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Le mani nel cassetto del Chichingiolo
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Noi che veniamo da...
IL C.U.A.

 

Dati storici non ne ho, a parte il racconto che abbiamo nel "Cassetto" dove si parla del circolo giovanile Mario Visintini e si accenna a partite di bowling contro il tradizionale avversario il Circolo Universitario Asmara (primi anni '50?).

Per me ha cominciato ad esistere quando ho iniziato il primo anno di Istituto al Bottego (1964/65).
Avevo "già" 14 anni e mai la possibilità di partecipare ad un tè danzante al Cua. E come mi sarebbe piaciuto! Poi passetto passetto la scalata al permesso. Perchè di questo si trattava: ottenere il permesso per tutto. Il fascino del proibito originava il tiramolla del permesso. Posso andare al cinema? Posso andare a ballare? Posso andare dalla mia amica? Posso mettere le calze fine? Posso truccarmi? ...posso andare al CUA? Negli ultimi anni trascorsi ad Asmara, dai 16 ai 21, il CUA è stato un riferimento costante.

Quando il Prof. Storelli organizzò lo spettacolo dei canti regionali italiani: "Sun salitu a lu Gran Sassu, sun rimastu ammutulitu, me parea che passu passu se saliesse all'infinutu..." e ancora: "S. Antonio allu desertu - se cuciva li carzuni - Satanassu per dispettu - je freghette li buttuni - S. Antonio se ne frega - e co nu spago se li lega...".

Quando il Prof. Folena mise su "Due Dozzine Di Rose Scarlatte" con Mariuccia Di Marco, Gianni Ballerio, Francesco Irtinni; oppure "Addio Giovinezza" con Gino Donati e Lidia Corbezzolo, Guido Checchin, Mario Toti e altri…

Quando Gianni Ballerio e Luigi Zuffada prepararono "Il Processo a Gesù"…

Quando il lunedì sera si andava allo spettacolo "21:30 Meta Doppio Show", al quale dava il via la tromba di Di Nardo che suonava con la stessa passione di Herb "A Taste of Honey", e Remo Girone leggeva l'Idiota di Dostoevskij, e Orselli e Condomitti ci facevano ridere e chi aveva una bella voce cantava. La mia sorellina Marisa, allora di pochi anni, fece un simpatico pezzo del "Gian Burrasca" di Rita Pavone, "Le bugie e la verità", Paolo Pelizzari "Lo straniero", Guido Notari "La donna dell'amico mio", Giancarla Vicino, Furio Favetti …

Quando ci si mascherava per Carnevale… un anno (1968) ero una gitana scalza che ballava shake invece di flamenco al ritmo di nacchere, sonagli e violini, un altro (1971) ero Modesty Blaise in coppia con Willie Garvin/Franco Irtinni...

E quando collaborai per un breve periodo (1970/71) con il Comitato Organizzativo del CUA: Francesco Rosa, Enrico Ballerio, Silvana Amato, Nanni Fenili, Gabriele Rosa, Nando Orselli…
Mamma mia, che emozione! Ma provate a dirlo: Comitato Organizzativo del CUA! Riempie la bocca! Preparavamo serate danzanti, di teatro, di varietà, gite in Moto a Decamerè all'azienda Rosati (io unica "girl" iscritta al moto club), la gara al km da fermo di cui ho già parlato, e programmammo anche una magnifica caccia al tesoro per le strade di Asmara.
Tra le cose richieste da portare c'era una gallina viva (mettetene una dozzina insieme, tutte a starnazzare con gran impegno, infilate nel sottopalco del teatro mentre noi che, come Rocky Balboa in allenamento, si cercava invano di acchiapparle…), una multa di giornata (e vi immaginate i concorrenti a pregare gli allibiti agenti del traffico che non ne volevano sentir ragione e continuavano a dire: "ci hanno avvertiti che è un gioco, c'è il permesso, non ti preoccupare", "Dai, dammi la multa, ho fatto inversione a U, ho guidato senza patente, sono passato con il rosso", "No no, lo so che giocate") e tante cose assurde di simil portata. E chi vinse? Mannaggia, il caso volle vincesse proprio l'equipaggio di miei carissimi: Mario Toti, Renato Cammarata, Livia Margotti e Sandra Rosati. "E' broglio!!!" strillavano i malpensanti. "E' un caso!!!" dicevo io, "E' merito!!!" rispondeva il Comitato e si finì sul Mattino Del Lunedì con articoli pepati firmati "Grillo Parlante" e risposte in rima del Comitato…

CUA: un mito dei nostri anni verdissimi!

Daniela (Toti)

 

Tra i vari circoli sportivi o ricreativi in Asmara, quello che ci ha visto in un certo senso crescere, che ha condiviso insieme a noi momenti felici che è stato nostro complice negli incontri amorosi, che ci ha fatto compagnia, ci ha regalato spensieratezza e anche molta cultura, è il Circolo Universitario Asmara conosciuto più comunemente come CUA.
Il mio approccio con il Circolo inizia tra i 12 e i 13 anni. Il Lunedì sera era consuetudine per i miei genitori portarmi al bingo. Sì iniziava alle 20.00 e per le 21.30 era tutto finito e si tornava a casa, felici di aver vinto o il gettone d'oro o l'elettrodomestico o altro. Purtroppo, si vinceva raramente. Immancabilmente prima che iniziasse il gioco, si faceva tappa al bar gestito del caro "Cynar" che con destrezza serviva panini al prosciutto, pizzette calde e tutto ciò che gli competeva. Poi c'era l'austero Sig. Marini, sempre con la sigaretta in mano che controllava il tutto. A noi giovani incuteva suggestione mentre poi a conoscerlo meglio era proprio come si suol dire "un pezzo di pane". Non mancava mai il Presidente, il Sig, Cinnirella sempre pronto a colloquiare con tutti. Poi c'era anche lui il caro e ora compianto Fabrizio Feo, con il suo sorriso ammaliante, veramente una colonna del Circolo. Sempre a difesa dei più deboli, in prima linea a organizzare feste, tornei di carte e di biliardo. Stava bene con tutti, amato e apprezzato.
Con il passare degli anni, il circolo era diventato la nostra seconda casa; ci si ritrovava lì nel dopo-scuola per la consueta partita di ping pong o di bazzica o di carambola, poi la domenica pomeriggio era la meta desiderata da tutti i giovani. Il the danzante ci regalava momenti di tenerezza straordinari. E' lì che nascevamo i primi amori o altri si cementavano maggiormente. Di tanto in tanto si vedeva pure qualche luccicone per amori finiti.
Da non dimenticare le tavole rotonde organizzate su vari temi a dir poco "scottanti" come le malattie veneree, la droga, condotte dal Professor Greppi. Poi quelle sulla storia, sulla lingua italiana, con il Prof. Luigi Zuffada in prima linea a moderare.
Il concorso per il disegno architettonico ideato e condotto dal Prof. Morelli. I corsi d'inglese con il metodo "Shenker" sotto la guida di uno dei fratelli Silla.
Parlavo prima del bingo: sì, all'inizio erano quelli semplici lineari e poi ecco la bellissima trovata del "Ciak Bingo Show" (pensate, l'ho ripresentato qui in Libia con gran successo). Oltre alle giocate classiche, facevano spettacolo con bellissimi "sketch", quiz alla Mike Bongiorno. L'orchestra di Di Nardo e di Di Feo e gli altri si esibivano in suonate classiche del momento e accompagnavano i vari cantanti in erba. Mirabile l'interpretazione della "La lontananza" di Modugno interpretata da Paolo Pellizzari.
Il teatro: dai Folena, ad Alce, dai Zuffada a Giorgio Barattolo, solo per fare alcuni nomi che mi vengono in mente.
Della serie "ci siamo anche noi", da non dimenticare le varie Caccia al Tesoro, le serate di Gala di ballo e tutte le altre attività, sportive e culturali, organizzate fuori di casa.
Mi è rimasta in mente la Festa di Carnevale organizzata per noi giovani. Tutti, dico tutti, con impegno si sono presentati in costume. Sarà stato forse perché veniva dato un premio al miglior costume o maschera. A nostra insaputa i giudici nominati avevano selezionato a detta loro le migliori maschere: con grande e gradita sorpresa sentii pure il mio nome. Avevo interpretato "i figli dei fiori" o meglio l'Hippy del momento. Dopo un'ulteriore selezione. rimanemmo in finale il sottoscritto e Raffaele Ubaldo vestito da Indiano del Far West. A questo punto a determinare il vincitore fu come direbbero oggi, l'applausometro. Raffaele ebbe più consensi (avendo anche più amici) e vinse.
Da parte mia ero comunque molto soddisfatto di essere arrivato in finale.
La stessa festa fu poi organizzata come serata di Gala per gli "adulti" e sempre in maschera. Guarda caso a vincere fu proprio un "Indiano" ma non del Far West.
Il prof. Morelli si vesti da Maharaja e ottenne più consensi dalla giuria. Ci furono però molti mugugni e svariati "gossip" in merito.
Il nostro Circolo era anche questo.

Franco (Caparrotti)
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PS
Caro Chichingiolo,
lo sai che è giusta consuetudine fare gli Auguri di Buon Compleanno quando non ci si dimentica? Noi puntualmente siamo qui a celebrare il nostro caro compagno di tanti ricordi.
Ho visto che ti sei arricchito di nuovi collaboratori e storie sempre interessanti. Poi il gemellaggio con il Mai Tacli per il prossimo raduno è la ciliegina sulla torta, a suggellare l'amore che abbiamo per l'Eritrea a prescindere dalla differenza generazionale.
Riprendendo dal dizionario Italiano-Tigrino-Italiano appena pubblicato:
Merekè Baàlneghèr (Buon Anniversario)
Grazie e tanti cari Auguri.
Franco (Caparrotti)

 

Se quelle mura potessero parlare…

Premetto di aver iniziato a frequentare il CUA con una certa assiduità soltanto agli inizi degli anni '70 in coincidenza con l'ultimo biennio di studi all'Università di Asmara. Di conseguenza sono cosciente di aver perso l'opportunità di far parte del Circolo durante la sua - da molti ritenuta - epoca d'oro, quella delle grandi serate, degli spettacoli teatrali e delle molteplici attività a cui gli organizzatori ed i soci più attivi del sodalizio si erano dedicati vivacemente ed alacremente nelle decadi antecedenti.
Comunque, del mio periodo conservo un bel ricordo, soprattutto dei numerosi e piacevoli pomeriggi trascorsi al "te' danzante", a cui sono legati tanti aneddoti divertenti, tutti concepiti all'insegna della spensieratezza .
Per questo nel corso di uno dei miei primi viaggi di ritorno ad Asmara, quando, come credo succeda un po' a tutti, si ripercorrono come pellegrini strade, vicoli e sentieri nella rivisitazione nostalgica di luoghi ed angoli noti, mi trovai a sostare davanti a quella che era stata la sede del CUA.
Oltre al cancello semi-scardinato mi si presentò uno spettacolo piuttosto sconsolante: muri scrostati, giardinetto incolto, vetri delle finestre rotti, pareti scheggiate, insomma l'edificio era l'emblema del totale degrado che il tempo e l'incuria gli avevano inferto.
Ma ecco, proprio come nei film, da quei momenti di constatazione amara scaturire ad una ad una le immagini del passato che cominciarono a sovrapporsi alla desolazione del presente. Le note del ritmo ballabile suonato dall'orchestra, ovattate in lontananza e sempre più forti in giardino, esplodevano, avviluppandoci, appena si varcava la soglia tra il vociare allegro dei giovani, gli scoppi improvvisi di risate, il tintinnio dei bicchieri, il brusio di mille voci, il profumo delle sigarette (anche il tabacco sembrava piacevolmente aromatico), nella girandola di sguardi vivaci, di sorrisi gioiosi, di coppie strettamente allacciate nel ballo della mattonella: nuovi amori che sbocciavano cullati dalla musica languida ed intima del sassofono, vecchi amori che finivano tra quelle mura ora solcate da crepe profonde.
Riaffiora il ricordo dell'intensa e spumeggiante voglia di vivere e di divertirsi a tutti i costi che trovava sfogo nella danza vivace del twist o dello shake, quando con anche dondolanti e braccia roteanti ci scatenavamo quasi per esorcizzare le incertezze del futuro e le nubi cupe che si addensavano all'orizzonte.
Se quelle mura potessero raccontare…
Quanto avrebbero da dire sulle gloriose rappresentazioni teatrali che veterani ed attori in erba, con passione, inventiva e tenacia, facendo tesoro delle magre risorse, portavano sul palcoscenico creando, pur nella limitatezza delle infrastrutture, dei capolavori per la gioia di un pubblico forse poco esigente, ma sicuramente tanto amico che li avrebbe applauditi comunque per qualsiasi cosa!
Se quelle mura potessero sussurrare…
Tuttavia le vecchie mura, grigie sentinelle ferite dagli anni, rimangono mute mentre il tempo, inesorabile come un trita-sassi, sembra voler schiacciare ed obliterare tutto lungo il suo percorso. C'è però qualcosa che il tempo non potrà mai carpirci: sono i ricordi, unica risorsa contro l'oblio, soprattutto se condivisi, ed è quanto stiamo facendo attraverso il nostro prezioso Chichingiolo.

Così, all'alba del tuo settimo compleanno, caro piccolo-grande amico, eccoci qui, tutti intorno a te, intenti a sorridere dei nostri ricordi ed a rivivere episodi lontani, con una punta - non lo nascondo - di rimpianto e, perché no, anche con un pizzico di malinconia, ma soprattutto con orgoglio perché la nostra era davvero una gioventù sana e semplice che sapeva divertirsi con poco e non aveva certo bisogno del supporto di pillole di "ecstasy" per sentirsi estasiata, viva, forte e pronta a sfidare le incertezze del futuro.
Auguri, dunque, caro Chichi, depositario delle nostre "memorie", lunga vita a te e a tutte le Chichingiole ed i Chichingioli sparsi per il mondo.

Elvira (Romano)
febbraio 2010

 

Non c'è mai stata affinità elettiva fra chi scrive e la semplicità. Se non l'avessero già brevettato, mi sarei garantito l'invenzione dell'Ufficio Complicazioni Affari Semplici, e chissà, anche soldi a palate. Cosa c'è di più semplice dell'argomento CUA? Niente. Eppure sono riuscito a complicare pure questo.

E io che credevo di essere della schiera di coloro che ancora credono fermamente che il CUA sia stata una cosa senza eguali. Non che ne fossi un assiduo frequentatore ma ricordo che ci andai la prima volta per un rinfresco che avevo si e no nove anni, vestito da prima comunione, in compagnia di una splendida coetanea. E' assai probabile che in quella occasione fossimo i paggetti per una coppia di neo-sposi felici: noi due eravamo ancora più felici quando avvicinammo la torta… Semplice, no?

Il CUA dove ho visto esordire, in una serata di pioggia battente di fine agosto, un giovane Remo Girone recitare Brindsley Miller in Black Comedy per la regia di Giorgio Barattolo. Commedia al Buio, e infatti la recita fu sospesa perché andò che col temporale il rumore dell'acqua che scrosciava sulle lamiere copriva le parole degli attori e poi la luce andò via sul serio. Si riprese dopo una breve pausa, dall'inizio. Più semplice di così?

Il CUA, che per entrarci dovevi avere la tessera di socio, e i pomeriggi/sera delle feste con i dischi (il dj che veniva dalla Kagnew Station) o con le orchestre "live" dei talentuosi musicisti Asmarini che offrivano tutte le scuse per corteggiare questa o quella signorina invitandola a ballare il lento che, secondo la vulgata romantica allora in voga, avrebbe fatto innamorare chiunque. Lo stesso CUA dove trovai il coraggio (mai più ritrovato) di dichiarare a una fanciulla che avevo le palpitazioni ogni volta che la vedevo e costei che invece mi indicò, senza battere ciglio, quale fosse la via più breve (che erano poi quei sette, otto scalini dell'entrata) per battere ritirata senza subire traumatiche conseguenze. Facile vero?

Oppure il CUA che agli inizi dei '70 se ne uscì con l'idea di organizzare un moto-club, dove 'moto' stava rigorosamente per motociclette. Prima riunione affollata all'inverosimile, ordine del giorno corto e chiaro: qui si fa il Club, punto. Fu talmente asciutto quell'o.d.g. che del moto-club non se ne fece proprio nulla e io, pochi mesi più tardi, lasciai per sempre la mia Yamaha 180 prendere polvere sotto le lamiere del garage di casa. Elementare, non è vero?

E invece no, perché per quella malsana voglia di andarmi a complicare la vita, non appena mi hanno proposto di scrivere due righe sul CUA la domanda che mi sono fatto è stata questa: ma l'oracolo del WEB cosa ne sa del "nostro" CUA? Niente, proprio niente, meno di zero. Ma quanti ce ne sono di CUA in giro per il mondo!
Vai all'IBM e ti dicono che il CUA è il Common User Access, uno standard per sistemi operativi e programmi informatici. Prendi la strada dell'Australia e scopri che lì c'è un gruppo ambientalista che si chiama CUA (Clean Up Australia) mentre se ti fermi in Canada e chiami il CUA ti risponde la Canadian Urological Association. A duecento chilometri da Managua e a una cinquantina dall'Honduras se chiedi indicazioni per arrivare a El CUA ti mandano a un villaggetto di allevatori e contadini immerso in una foresta tropicale. Se poi ti interessi di dialetti, lingue, fonemi e simili, il CUA è una lingua parlata da diecimila anime nel Sud-est asiatico, zona ex Vietnam del Sud. Sorpresa: c'è perfino la Wikipedia "an piemontèis" dove la faccenda della lingua asiatica te la spiegano così: La lenga cua o Cua a fa part ëd le lenghe Austro-Asiàtiche e a l'é parlà dzortut an Vietnam.
Parli con l'amico che fa subacquea e ti dice che il CUA è il Center for Underwater Archeology, parli con quelli del M.I.T. e ti rimandano a un CUA uguale Center for Ultracold Atoms, passi da Washington, D.C. e trovi la Catholic University of America, sosta in Gran Bretagna e chi fa parte del CUA è socio del Cyborg User Association.
Passi in cucina per salutare lo chef e alla parola CUA il complesso dei cuochi ti scodella la ricetta dei turtéi cu la cua (tortelli con la coda), mentre il biologo molecolare, che ascolta in disparte, aggiunge di suo la Citosina-Uracile-Adenina che stona non poco tra i fornelli.
In libreria ti segnalano un libro dal titolo "Cua Cua, un estraneo nell'Arca" mentre l'addetto commerciale al settore Opere Artistiche fa notare, il saputello, che CUA è la Convenzione Universale sul Diritto d'Autore.
Poteva mancare il linguaggio da SMS? E no che non poteva: CUA sta (in inglese acrobatico) per See You Around. Quelli della Lega Mondiale contro K (non mancano su Facebook), dove K è appunto il linguaggio da SMS ed Abbreviazioni, chiosano: LINGUAGGIO DA NON USARE NELLA SEDUZIONE. Come dargli torto, noi che veniamo dal CUA…
E credi, sperando invano, di averle viste e lette proprio tutte sul CUA ma il beffardo oracolo del WEB dà la zampata proprio nel finale: da qualche parte, in Italia, esistono, o sono esistite, Cui, Cuo e Cua, ovvero Le giovani marmitte.

Che vi dicevo? Non c'è proprio alcuna affinità fra me e la straordinaria semplicità del CUA.
* * * (*****)


12 Febbraio 2010
 

Il CUA. Un'istituzione. Per noi Asmarini il CUA non può essere considerato altro! Tutti noi abbiamo passato un sacco di tempo al CUA.
Il Circolo Universitario Asmara per me è stato una specie di seconda casa. Ho iniziato a frequentarlo fin da bambino. Infatti, papà, che era uno dei soci anziani e membro del Consiglio Direttivo, tutte le domeniche assieme alla mamma si incontrava con gli amici al CUA per l'aperitivo. E noi bambini restavamo in giardino a giocare: lo spiazzo a ghiaia, con le palme ed i casimiri ai lati, la fontana al centro e la scalinata dell'ingresso sulla facciata dell'edificio. Ricordate?
Quante ore passate con i miei fratelli e gli amichetti a scorrazzare intorno alla fontana! A volte c'era poi il rito della foto ed allora, tutti schierati sulla scalinata o sul bordo della fontana ché la mamma scattava con la sua Ferrania le pose che poi avrebbe portato a sviluppare a Foto Eritrea.

Ninni e Fabio - 1958

Il CUA alla prima fondazione, credo intorno al 1948, era in una sede diversa da quella da noi conosciuta, situata presso il palazzo INPS (poi palazzo Cimaglia), in una traversa di Corso Italia (allora si chiamava così; poi Viale Hailè Sellasiè, oggi Harnet Avenue). I racconti di papà parlavano di uno spazio molto limitato: era un appartamento sopra al panificio Nasazzi, un saloncino, una camera che serviva da segreteria, una seconda stanzetta ed il bagno. I soci erano studenti Italiani, Greci, Inglesi e Francesi ed anche se lo spazio era limitato le attività che venivano organizzate erano molteplici. Oltre a quelle sportive (pallacanestro, ciclismo), anche culturali con conferenze, corsi di lingue e radiotelegrafia, concorsi artistici; e serate danzanti, di Bingo o rappresentazioni teatrali. E poi la festa della matricola: allora la goliardia era molto sentita e gli scherzi fatti alle povere matricole erano alle volte piuttosto pesanti. Ricordo vecchie foto degli album di papà in cui le matricole sono in situazioni non certo invidiabili!
Per le feste danzanti e gli altri eventi che lo richiedevano, venivano affittati locali esterni sufficientemente capienti ed idonei: mi sembra che tra gli altri usassero un salone nei pressi del Teatro Asmara, ubicato dove è poi sorta l'Education.
Poi la sede nota a noi "ragazzi" degli anni 50 - 60. Credo dal 1952- 53.
E qui finalmente una sede più ampia, quella a noi familiare, con il cortile già descritto, l'ingresso a cui si accedeva dalla scalinata; le due porte basculanti, simmetriche ai lati della hall introducevano al salone. Qui, fra le due porte di accesso era situato il palchetto per l'orchestra, mentre in fondo a sinistra c'era il palcoscenico per le rappresentazioni teatrali.
Oltre al salone che si sviluppava di fronte al palcoscenico c'erano sulla sinistra altri locali rialzati a cui si accedeva attraverso varie arcate salendo alcuni gradini.
Il primo in fondo era un corridoio che portava al guardaroba ed agli uffici del consiglio direttivo; poi c'era il bar; e ancora a fianco la sala con bigliardi e calcio-balilla ed in fondo un'altra saletta frequentata quest'ultima dagli appassionati di ramino, poker e seven eleven!
Il salone, che veniva allestito con tavolini e sedie per le feste o trasformato in platea per le manifestazioni teatrali, normalmente era occupato da salottini posizionati tutto intorno e dai tavoli da ping-pong al centro.
Questi sono i miei ricordi degli anni in cui anche da ragazzo ho continuato, non più accompagnato dai genitori, la mia frequentazione al CUA.
Specie durante l'estate, (ma anche nel periodo scolastico, una puntatina al CUA la si faceva quasi tutti i giorni) il Circolo era il locale dove si spendeva gran parte del nostro tempo libero.
Un po' perché oltre alla Salle (per lo sport), al cinema (accontentandosi dei film che passava il convento), ed alle "vasche" fatte in Viale Haile Sellasiè con gelato al bar Ugo, aperitivo con mezè al Royal o merenda (pizza schiacciata o Indiana all'American Bar), ad Asmara noi ragazzi avevamo poche alternative: o ci ritrovavamo a casa di amici alle feste del sabato sera oppure… c'era il CUA.
CUA per me è sinonimo di spettacoli teatrali (anche qui papà e anche mamma erano coinvolti!), o show con giochi a premi (il Bingo!), o dei famosi tè danzanti della domenica pomeriggio (dopo il cinema), ma soprattutto, di lunghi pomeriggi estivi passati a giocare a ping-pong a bigliardo, calcio-balilla o semplicemente a chiacchierare e scherzare con amici sgranocchiando semi di zucca o chichingioli.
In estate, finite le scuole il tempo non mancava (e la compagnia neanche), ed il problema era come spenderlo. Specie al pomeriggio.
Al mattino c'era prima l'allenamento di basket alla Salle, (Gegè, l'allenatore con la sua passione e amicizia ci insegnava schemi di gioco, ma anche molto altro); e dopo in bici tutti all'ATA per completare la mattinata giocando a tennis.
Ma poi, dopo pranzo (alle due eravamo già in pista!) non sapevamo cosa fare.
Quindi ci dovevamo inventare qualche cosa per tirare le cinque o le sei, ora di apertura del CUA.
Potevamo tornare alla Salle e nuovamente metterci sotto il canestro a fare qualche tiro (vi ricordate " il giro d'Italia?), ma questo era un po' ripetitivo.
E allora, non so come nacque l'idea, si iniziò a praticare una specie di gioco scommessa che implicava l'accesso al campanile della chiesa di Gaggiret (ovviamente senza alcun permesso) oppure alla sala ping-pong del convento (sempre di Gaggiret e sempre senza alcun permesso).
Il fatto è che qualcuno di noi non contento di essere riuscito ad accedere al campanile una volta pensò bene anche di suonare tutte assieme le campane. Fu così che le nostre incursioni ebbero fine perché fummo scoperti e cacciati dai frati che minacciarono anche di contattare le nostre famiglie per giusti provvedimenti.
Non restava che il CUA. E le incursioni "fuori orario" iniziarono anche al Circolo, intrufolandosi dalle finestre o in altro modo prima dell'apertura e iniziando così in anticipo le partite di ping-pong, se numerosi, all'americana, ruotando di corsa intorno al tavolo.
Anche qui gli inservienti del circolo (ricordate Sparafucile?) a volte ci scoprivano e così dopo la rituale estromissione dovevamo accamparci nel cortile esterno davanti all'ingresso, sulla scalinata ad attendere l'ora di apertura ingannando il tempo con scherzi e chiacchiere.
Alle cinque finalmente l'apertura e l'ingresso. Si poteva così accedere a ping-pong e anche ai bigliardi e, all'ora di merenda (portafoglio permettendo), farsi scaldare una pizzetta da Cina (lo ricordate il gestore del bar?) o bere una coca.
Questo quasi tutti i giorni fino alla domenica che veniva spesa in modo diverso. Dopo il rito del cinema (spettacolo delle due e mezza!) il tè danzante al CUA.
Finalmente si incontravano anche le ragazze, e il ballo, (ultimo dei nostri interessi) era il pretesto per gli approcci e le avances e anche se troppo spesso questi fallivano miseramente, c'era sempre la domenica successiva per ritentare!
E così il CUA, con sua la musica suadente e le luci soffuse è stato complice delle prime cotte e dei primi baci per molti di noi. Per me, durante l'ultimo anno di liceo, è stato cornice e testimone di un amore nato quasi per gioco, ma che poi si è rivelato… fatale! Complice anche la penombra della grande sala rischiarata ad intermittenza solo dalle luci psichedeliche blu cobalto e la "colonna sonora " di Beatles, Battisti, Santana, dei CCR, dei Led Zeppelin, Pink Floyd, dei Doors ……
Per un breve ma bellissimo periodo ho anche condiviso il piccolo palco con un gruppo di amici: Carlo, Riccardo e Gianni, rallegrando con la nostra musica rock tanti pomeriggi domenicali.

Il CUA: un mito indimenticabile che ci ha accompagnato in quei tempi giovanili, allegri e spensierati. L'ho rivisto più di trent'anni dopo: un po' decadente, consumato dal passare del tempo e per la mancanza di manutenzione. Nel cortile ci sono ancora i casimiri e le palme, ma non c'è più la fontana. E' stato veramente emozionante, ma non ho avuto il coraggio di entrare per poter conservare nei ricordi il CUA di quegli anni ormai lontani.
Ninni (Alfieri)

 
26 Aprile 2010

E al C.U.A. Michele Fedele (grazie per la segnalazione) ha dedicato un articolo del suo blog: (http://www.kigheghe.com/)

 
4 Marzo 2015

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