superato un pericolo incombente, un grande sospiro di sollievo si levasse unanime da ogni dove, seguito da un'attività frenetica, a riprova della vittoria sull'oscurità. Nel cielo esplodono i colori dell'aurora che incendiano pendii e burroni di mille bagliori; gli ultimi lembi di nebbia, sospinti dal vento, si dissolvono silenziosamente.
Lungi i dirupi le piccole creature del sottobosco incominciano a muoversi circospette, con fruscii cauti ed impercettibili, che si confondono con il mormorio gentile della brezza mattutina. Nell'aria è un turbinio di uccelli dalle piume iridescenti che si levano in volo con perfetto sincronismo e con i loro trilli gioiosi suggellano l'arrivo del giorno.
La sensazione dilagante di liberazione e di euforia è veramente contagiosa e travolgente; vorrei alzare il calice traboccante di gioia per brindare alla vita, vorrei improvvisare una danza per onorare il sole e la natura, vorrei possedere la voce di soprano per fare echeggiare il mio canto di esultanza tra monti e valli, vorrei ...
Ridendo, allargo le braccia felice, abbagliata, estasiata. La notte è davvero finita!
Ovunque è LUCE.
Elvira Romano
(16/10/2004)


Una email anonima, un allegato dal nome che sembra un virus (asm.doc), un attimo di esitazione poi ... poi la sorpresa di leggere MG, una sigla che sembra un complesso musicale (ricordi "Booker T & gli MGs", MG?) e che invece cela una piacevolissima e gradevolissima penna. Nell'attesa che si disveli, restituendo l'abbraccio, pubblichiamo le sue memorie che abbiamo liberamente titolato così.
il C.

DUE LUOGHI, DUE VITE

Vi ho seguito da lontano per più di un anno prima di dire a me stesso: "potrei esserci anch'io!"
Così finalmente decido di iscrivermi tra i fortunati, nati in quella meravigliosa terra asmarina.
Classe 1952, sono un giovanotto energico e vitale che si lascia trasportare per un momento dal ricordo dolce e un po' romantico, evitando di scivolare nella nostalgia che ringrinzisce l'animo e sclerotizza la mente.
Cosi ricordo, leggendo e curiosando qua e là nel sito, qualche volto, qualche nome e lentamente si fanno strada nella memoria suoni, colori, atmosfere. Persino odori.
Prima e seconda elementare al Comboni (mi sono riconosciuto in una foto), poi La Salle, i boy-scouts diligentemente ed efficientemente diretti da Falaschi, la messa la domenica mattina alle nove, i tornei sportivi e le prime timide occhiate alle ragazze che si facevano vedere proprio la domenica mattina per l'incontro sportivo che immancabilmente seguiva e di cui ci interessavamo sempre meno con il passare del tempo e il prevalere di altri interessi e stuzzichevoli curiosità verso l'altro sesso.
Terza media, anno scolastico 1966-'67 scoprivamo i Beatles e il rock, si cominciava a sentir parlare della contestazione giovanile e degli hippies che restavano comunque lontani, irraggiungibili e ovattati nonostante gli sforzi divulgativi dei ragazzi americani che frequentavano il Collegio dove si presentavano in sella a rombanti e sfavillanti motociclette con atteggiamento ingenuamente strafottente e falsamente irrispettoso. Per me e i miei coetanei, c'era la bicicletta ugualmente sfavillante ma molto meno rombante e soprattutto molto più faticosa.
Venne poi il momento dell'istituto superiore che sanciva il passaggio al mondo degli adulti (almeno questo era quello che pensavamo), dei pantaloni lunghi, dei libri senza la cartella, della maggiore temerarietà con le ragazze, della iscrizione al CUA, delle prime pelurie sul volto ma soprattutto della sempre più possibile, mitica motocicletta che alla fine arrivò.
Il Bottego si trovava nello stesso complesso del Liceo Martini e della scuola A. Volta. Tutti comunque rigidamente e fisicamente divisi: il Liceo al piano terra, sul lato opposto alla scuola A. Volta e gli istituti tecnici al piano superiore.
Le ricreazioni, parimenti rigidamente divise, erano per noi geometri un piccolo riscatto e un significativo privilegio nei confronti dei liceali. Le trascorrevamo infatti sul terrazzo da dove potevamo godere oltre che della vista sulla città anche di quella sull'arena cortilizia dove erano confinati i liceali, che dall'alto ci apparivano come detenuti durante l'ora d'aria complici anche i severi camici indistintamente e implacabilmente neri delle ragazze.
Così succedeva che l'aspirante geometra che filava con la liceale, caso invero abbastanza raro data la severa divisione in caste, trascorreva la ricreazione affacciato al parapetto a guardare in giù tentando di comunicare a distanza.
Non sono al corrente di situazioni inverse, peraltro non ricordo alcuna liceale passare la ricreazione con il naso all'insù e sfidare l'artrosi degli anni a venire. Persino l'entrata e l'uscita da scuola erano divise e penso che tale separazione abbia in qualche modo condizionato amicizie e amori in modo irreversibile.
Dopo i compiti, nel tardo pomeriggio c'era il CUA .
Centro di informazioni e di aggiornamento vario, era in realtà la fucina del gossip più impietoso e irrispettoso che quotidianamente proliferava e dilagava scaglionato a orari. Dalle sei alle sette circa , alla fornace del pettegolezzo e barzellette sempre più truci c'eravamo noi che dopo esserci fatti grandi l'uno nei confronti dell'altro tra una sbruffonata e un colpo di biliardo, tra un tiro di pingpong e un panino, tra una gazzosa e una innocente fumatina (di sigaretta?), lasciavamo il turno a quelli più grandi, i duri veri, che dominavano dalle otto in poi e che erano i veri signori della notte asmarina, dotati di molti optionals il più importante dei quali era l'automobile.
La domenica pomeriggio dopo il cinema, di cui conoscevamo a memoria la numerazione delle poltrone soprattutto delle ultime file che garantivano impunità o intimità a seconda delle circostanze, ci si ritrovava tutti appassionatamente ancora al CUA (la mattina era sempre d'obbligo il rito al La Salle) per il pomeriggio partygossipstrusciocorteamorosadanzante.
Le coppie fisse che irrimediabilmente e indissolubilmente incollate ballavano aritmicamente il lento che durava dalle quattro alle otto ininterrottamente e indifferente ai cambi di ritmo, occupavano gli angoli più bui della sala centrale. Gli avventurieri che saltavano e piroettavano tra una ragazza e l'altra senza fissa dimora, alternativamente scalmanandosi o dondolandosi a seconda del brano suonato, peregrinavano invece al centro dell'arena. I singles, con aria di sufficienza e di indifferenza di marlonbrandiana ispirazione, facevano capolino, sigaretta in bocca, tra le tende rosse delle arcate del piano rialzato dove c'era il bar.
Siccome poi il rock e lo shake permettevano di ballare da soli, ogni tanto si lanciavano nelle danze con aria di sufficienza e di sfida.
E fu così che in molti diventammo estimatori degli Iron Butterfly , dei Doors, dei Creedence Clearwater Revival, dei Los Bravos e persino dell'indistruttibile (visti i recenti successi) Tom Jones che era già però un ibrido al confine tra il rock e il genere pop-melodico di Mario Tessuto, di Caterina Caselli, di Gianni Morandi, di Jonny Dorelli.
Venne poi il giorno della gita alle cascate del Nilo dettagliatamente raccontata da altri (primavera del '71) , alla quale partecipai e della quale ricordo soprattutto l'atmosfera languida e romantica che ci accompagnò per tutto l'avventuroso viaggio che ebbe i suoi veri protagonisti nelle coppiette fisse che si sforzavano senza troppa convinzione di partecipare all'euforia collettiva.
I singles facevano a gara per far da cavalieri alla Professoressa Barattolo, giovane e bellissimo sogno impossibile, per molti di noi. Altrettanto bene ricordo la tristezza diffusa che accompagnò il ritorno: tutti sapevamo infatti, che di lì a qualche mese, superati gli esami di maturità avremmo affrontato la vita, quella vera.
Il giorno del rimpatrio è stato il più doloroso e traumatico che ha letteralmente spezzato la giovinezza proiettando me come molti altri di noi in nuove realtà, nuovi mondi e diverse dimensioni.
Così le conquiste successive, la laurea, la professione, il lavoro, il matrimonio, i figli hanno avuto un sapore diverso. Ugualmente magico, vitale, importante e fondamentale ma diverso.
Per questo quando guardo indietro non posso essere preda della nostalgia ma semplicemente pensare che siamo stati, noi di Asmara, fortunati come pochi.
Due Patrie, una non più esistente relegata alla cronaca storica e l'altra reale e attuale che ci vede combattere quotidianamente la nostra lotta personale. Due luoghi a cui appartenere e in cui rifugiarsi: oserei dire… due vite.
Che siano due delle mitiche sette è una convinzione intima e personale, perfino possibile per noi asmarini. Dopotutto siamo o no una razza speciale?
Vi abbraccio tutti , ma proprio tutti.

MG

P.S. Proprio prima di inviarvi questo brevissimo amarcord mi è capitato per caso tra le mani il numero 61 di ottobre del magazine GQ. C'è una intervista a un clandestino eritreo. E' stato un pugno nello stomaco che mi ha fatto molto male come sa fare spesso la realtà ma che conferma la mia opinione sulla nostra buona sorte.
(18/10/2004)


MG è uno tosto, ancora non siamo riusciti a fargli declinare le proprie generalità ma con poca spesa, vellicando il suo ... copyright, gli abbiamo fatto fare le ore piccole ed ecco le nuove "confessioni" che stavolta sono di tendenza. Qualcosa ci dice che la prossima puntata la chiameremo "S. Anna" dove una volontaria di quel collegio ci racconterà la sua ricreazione e se le acrobazie dei "bigliardari" lasalliani effettivamente andavano a segno ... Siamo in attesa. O per dirla alla moda, stand-by.
il C.

TRENDY

Caro Chichingiolo, sebbene la mia professione sia tutt'altra che lo scrivere, sono lusingato delle definizioni che hai dato della descrizione dei miei ricordi. [cfr. pagina precedente, n.d.C.]
Talmente lusingato che te ne invio un'altra piccola dose sperando che possa davvero dare sollievo agli animi inguaribilmente malati di nostalgia e di romanticismo. La posologia resta la stessa: somministrare anche in singola dose, con gli amici, davanti a un bel bicchiere di vino rosso e a un piatto di strozzapreti ai funghi porcini. Indicato per le curiosità storiche croniche del tipo "come eravamo" e per lo stimolo e l'esercizio della memoria debilitata. Per quanto riguarda le controindicazioni, segnalo l'obbligo di evitare ricadute nostalgiche o derive emozionali.
Altri abbracci.
(6 Novembre 2004)

* * *

Trendy, parola anglosassone solo oggi conosciuta ai più che significa essere di tendenza, di moda.
Ad Asmara negli anni '60 e '70 era del tutto sconosciuta nella sua accezione inglese e noi dodicenni, senza rendercene conto, vivevamo già conformemente a molte delle sue espressioni. Tutto cominciò con quella della palline (in Italia le chiamavano biglie), variegate nelle dimensioni e nei colori erano quasi tutte di vetro e prima che essere strumento di destrezza e abilità individuali, erano un vero e proprio bene economico con precise quotazioni e ratei di scambio con moneta corrente.
Così nel quarto d'ora di ricreazione, nella mezz'ora precedente l'inizio delle lezioni e più raramente, qualche minuto dopo la fine delle stesse, il campo sportivo de La Salle si animava di ragazzi più o meno grandi che con il proprio sacchettino di preziose palline s'immergevano nel vortice delle trattative commerciali e degli scambi. I commercianti dotati di una certa abilità si sfidavano in partite a volte anche affollate, generalmente al centro del campo di calcio e in qualunque altro angolo del cortile che lo consentisse.
C'erano le partite al triangolo o al cerchio con regole diverse e modalità di gioco differenti.
Quelli più esperti di quotazioni del giorno, di modelli di moda appunto, di evoluzione del mercato, grandi clienti della "Casa del Vetro", erano impegnati nel baratto più vero ed ancestrale, in contrattazioni estenuanti e serissime.
I commercianti veri, mercanti di innata ispirazione e pura tradizione levantina, si sedevano invece sui gradoni perimetrali del campo di calcio, facevano il loro bel mucchietto piramidale con le palline e i " clienti", da certa distanza (direttamente proporzionale alla grandezza della piramide) tentavano di colpire il mucchietto con palline di proprietà.
Tiri a vuoto significavano la perdita della propria biglia che veniva, per cosi dire, incassata dal gestore (mucchiettaro diremmo a Roma e dintorni), mentre colpi a segno significavano il guadagno del mucchietto più la pallina tirata.
Come in tutti i mercati che la storia umana annoveri, tra la folla c'erano anche i furbi, bucanieri, i pirati. Insomma gli sciuscià della situazione.
Ricordo bene il loro modo di agire che era ispirato a prove scientificamente testate accompagnate da grande abilità e imponeva comunque la presenza di un complice.
Questa era la tecnica: uno dei due si poneva alle spalle del mucchiettaro, sulle gradinate del campo sportivo che gli consentivano di stare strategicamente più in alto della vittima designata oltrechè dietro la stessa.
Il complice tirava regolarmente la sua pallina di cliente e contemporaneamente il compare faceva cadere un sasso sulla verticale del mucchietto che, inesorabilmente cascava come colpito da un tiro regolamentare.
L'arte consisteva nella sincronia tra le due azioni, arte invero riservata a pochi tant'è che quasi sempre la conclusione erano botte da orbi tra il mucchiettaro che difendeva il proprio patrimonio dall'ingiusto tentativo fraudolento e i furbi, maldestri attori, finti clienti.
I bucanieri invece, molto più perfidi, colpivano i mucchietti con sassi invece che con palline con il sadico ed unico scopo di turbare il lavoro dei mucchiettari.
Infatti, fare il mucchietto comportava tempo prezioso da rubare al quarto d'ora di ricreazione e in questi casi il regolamento dei conti veniva spesso rimandato al termine delle lezioni.
Ci furono epici scontri tra alcuni ragazzi che nell'immaginario di noi dodicenni rappresentavano i miti e i modelli del momento. Già un'ora prima la fine delle lezioni, la voce del duello prossimo circolava velocemente e sommessamente tra i banchi di tutte le classi e così all'uscita in una parte del cortile si formava il mucchio delle cartelle depositate e vicino, i ragazzi, che in circolo facevano da sponde naturali all'arena in cui si fronteggiavano e si scontravano i contendenti. Gli incontri erano generalmente brevissimi, talmente brevi che nemmeno il fotofinish avrebbe potuto aiutare a individuare il vero vincitore e non perché il fotofinish ancora non esisteva, ma più semplicemente perché intervenivano i Fratelli Cristiani causando il fuggifuggi generale.
L'omertà diffusa consentiva ai tutori dell'ordine (i Fratelli appunto) di acciuffare i responsabili solo in qualche occasione.
Allora, ancora botte, ma stavolta a senso unico cioè dal Fratello guardiano di turno ai rissosi antagonisti. Quindi a copiare pagine e pagine di quaderno dal dizionario di italiano.

Le mani più sonore, quelle cioè che quando colpivano erano più armonicamente in sintonia con l'eco dei corridoi del collegio, erano quelle di Fratel Marsilio, seguito di misura in classifica da Fratel Ovidio.
Distinte talmente bene nelle loro sonorità che da dentro le aule, noi seduti nei nostri banchi, cercavamo di indovinare chi le avesse messe in moto. Mai nessun dubbio invece su chi le avesse prese, facilmente individuabile dal rossore paonazzo e diffuso che inequivocabilmente gli surriscaldava il lato destro o quello sinistro del viso per lunghe, interminabili ore.
La moda delle palline fu velocemente, silenziosamente soppiantata da quella delle motociclette ma tra le due ci furono le pedalate forsennate sulle salite e discese che dividevano il Collegio La Salle dal Sant'Anna via Gaggiret dove, seguendo impulsi sempre più irresistibili andavamo in gruppo, per farci trovare all'uscita dalle ragazzine, di fronte alle quali facevamo di tutto per farci notare e rubare qualche sguardo. Il sorriso poi, concesso da parte loro rappresentava un vero e proprio trionfo, il meritato premio per le sfiancanti pedalate, l'ufficiale riconoscimento della nostra tenacia nello sfidare la fatica, il caldo dell'ora di punta e l'abbagliante e indimenticabile luce del mezzogiorno asmarino. Ma di questi sorrisi non ne ricordo neanche uno, non già perché difettassimo di fascino il quale, anche se molto acerbo doveva però essere irresistibile, ma per la contemporanea presenza, davanti alla scuola di genitori, fratelli, sorelle e parenti di ogni sorta e livello parentale con le ragazzine.
Allora con grande rilassatezza e molta calma, comunque estasiati, si tornava lentamente verso casa sognando, fantasticando e commentando irrealistiche e immaginarie avventure amorose.

A proposito, ora che ci penso, non ho mai nemmeno saputo come le ragazzine del Sant'Anna trascorressero le ricreazioni inseguendo le mode.

Copyright inevitabile dato il successo!
MG
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(10/11/2004)
Caro M.G.
A proposito di ricreazione al S. Anna, io che lì ho frequentato sia le elementari che le medie, la ricordo molto tranquilla: la disciplina era controllata dalle suore nei corridoi, ed essendo solo ragazze, ci si limitava a fare tante chiacchiere, sia nei bagni, superaffollati, che in coda dal garzone che vendeva merende per l'affanno di assicurarci le "pesche", o qualche altra bontà. Per il resto dell'intervallo, bivaccando nell'immenso cortile in vari gruppetti, si raggiungeva il cancello del retro per intravedere qualche "boy", speranza vana essendo alto e massiccio. I gruppi si formavano per simpatie, eh già, perché era comune anche fra di noi l'appartenenza ad un "branco" anziché ad un altro. E poi noi ragazze, ovviamente ci aggiungevamo una dose di competizione - a volte salutare, a volte antipaticissima - nell'ottica del voler essere più emancipate e sfrontate tra di noi stesse, specialmente una volta giunte al fatidico 3^ anno che segnava la svolta verso il mondo dei "grandi"!!!!
Quello che cominciava ad essere elettrizzante era invece il pomeriggio, compiti permettendo, per chi come me e le mie amiche era esterna. Si poteva programmare di ritrovarci e sperare in qualche incontro fortuito con la"razza maschile", al pattinaggio, al C.U.A., all'uscita del liceo Martini … La timidezza era enorme per queste decisioni, ma l'interesse era tanto.
Bastava incrociare qualcuno che ti piacesse e riuscire a salutarlo, per raggiungere l'oblio e vivere per qualche giorno di sogni…
Parlando dell'anno 69/70, allora, nel mio branco ci distinguevamo per alcune tendenze, non da tutte condivise, però tollerate anche dalle più refrattarie che si limitavano ad osservarci:
· Rendezvous al Palazzo BAOBESHI…per un impasto di Hennè sui piedi disegnato con qualche improvvisata abilità (equivaleva all'attuale tattoo) e per il quale ne andavamo fiere….Durava qualche mese e diventava sempre più rosso arancio se non si ritoccava con una tonalità più scura. Risultato: mettendo i sandali si intravedeva questa "chicca"….
· Maglie bianche di cotone acquistate in stock al cotonificio "Barattolo" che poi abilmente ci dipingevamo con i colori da stoffa, esercitando quanto appreso nell'ora di applicazioni tecniche; i soggetti si ispiravano alla moda dei "figli dei fiori" e cantavamo "L'isola di Wight" a squarcia gola…
· Abbellimento delle biciclette, inserendo quanto più ci frullava per la testa in mezzo ai raggi: dalle mollette da bucato che trattenevano piccoli ventagli di carta, che pedalando "rombavano", a strisce di stoffa variopinta, per mitizzare le nostre biciclette. Se poi si partiva per una bella scampagnata verso l'aeroporto, la radio portatile inserita con la custodia nel manubrio, completava la "scena". Eh già, perché ci si preoccupava di quello!!
Sempre alla ricerca di novità, eravamo sempre più esigenti di innovazioni e fu così che nacque la squadra di calcio della 3^ media G del S. Anna, che si procurava un allenatore, due allenamenti settimanali e partita al sabato pomeriggio o la domenica nel campo del Collegio La Salle!
PC
(Continua)
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(27/11/2004)
Proseguendo un po' di ricordi, dal momento che nel frattempo non ci sono state ulteriori pagine di vita trascorsa nell'adolescenza di ragazze appartenenti al "S. Anna", caro MG e caro Chichingiolo, eccomi qui per introdurre la squadra femminile di calcio della 3^ media sezione G - Collegio S. Anna. Ahimè, dopo ben 35 anni (eravamo nell'ottobre 1969) avrei proprio bisogno di un valido supporto alla mia memoria, per una descrizione maggiormente precisa. (NON FRAINTENDETE, SONO ANCORA EFFICIENTE, MA QUALCHE RICORDO SFUGGE)!! E' più di un anno che ho rispolverato questa "gloria", con altre ex compagne di squadra, e purtroppo tutte assieme, non abbiamo abbastanza elementi per dipanare un po' di nebbia nei ricordi. Pertanto, con questa ulteriore pagina di ricordi, confido nel soccorso di qualche ragazzo, ragazza o magari il maestro Gino del Collegio La Salle.
Esaltate nei ricordi, emozionate nell'animo, Renata C. ed io, venivamo immortalate nell'agosto 2003, con altre fans!
Premetto che non ricordo come sia nata quest'idea di formare la squadra di calcio femminile, chi fu il primo a proporla, l'allenatore che formò il gruppo,..….sta di fatto che è realmente esistita. Nei miei ricordi l'allenatore è un….IRTINNI, e come me, sono alcune e alcuni che lo sostengono….ma apertamente nulla finora si seppe dall'interessato (gli Irtinni sono tre, due fratelli e un cugino; due in Italia, uno in America), non abbiamo avuto ancora l'onore di essere informate ed il mistero si tinge di interrogativi…...Perché non si dichiara????
Bene, delle undici ragazze, ricordo: Guia Latilla, Renata Casabona, Milena Turco, Marinella Pichi, Teresa Mebrat (capo cannoniere ECCEZIONALE) ed io, Paola Cirigottis…Le altre cinque, non rammento chi fossero, ma ringrazio chi completerà la squadra con i nominativi mancanti.
Avevamo anche la divisa: shorts e tshirt, per la serietà della squadra, scarpe in tela e calzetti.
Gli allenamenti erano due volte la settimana, al pomeriggio, nel campo sportivo del Collegio La Salle: giri e giri di corsa nel campo e poi passaggi, scarti, colpi di testa, con un impegno ed una grinta che ci esaltava! La partita era al sabato pomeriggio, nel campetto piccolo, entrando al Collegio, sulla sinistra, di fronte ai campi di pallavolo e pallacanestro, oppure la domenica mattina, quando il campo non era impegnato con altre squadre più famose di noi. Affrontavamo la squadra maschile del Collegio La Salle, che di turno accettava di sfidarci. Ecco perché anche i ragazzi di allora, potrebbero farsi avanti, c'erano…non sono immaginari!! Non era un vero e proprio campionato mancando altre squadre femminili, pertanto il criterio di come ci affrontavamo non so quale fosse….qualcuno maliziosamente penserà ad un'opera di "carità" nei nostri confronti, da parte di chi accettava la sfida, ma….posso affermare con sicurezza, che eravamo all'altezza della situazione! Invito pertanto altri protagonisti di scena a "rinfrescarci" la memoria e magari a raccontare particolari, o fatti sconosciuti a noi "pulzelle". Eh già, perché sarebbe curioso sapere come venivamo considerate, temute…fischiate…
La disciplina insegnataci dalle nostre care suore, ci portava ad essere molto precise nel nostro gioco di squadra; ricordo una scenata ad una "difesa" , che …tanto difesa non si era dimostrata, facendoci perdere un incontro e tutto perché….provate a pensare un po'? Giocare, distratte dalla presenza di qualcuno ritenuto da conquistare, diventava difficile!!! (Al Collegio La Salle, ovviamente prevalevano i ragazzi!)
E' disarmante pensare quanto bello fosse il trascorrere del nostro tempo in una cornice tanto semplice ed ingenua, com'era la nostra adolescenza asmarina! ... Pochi mesi ti regalavano emozioni così intense, che sembravano appartenere ad un periodo molto più lungo!
Giunta la primavera del 1970, le giornate si facevano più impegnate: si avvicinavano gli esami di 3^ media e gli studi ci portarono a diradare gli allenamenti; iniziavamo ad avere un forte senso del dovere e pensavamo alla scuola superiore che ci attendeva!
Fu così, che la Mitica 3^ media "G" del Collegio S. Anna, uscì di scena; le strade della vita ci riservarono scuole diverse; l'avvicendarsi successivo degli eventi politici del periodo definirono scelte e destini che mai avremmo immaginato; ciascuna di noi segui' il suo destino!
E' bello "celebrarci" ogni qualvolta ci si risente, ci si rivede! Le persone che mancano all'appello nella nostra memoria, vorrei veramente recuperarle: sono altri "chichingioli" ancora da scovare e poi magari riabbracciare! Chi capta questo SOS e ci può aiutare, per favore si faccia avanti!
E poi…invito altri a scrivere, come abbiamo fatto già noi!
Adìos! PC

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