Dalla fondazione alla chiusura
Nell'anno 1948 tra gli alunni che frequentano la terza ragioneria
ci sono Edoardo Pollastri, Ugo Rizza, Ugo Macaluso, Giovanni Cinnirella,
Sergio Casabona, per quelle particolari coincidenze che accadono,
tra queste persone di caratteri diversi vi è una sola cosa
che li accomuna, la stessa fede politica, molto nostalgica ma vissuta
al presente, adeguandosi ai tempi correnti. I suddetti sono tutti
simpatizzanti del MSI.
In quegl'anni in Eritrea fare politica di destra era reato per le
leggi dell'inglese occupante, in Asmara ufficialmente operavano
il PCI e la DC, unici partiti autorizzati, con appropriate sedi
ed adepti, ad operare alla luce del sole. Per contro a chi aveva
le nostre idee mancava lo spazio per esprimerle o almeno dibatterle.
Noi 5 ci scambiavamo opinioni o notizie in classe oppure qualche
volta in casa di Pollastri, la cui famiglia era molto tollerante
alla nostra invasione. Tra i nostri professori vi era Luigi D'Errico,
insegnante di geografia, uno di quei professori, come raramente
accade, che sapeva insegnare, ci teneva legati alle sue spiegazioni
in maniera avvincente, uno di quei professori per cui non avevamo
nessuna necessità di completare le lezioni con lo studio
sui libri. Con lui la lezione era una conversazione di facilissimo
apprendimento. Il D'Errico era schierato politicamente come noi.
Il MSI era ben rappresentato in Eritrea, ma noi non lo sapevamo,
appunto per i problemi posti dall'amministrazione inglese. I dirigenti
di un certo rilievo erano Il dott. Di Meglio, il Comm. Torriani,
l'Avv. Rusmini, il prof. Biagetti, l'ing. Checchi e lo stesso D'Errico.
Fu proprio quest'ultimo a capire e segnalare la nostra idea politica
ai primi. Una mattina in classe Pollastri arrivò con la grande
novità, era l'ora di costituire la frangia giovanile del
MSI, il pomeriggio precedente era stato convocato dal Comm. Torriani
e dall'ing Checchi ed invitato ad operare perché si costituisse
un partito segreto che avrebbe potuto un giorno operare alla luce
del sole tenendo conto che l'Italia non aveva perso le speranze
di tornare in Eritrea anche se solo come amministratrice fiduciaria
per alcuni anni.
Fu per noi l'inizio di una avventura che ai nostri occhi aveva tutto
il mistero della carboneria studiata sui libri di scuola. Affittammo
una stanza all'interno di un cortile nel quartiere di Gaggiret,
in via Armando Diaz, proprio di fronte alle officine ufficiali dell'Alfa
Romeo automobili. La sera dopo cena ci riunivamo in quella "sede"
alla chetichella, dopo aver attraversato il buio cortile uno alla
volta. I nostri vicini, anzi per meglio dire le nostre vicine, erano
tutte donne dedite alla prostituzione, in tigrino sciarmutte. Se
qualcuno ci avesse notato avrebbe pensato che andavamo a visitare
donne di malaffare. La "sede", una stanza dal soffitto
basso di tela su cui scorrazzavano spesso dei topi, era ammobiliata
con un tavolo e diverse sedie pieghevoli. Sotto una luce fioca,
come si conviene a dei cospiratori, si dibattevano articoli di giornale,
e opuscoli di carattere politico. Un certo Zambelli, padroncino
di alcune autobotti addette alla distribuzione dell'acqua in Asmara,
era il nostro corrispondente con i grandi ed in particolare con
il Torriani ed il Checchi.
Un giorno del 1949 ci fu annunciata una visita importante, si trattava
di Gian Luigi Gatti coordinatore dei servizi esteri del partito
che, tra le altre cose, voleva conoscere il nostro gruppo. Il Gatti
che era imbarcato su di una nave in transito nel porto di Massaua,
con un ingegnoso espediente si era fatto rilasciare dalla autorità
inglesi un visto provvisorio di poche ore con la scusa di salutare
degli amici nella stessa Massaua. Con la complicità del comm.
Torriani fu trasportato clandestinamente in Asmara dove avemmo l'occasione
di incontrarlo. In tale circostanza ci portò i saluti del
segretario nazionale del MSI l'onorevole De Marsanich. A corollario
di detta visita, poco tempo dopo fu inviato in Asmara sempre dal
partito un certo Stefano, (non ricordo il cognome) giovane preparato
e dotato di una invidiabile loquacità e quel che più
conta di una voluminosa serie di libri, riviste ed opuscoli pubblicati
dal MSI. A completare le carte vi erano lo statuto ed una lettera
ufficiale del presidente De Marsanich rivolta a noi con l'invito
a fare proseliti e a difendere ad ogni costo l'amor patrio in nome
della nostra cara Italia. Lo Stefano ci indottrinò per qualche
mese fino a quando l'amministrazione occupante lo considerò
un provocatore e lo invitò quale persona indesiderabile a
lasciare l'Eritrea. Il servizio segreto inglese in quella occasione
si dimostrò latitante, infatti noi continuammo le nostre
riunioni senza problemi.
Il 6 maggio 1949 si presentò l'occasione di dimostrare il
nostro credo politico e la preparazione quali agitatori. I notiziari
radio della notte avevano comunicato che l'Italia aveva rinunciato
a tutti i diritti e a tutte le pretese sulle ex colonie italiane
con il famoso compromesso "Bevin-Sforza". La mattina davanti
ai cancelli della scuola, l'Istituto Vittorio Bottego alle baracche,
dopo una breve consultazione tra noi organizzammo uno sciopero generale,
il primo in tutta la storia delle scuole italiane in Eritrea. Bloccando
i cancelli e coadiuvati da alcuni alunni della classe superiore
alla nostra, impedimmo l'ingresso nelle aule. Un certo De Beni e
il nostro Pollastri arringarono gli studenti spiegando loro il perché
ed il percome di quel gesto. Il preside Milani, un padre per noi,
avendo capito la pericolosità della situazione, cercò
di contrastare lo sciopero, ma la nostra determinazione era troppo
forte. Riuniti in corteo tutti insieme ci dirigemmo alle scuole
del liceo Ferdinando Martini, qui irrompemmo aula per aula invitando
gli studenti ad uscire, invano contrastati dal preside Ponzanelli
e dai professori. Il secondo obiettivo fu raggiungere l'Istituto
Magistrale in zona 78, dove ripetemmo l'invasione delle aule.
Una volta riunita la massa degli studenti ci apprestavamo a formare
ordinate colonne per dirigerci verso il centro della città,
quando improvvisamente arrivarono due camionette inglesi dalle quali
un paio di ufficiali ci ingiunsero di sciogliere il corteo, per
tutta risposta i più grandi di noi si avventarono sulle macchine
e le ribaltarono occupanti compresi. Qui bisogna dare atto alla
freddezza inglese, malgrado fossero armati non reagirono, forse
tennero conto che la folla era costituita da qualche migliaio di
ragazze e ragazzi. Giunsero poliziotti di rinforzo e cominciarono
gli arresti, a questo punto come era scontato gli studenti si dispersero
in un batter d'occhio. De Beni (il padre era membro del tribunale
di Asmara) fu ammanettato, cercammo di liberarlo ma un ufficiale
inglese esplose alcuni colpi di pistola in aria che ci indussero
a fuggire. De Beni fu presto rilasciato e gli inglesi inviarono
nelle scuole un proclama con cui avvertivano che non avrebbero tollerato
un'altra azione come quella avvenuta.
Nei primi mesi del 1950 si concretizzò l'idea di trasformare
il partito segreto in un circolo per giovani. Fu così che
venne fondato il circolo giovanile Mario Visintini, venne aperta
una sede in Viale Garibaldi a fianco del Bowling. Una parte del
fitto ci veniva versato dal comm. Torriani, carismatica e autorevole
figura. Per l'intestazione bisognava scegliere tra due eroi, il
capitano pilota Mario Visintini, medaglia d'oro al valore militare,
ed il generale Orlando Lorenzini egualmente medaglia d'oro. Prevalse
il primo all'unanimità, ai nostri occhi era l'eroe incontrastato
dei cieli di Asmara: lo avevamo visto duellare con il nemico; aveva
al suo attivo 17 vittorie certe ed altre tre o quattro probabili;
aveva soffiato con uno spettacolare atterraggio fuori campo, agli
inglesi accorrenti, un compagno caduto in territorio nemico sudanese;
aveva un fratello famoso anche egli medaglia d'oro che tra l'altro
aveva partecipato all'attacco della flotta inglese nel porto di
Alessandria d'Egitto; era infine un pilota di aeroplani: sogno di
noi tutti.
Gli spaziosi locali furono addobbati con poltrone e tavoli, un tavolo
da ping-pong, un biliardo e cosa importante una splendida elica
del caccia CR32 che ci piaceva pensare appartenesse ad uno di quelli
pilotati dallo stesso Visintini. Fu creato uno speciale gagliardetto
con un'asta d'acciaio, e una bandiera tricolore triangolare. La
punta dell'asta, mi piace ricordarlo, fu da me personalmente tagliata
dal cancello del nostro "nemico politico" del momento,
il giornalista Oscar Rampone dalla sua villa in una traversa di
Corso Italia (ex Viale Mussolini). A quella goliardica impresa parteciparono
Franco Milani e Renato Piazzalunga con il suo camioncino Fiat 522
accostato al muro della villa il cui pianale era l'ideale per raggiungere
l'obiettivo. A completamento dell'opera rompemmo con sassi alcuni
vetri della casa, il Rampone rispose con alcuni colpi di pistola
probabilmente esplosi in aria. Tutto ciò faceva parte delle
idee esaltate del momento e dell'età.
Iniziata l'attività fu nostra cura fare una cernita dei soci
ammessi, le convinzioni politiche contrarie erano motivo di non
ammissione. Con il tempo e gli eventi cambiò radicalmente
il nostro status di italiani, cadde anche il pregiudizio politico
e la politica venne bandita dal circolo.
Fu allora che in poco tempo si raggiunse la bella cifra di circa
400 soci.
Il circolo divenne il più importante centro di riferimento
dei giovani asmarini. Le attività organizzate furono molteplici
tra cui:
- Marce di protesta e dimostrazioni contro l'autorità inglese
che tacitamente favoriva il proliferare del banditismo con conseguente
uccisione degli italiani
- Comitati culturali a carattere letterario, scientifico, musicale
e sportivo
- Feste danzanti favolose.
- Una compagnia teatrale costituita dai soci Ugo Rizza e Gianfranco
Spadoni (tra i tanti attori ricordo Gianfranco Spadoni, Ugo Rizza,
Eugenia Picca, Cettina Safiotti, Demetrio Patsimas, Allatta, Gilberto
Paraschiva, Enzo Pavone, fratelli Giuseppe e Franco Toni, Ugo, Vera
e Laura Carobbi, Alfredo Minghetti, Piero Tinghino) che mise in
scena "Un siciliano a Parigi" una commedia scritta diretta
e recitata dai suddetti presso il locale cinema teatro Santa Cecilia
con un strepitoso successo, tanto da dover replicare parecchie volte
lo spettacolo
- Una corsa con carretti muniti di cuscinetti a sfera giù
per la terribile discesa del Dorfu.
- Competizioni di lotta libera e pugilato dilettantistico
- Diverse cacce al tesoro notturne spettacolari e combattute
- Un concorso Lascia o raddoppia sul modello di quello della Rai
- Diverse gare di tiro a segno con fucili ad aria compressa
- Diverse gare di tiro al volo al piccione ed al piattello
- Gite di caccia nella savana del bassopiano occidentale sui fiumi
Barca ed Anseba
- Gare di biciclette e di ciclo cross
- Programmi di cineclub amatoriali
- Gare di calcio, sfide di caccia, partite di bowling contro il
tradizionale avversario il Circolo Universitario Asmara
- Gite nelle meravigliose spiagge di Massaua
- Gite con commemorazione dei caduti del cantiere Gondrand a Mai
Lahlà nel Tigrai e dei caduti di Adua
- Una capillare propaganda, casa per casa, onde fare eleggere rappresentanti
a noi graditi nella società culturale Dante Alighieri. Totale
successo.
- Mattinate musicali con audizione delle più grandi opere
liriche.
Nel 1953 la sede fu trasferita in Corso Italia di fronte al cinema
Impero. Nel 1957 a causa dei numerosi rimpatri e dell'età
non più giovanile dei fondatori, le file dei soci si assottigliarono
tanto da giungere alla conclusione di quella bella avventura. Il
circolo fu chiuso e i preziosi cimeli, elica, gagliardetto, libri,
verbali, furono consegnati al consolato italiano di Asmara che dovrebbe
averli ancora nei propri archivi.
La Casa degli Italiani di Asmara mi comunica di avere detti cimeli
nella propria sede.
Giovanni Cinnirella.
29 marzo 2003